Sappiamo tutti quanto sia difficile oggi riandare ai tempi antichi e trovare documenti che testimonino la esistenza dei nostri paesi nel secoli bui. Ma ci sono le pietre, le monete rinvenute nel sottosuolo, i cocci e i reperti di ogni genere che attestano, senza ombra di dubbio, che Aielli e i paesi limitrofi esistevano fin dal tempi più remoti.
Ma se volessimo affidarci a documenti antichissimi per ricostruire una storia cronologica di quei tempi è impossibile. Le devastazioni, l’inclemenza del tempo, i terremoti e, massimamente, la negligenza dei nostri antenati, solo per citare le cause maggiori, non ci hanno lasciato testimonianza scritta su quei primi nuclei di persone che abitarono le nostre contrade prima dell’anno Mille.
Per Aielli, un tempo chiamata Agellum, il primo documento scritto risale al 1280 e la citazione viene confermata dal Catalogus Baronum, della scrittrice americana Jameson, nel passo in cui, viene scritto che il feudo detto Foce per i quali si pagava in ragione di tre soldati, era posseduto da Rainaldo conte di Celano. Su questo presupposto si può anche quantificare, -rosso modo, la consistenza degli abitanti dal numero dei tre soldati citati dalla Jameson che corrispondono a circa 375 abitanti. Viene altresì comprovata la esistenza di tre chiese cosiddette parrocchiali, quelle cioè di S. Angelo, S. Nicola e S. Silvestro.
L’archeologo Grossi, a proposito, riferisce di resti di mura rinvenute a ridosso della chiesa di S. Pietro in monte, zona montana legata al passaggio delle numerose mandrie di pecore dirette al pascoli della zona del Sirente. Resta stabilito dunque che i feudi di Aielli e Foce sono sicuramente elencati in un documento di Carlo d’Angiò del 1279, il quale, dopo la vittoria su Corradino di Svevia, combattuta ai Campi Palentini, ordinò che tutti i feudatari della Marsìca (e tra questi anche Ruggero 1, conte di Celano) si presentassero avanti-a -lui nella Reggia di Napoli entro l’8 aprile 1290 per fare atto di sottomissione al nuovo sovrano.
Questo per quanto concerne i documenti pervenutici, ma che Aielli fosse esistita prima di tale data viene dato per certo da altri storici insigni e tra questi voglio citare Cesare Letta, l’eminente studioso della Normale di Pisa, che rinvenne a Marruvio l’attuale S. Benedetto dei Marsi), scolpita su una epigrafe, la parola Caelani-Agellani.
Questa affermazione, citata da un valente studioso come il Letta, ha una valenza storica che va considerata e studiata con l’ausilio di ulteriori ricerche, tanto sbalorditiva è la notizia e tanto importante è Il personaggio che ha fatto la scoperta.
Ma ci viene in aiuto anche il citato Grossi, forse il maggiore archeologo della Marsica, il quale afferma che il centro medievale di Aielli sarebbe stato edificato sulle rovine di un centro fortificato marso, data la presenza – sono parole sue – di numerose necropoli ai due lati, e che il centro antico è da identificarsi neì resti affioranti nella località detta Aielli vecchio”.
Qualcun altro, invece, il Prof Pietro Maccallini lo localizza in un ipotetico municipio di Anxa, situato tra Aielli e Cerchio. La sua asserzione, meritevole di rispetto, è scaturita dalla interpretazione di alcuni passi della Geografia tolemaica e da alcune relazioni archeologiche scritte da Antonio de Nino alla fine dell’800 e riportate su NSA ovvero Notizie di Scavi e Antichità pubblicate dalla Accademia dei Lincei. Non voglio entrare in merito alla questione, anche perché tale asserzione ha bisogno di essere confermata con ulteriori studi e ricerche archeologiche.
Il Medioevo, nella Marsica, aveva portato molte preoccupazioni nella vita quotidiana della gente, dedita quasi esclusivamente alla pastorizia e all’agricoltura. Si può immaginare, quindi, il centro abitato di Aielli (e anche di Cerchio) costituito da una corona di case distesa alle falde di un monte dove spiccava altero e possente il castello turrito. Ora la sola torre è rimasta a testimoniarlo, e mi sento nel dovere di fare i miei elogi a quanti hanno contribuito al restauro di questa struttura medievale molto importante e che resta l’emblema principale di Aielli.
Secondo il Gavini, la torre è un esempio di architettura militare molto in uso a quei tempi nella nostra zona. Ne sono esempio le torri di Pescina, di Venere, di Ortucchio, di Trasacco ecc.
Quella di Aielli ha un interesse strategico di primo ordine e riveste una importanza particolare, oltre che per la sua struttura, anche per la pietra posta ad architravare una finestrella su cui è lo stemma gentilizio, la data e il nome del conte Ruggiero che ordinò l’opera: IN ANNO DOMINI 1466 Rogerius, fecit hoc opus.
Il canonico Andrea Di Pietro, anche lui illustre aiellese, descrive che le dieci agglomerazioni, dette anche vici o casali, si riunirono a comune difesa in unico nucleo abitativo e conservarono i loro parroci nonché la cura delle varie chiese sparse nel circondarlo. Erano circa una ventina di chiese, alcune con funzioni parrocchiali, altre cosiddette rurali o private, ma tutte sottoposte alla chiesa madre, dedicata alla SS. Trinità, costruita nel 1477-79, col contributo oltre che della popolazione, anche con quello dei Piccolomini, signori di Celano.
Ma vale la pena ricordare che notevoli discordie suscitarono la scelta della SS. Trinità a protettrice della nuova chiesa. Non fu facile mettere d’accordo i parrocchiani delle altre chiese esistenti! Tutti avrebbero voluto che fosse messo il loro santo a protettore del paese riunito. Dopo varie vicissitudini si giunse ad un accordo e la pace tra le parti venne conclusa sotto la protezione della Madonna che si venerava , allora, nella chiesa di Bovezzo (un antico rione) e da qui l’appellativo di Madonna della Pace. La Chiesa della SS. Trinità può essere considerata una vera Collegiata con a capo un Prevosto al quale ubbidivano incondizionatamente due Canonici e altri 6 membri che rappresentavano le chiese di S. Agnese, S. Martino, S. Pietro, S. Giovanni, S, Croce e S. Cristina. Tutto ciò si può dedurre dal volume dal titolo Agglomerazioni delle popolazioni dei Marsi scritto da Andrea D’ Pietro e pubblicato da me nell’anno 1976.
E non solo il Di Pietro, ma lo confermano anche gli antichi catasti di Aielli che si conservavano ancora alla metà dell’800, nonchè le varie Bolle pontificie, che enumeravano le chiese obbligate a versare il dovuto obolo alla Diocesi dei Marsi che a quel tempo stava a Pescina.
E qui è interessante notare come non solo il Prevosto, ma anche gli altri 8 membri della Collegiata dovevano risiedere nel paese di origine! Questa condizione si evince dalle bolle nelle quali si imponeva, ad ogni rinnovo di cariche, l’obblìgo tassativo della residenza per ciascun eletto.
Come tutti i paesi che circondavano il Lago Fucino, anche Aielli ebbe a soffrire a causa delle guerre e invasioni da parte di truppe di passaggio, che caratterizzarono tutto il secolo XIV. Mi riferisco, in particolare, alla guerra combattuta tra la regina Giovanna 1 e Ludovico d’Ungheria. L’Abruzzo in generale e la Marsica in particolare vennero sconvolte dal transito di vari eserciti e subirono devastazioni, uccisioni e violenze in special modo dalle orde barbare e sanguinarie al comando del terribile Moriale. Un nome che faceva spavento al nostri antenati al solo rievocarlo, anche a distanza di qualche secolo.
Come si è detto, emerse in questo periodo la necessità di proteggere la popolazione aiellese con la costruzione di mura e di fortificazioni varie, con al centro la bellissima torre, anche in considerazione della posizione strategica in cui questa si trovava. Il privilegio di essere costruita nel punto più alto, le conferiva il ruolo di importante punto di osservazione, quasi un faro terrestre al quale si collegavano per mezzo di segnali già convenuti (molto visibili nelle ore notturne) tutte le altre torri marsicane sottostanti.
Nel secolo XV il nome di Agellum o Agello compare sempre più spesso nel documenti ufficiali. Finalmente un vero borgo è sorto dal vecchi casali ed lo voglio enumerarli tutti, come tante gemme incastonate in un ipotetico stemma che raffiguri Aielli. Eccoli: Aielli vecchio, Bovezzo, Musciano, Monte, Ozzanello, Alofrano, Subezzano, Ponderone, Pentòma, Foce.
Comunque, Aielli, malgrado le traversie dovute alle varie guerre e alle invasioni, progredisce e cresce fino a raggiungere nel 1443 il numero di 84 fuochi o famiglie corrispondenti a circa 450 abitanti. Nel 1561 gli abitanti sono 1260 e nel 1595 sono addirittura 1390! Purtroppo la popolazione di Aielli si ridurrà a poco meno di 545 abitanti a causa di quell’immane flagello che fu la peste, la catastrofica pestilenza del 1656-7 che nel giro di pochi mesi fece più che 4000 vittime in tutta la Marsica. Tra Aielli e i conti di Celano non è mai corso buon sangue! Anche perché nel secoli ha vissuto sulla propria pelle le molte controversie derivate dalle prepotenze dei vicini padroni e signori. Senza contare le continue imposizioni a causa della cupidigia di oltre una diecina di preti e canonici da sfamare e più portati agli interessi privati che alla religione.
Ed ora accennerò sia pur brevemente ad un uomo di talento che ebbe qui i suoi natali. Il Febonio nella sua Historia Marsorum riporta il personaggio che, a mio avviso, risulta essere il più importante, ma non tanto per il prestigio acquisito quanto per averlo meritato in un difficilissimo periodo della nostra storia nazionale. Mi riferisco a Mons. Gentile di Aielli, vescovo dei Marsi, che si adoperò come mediatore al riassetto della Chiesa in occasione dello scisma d’occidente. Papa Bonifacio IX, per le sue grandi capacità amministrative e la sua dottissima competenza in teologia, nell’anno 1399 lo aveva nominato vescovo della importantissima diocesi di Nicastro.
Su questo illustre aiellese vorrei soffermarmí alquanto, perché visse, come ho detto, un periodo molto travagliato per la storia della Chiesa. Si sa che a quell’epoca gli interessi privati prevalevano su quelli di fede. E poi il diritto di nomina del clero con le relative prebende, le fazioni religiose l’una contro l’altra armata per il privilegio dei benefici, erano all’ordine del giorno. Sappiamo quanto contassero i beni ecclesiastici al fini del potere temporale e quanto i particolarismi e i relativi benefici avessero la priorità assoluta. Mentre nel nord molta parte dei beni ecclesiastici era di dominio parrocchiale, quindi si sottraeva agli effetti della legge, nel sud, invece, l’organizzazione ecclesiastica aveva un carattere privato e muoveva grandi interessi! Molte chiese erano chiamate ricettizie, cioè chiese e diocesi i cui beni avevano carattere privato, ovvero legati alla persona del prete o del vescovo.
E in questo frangente il nostro illustre aiellese ebbe il suo da fare, anche perché bisogna considerare che gli venne -affidata una diocesi molto difficile da governare. Per di più lo scisma venne a complicare il suo mandato. Infatti a quel tempo due papi si contendevano la cattedra di S. Pietro. Un papa e un antipapa, insomma. Nel concilio di Pisa del 1409, al quale lavorò e partecipò anche il Gentile, uscì un terzo papa che venne ad aggiungersi agli altri duel Si può immaginare quale confusione ne derivasse per le sorti della Chiesa!! Ma il concilio di Pisa fu dichiarato illegittimo da papa Gregorio XII che destituì tutti ì vescovi partecipanti e tra essi il vescovo Gentile. Ma costui si ribellò e non accettò di essere sostituito con un altro vescovo di nome Paolo e lottò per essere reintegrato al governo della sua diocesi.
Quando, nel 1417, lo scisma poté dirsi finalmente concluso col ritorno alla normalità, la diocesi di Nicastro era mal ridotta a causa della situazione anomala in cui si trovava! E poi aveva due Vescovi. Al nostro vescovo Gentile venne infine assegnata la diocesi di Sessa in Campania. La sua caparbietà e la sua esperienza di buon amministratore gli valsero poi il riconoscimento della Chiesa ufficiale che lo annoverò tra i suoi vescovi migliori.
Dal 500 al 700 le condizioni di vita della popolazione aiellese non subiscono alcun mutamento sostanziale. Nemmeno i cambiamenti e il succedersi di eventi e situazioni di grande rilievo nazionale riescono a turbare o incidere sulla vita degli Aiellesi.
Nella sua descrizione sulle popolazioni abruzzesi del 1700, il Giustiniani, quando parla degli Aiellesi, li descrive come gente buona, e tutti sono “bracciali” e dice che non hanno alcun commercio coi vicini”! E il nome di Aielli scompare anche nel documenti ufficiali che contano, esclusi i vari strumenti di cessioni, compravendite e le solite liti coi vicini, insomma sempre di carattere giudiziario o notarile.
Quando un nuovo feudatarlo si installa nel governo della contea di Celano, i sudditi aíellesi devono recarsi a giurare fedeltà e obbedienza al nuovo padrone. Così trascorre tranquiIla la vita tra il lavoro dei campi, il pascolo delle pecore sui monti intervallato da brevi viaggi nei paesi vicini a godersi le feste religiose, e alle fiere che ricorrono frequenti specie a Cerchio e Pescina. A Celano si va solo per questioni amministrative e a Pescina si ricorre per quelle religiose e giudiziarie.
Fino a tutto il 700 il paese era ancora circondato da vecchie mura e si poteva entrare all’interno del paese attraverso tre porte principali.- Porta lannetella, Porta Nuova e Porta Montanara.
Da alcuni documenti dell’Archivio comunale viene fuori uno spaccato di vita quotidiana abbastanza tranquilla. Lo stesso dicasi per i paesi circonvicini. Si potrebbe dire che non accade mai nulla! Gli eventi, anche quelli più importanti, si succedono senza grandi scuotimenti di opinioni o cambiamenti significativi. Insomma, una piccola “universitas” che rimane statica e indifferente allo sviluppo sociale ed economico, ma a volte anche tumultuosa nella sua dialettica.
In mezzo a tanta gente povera, emergono le cosiddette classi ricche, quelle che hanno Il potere e le cariche amministrative: vi sono due sindaci (chiamati massari), un camerlengo, un cancelliere (forse l’unico che sapeva leggere e scrivere), il ballo (guardia comunale), i rationali (revisori dei conti) e sei eletti (consiglieri comunali).
Alle riunioni del Consiglio partecipava tutta la cittadinanza. Di solito le riunioni vertevano sulle dispute coi paesi confinanti. I casi di conflittualità con Cerchio erano frequenti e qualche volta sfociavano in guerre dichiarate e combattute, per fortuna, a sassate, dove ali Aiellesi prevalevano quasi sempre per via della loro posizione privilegiata.
Ma a volte le conflittualità avevano un risvolto tragicomico e finivano davanti ad un tavolo ammannito con formaggio pecorino (di solito quello buono! Quello coi vermi!) e tante bottiglie di quel vino di Aielli che tutti riconoscevano come il migliore della zona. A Cerchio si diceva che il vino di Aielli era migliore per via delle vigne più selezionate e meglio esposte al raggi del sole.