Assegnato a Moni Ovadia, il premio internazionale Silone, giunto alla XXIV^ edizione. Nel suo intervento in conferenza stampa il commosso ricordo dell’amico Gino Strada

«Silone si oppose alla linea del suo partito, ma andava fatto, perché questo è ciò che salva i valori che danno senso all’umanità. Senza questi valori l’umanità perde senso, e la perdita di senso, significa il precipizio nella barbarie.»

Pescina – È stata la professoressa, Liliana Biondi, Ricercatrice e Docente di Critica Letteraria e Letterature comparate, Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli Studi dell’Aquila, insieme al vicepresidente della Regione Abruzzo, Emanuele Imprudente, a conferire il premio Silone al maestro Moni Ovadia. L’attribuzione del premio è stata motivata attraverso un’articolata prolusione della Biondi.

«L’ibridazione identitaria, lo sradicamento, l’insofferenza provata fin da bambino, contro le ingiustizie nei confronti dei poveri e degli emarginati, il precoce interesse per il teatro e per la ricerca delle varie espressioni vocali e linguistiche popolari, lo studio costante e la laurea in scienze politiche, hanno contribuito a edificare la personalità ricca e poliedrica di Moni Ovadia.

Autorevole figura del panorama culturale, grazie alla sua multiforme attività di autore, attore, regista, cantante che spazia dal teatro musicale al cinema, alla saggistica, alla narrativa, alla drammaturgia. Cittadino del mondo, legato alle proprie origini ebraiche senza esserne prigioniero, dotato di profonda umanità, di coerenza e di onestà intellettuale, Moni Ovadia, ha assimilato i grandi testi sacri, legislativi e letterari, dai quali trae costantemente verità comuni e universali.

Osservatore attento della realtà e degli eventi che la determinano, difende la dignità umana, valorizza ed esalta costantemente i temi della pace, della giustizia e dell’integrazione delle culture, senza mai disdegnare, nel cogliere il senso profondo della vita e della storia, di rendere l’uditorio e il lettore della sua opera, allegro, grazie al pregio della sua ironia e nello stesso tempo, riflessivo, grazie alla profondità e alla originalità delle sue attente meditazioni.»

Ovadia ha detto di essere stato sempre affascinato dalla verità culturale delle genti e per questo ha girato in lungo e in largo l’Italia, alla ricerca di quella autenticità che lui ritiene essere custodita fra gli strati più umili di un popolo. «Ho voluto capire questo mio paese che mi aveva accolto, cos’era l’Italia! E per questo l’ho percorsa incontrando contadini, pastori, marinai. Ho incontrato l’Italia profonda.»

L’artista ha avuto parole di apprezzamento per la qualità degli interventi dei rappresentanti della politica che hanno enfatizzato la necessità di tornare alla cultura, come elemento essenziale per la crescita di una comunità. «Nulla di buono può essere fatto partendo dall’aria, bisogna partire dalle radici. La cultura contadina, la cultura dei braccianti, la cultura operaia, la cultura delle genti mi ha insegnato gran parte dei valori di cui mi sento partecipe. Abbiamo bisogno di capire la profondità del nostro paese, perché nella profondità delle sue genti, c’è la sua redenzione.»

Ovadia ha aggiunto che il premio Silone è il più importante della sua vita e lo sarà anche in futuro. «Ricevere un premio che è ispirato a uno dei più grandi intellettuali, scrittori e anche militanti politici del novecento, nel mondo, non solo in Italia, l’uomo che nel pieno furore delle ideologie, lui, che pure aveva aderito ai valori che quelle ideologie dicevano di propugnare, ha avuto il coraggio di fare parte per se stesso. Pagando tutti i prezzi che c’erano da pagare. Questo per me è il valore più alto che possa esistere. Quando un uomo che aderisce con passione alle idealità che muovono i movimenti, nel momento i cui coglie la degenerazione, lo dice – apertis verbis et ore rotundo – Costi quel che costi.»

Per Moni Ovadia, Ignazio Silone, ha dato un esempio unico. «Non è un caso che un uomo di questa straordinaria caratura intellettuale culturale e politica, abbia amato le genti della fatica, del lavoro. Le genti sfruttate, le genti umiliate, perché solo con un grande amore per gli ultimi si può accedere alla redenzione.  

Vivere la vita significa riconoscerne l’integrità e la dignità. Chi non accoglie l’integrità e la dignità di ciascun essere umano su questa terra, non può capire certe verità che lo mettono prima di tutto al confronto con se stesso, e da lì, può fare della sua esperienza un paradigma universale.» Poi il ricordo di Gino Strada.

«È ancora un onore per me sapere che l’alternativa a me, per questo premio, sia stato Gino Strada. Una delle più grandi persone che ho conosciuto. Con Gino eravamo grandi amici. Aver sentito i suoi racconti è stata una di quelle esperienze che ti cambiano, che ti trasformano, perché quest’uomo, ciò che pensava diceva, senza peli sulla lingua, con quella faccia da Sestese Milanese incazzato.

Non aveva nessun motivo di essere edulcorato, di essere carino, non gli interessava niente, perché lui, l’integrità e la dignità della vita l’aveva vista nelle carni sbranate dei bambini.» Ovadia ha concluso il suo intervento proponendo Pescina come luogo di un Festival degli uomini della cultura che hanno coltivato la libertà, l’onestà intellettuale e l’integrità sull’esempio di Silone.

«Silone subì l’ostracismo del Partito Comunista per essersi permesso di dissentire dalla linea dettata dal Migliore. Lui si oppose, ma andava fatto, perché questo è ciò che salva i valori che danno senso all’umanità. Senza questi valori l’umanità perde senso, e la perdita di senso, significa il precipizio nella barbarie.»

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