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Appunti di storia. Quel tragico luglio…

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Quello del luglio 1943 -ottantuno anni fa- rappresentò un drammatico spartiacque per la storia italiana, per le vicende di un paese da tempo allo stremo che si era infilato, suo malgrado, in una sciagurata guerra voluta da un regime, quello fascista, che presagiva ormai imminente e inevitabile non solo la sconfitta militare, ma anche la fine e la resa dei conti per lo stesso regime, quel redde rationem che sarebbe stato appunto sancito dalla notte del Gran Consiglio, il 25 luglio, con l’ordine del giorno Grandi che sfiduciava Mussolini e determinava, di fatto, la fine del Fascismo. 

Per riannodare un poco le fila di quelle tragiche settimane, occorre ritornare al momento degli sbarchi anglo-americani nel nord Africa francese e alla resa, a metà maggio, delle ultime truppe italo-tedesche in Tunisia. Fu allora evidente come le stesse coste del nostro paese fossero ormai nel mirino degli alleati, e come l’esercito italiano fosse del tutto impreparato a reggerne l’urto, non solo per una questione di numeri, ma perché, nel momento in cui erano in gioco le sorti stesse del paese, il governo non era in grado di fornire un numero sufficiente di scarpe e di uniformi. Lo sottolinea amaramente in una nota, il 1° luglio, lo stesso capo di stato maggiore generale Ambrosio: “La impossibilità di aumentare la forza alle armi per ragioni di alimentazione, di vestiario e di calzature è stata tempo addietro inequivocabilmente confermata dal Ministero Guerra, cosicchè è stato necessario rimandare anche la chiamata della classe 1924”. 

Intanto, ai primi di giugno, nel giro di quattro giorni, gli angloamericani avevano preso Pantelleria, senza trovare di fatto opposizione. Tra la caduta di Pantelleria e l’attacco alla Sicilia, Mussolini pronunciò, il 24 giugno, davanti al direttorio del Partito Nazionale Fascista, il famoso discorso (reso poi pubblico il 5 luglio) del bagnasciuga, termine, quest’ultimo, che innescò tra l’altro una sottile querelle lessicale, ritenendo, da parte dei più, che la voce più appropriata da usare sarebbe dovuta essere battigia. “Bisogna -disse Mussolini- che non appena il nemico tenterà di sbarcare sia congelato su quella linea che i marinai chiamano della bagnasciuga, la linea della sabbia dove l’acqua finisce e comincia la terra”.  

Un discorso, al di là della sottigliezza lessicale, inutilmente retorico, che non servì a cambiare il destino segnato per la Sicilia, davanti alle cui coste, nella notte tra il 9 e il 10 luglio, si presentò l’armata anglo-americana con 150.000 uomini, 2800 navi e mezzi da sbarco, 600 carri armati e 1000 cannoni. 

La resistenza fu debole per non dire, in qualche caso, inesistente, come accadde ad Augusta, che pure era una munita piazzaforte, evacuata (con i suoi cannoni distrutti) prima ancora di un attacco nemico. 

Il 17 agosto, dopo 38 giorni dallo sbarco, quando a Messina entrarono i soldati della 8° divisione americana, la Sicilia era interamente occupata. Intanto c’era stato il 25 luglio, e poi ci sarebbe stato l’8 settembre. Per l’Italia si preannunciavano mesi tragici…                                                                                                                                    

Maurizio Cichetti

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