GLI INSEDIAMENTI (Alba Fucens)

In epoca storica, intorno all’alveo del Fucino, vediamo insediati gli Equi, nella riva nord-occidentale sino ai Piani Palentini, e i Marsi, sulle restanti rive del lago e nell’alta valle del Liri. Nell’ambito delle guerre sannitiche, Roma, per dividere le coalizioni italiche del nord (Etruschi, Galli, Umbri) da quelle meridionali (Sanniti), alla fine della seconda guerra propose al popolo equo un’integrazione nel proprio stato per mezzo di una civitas sine suffragio (cittadinanza romana senza diritto di voto). Gli Equi rifiutarono drasticamente questa chance e furono pertanto attaccati con grande violenza dai contingenti romani condotti da P. Sempronio Sofo, che, nel 304 a.C., distrusse tutti i centri fortificati equi (Livio, IX 45).

Subito dopo vennero dedotte due colonie latine Alba Fucens, nel 303 a.C., e Carseolì, fra il 302 e il 298 a.C.. All’atto della deduzione, ad Alba si trasferirono circa seimila coloni con le loro famiglie (Livio, X I; Velleio, 114), e ciò sottolinea la volontà da parte di Roma di presidiare fortemente l’arca con il controllo dei terreni agrari di pertinenza, che furono razionalmente suddivisi e destinati ai coloni mediante opere di centuriazione ancora oggi percettibili sul campo. La scelta del sito, che, come ci informa Appiano era stato in precedenza un insediamento equo (Guerra civile, 11145; 47; V 30), ebbe certamente carattere strategico, collocato com’è in un punto nodale dell’Italia centrale: a nord-ovest del Lago Fucino, al punto di convergenza delle valli del Liri e dell’Imele, passaggio secolare verso la Campania, a sud, e verso l’Etruria, a nord. Durante le guerre annibaliche, Alba Fucens inviò, in un primo tempo, duemila soldati in aiuto di Roma (Appiano, Guerra annibalica, 39), mentre, appena due anni dopo, si rifiutò di incrementare i contingenti della madrepatria (Livio, XVII 9).

Al momento Roma mantenne un atteggiamento di prudenza e di verifica, ma qualche anno dopo impose alla colonia di contribuire inviando il doppio del contingente solitamente richiesto (Livio, XXIX 15). Durante il Il sec. a.C., vari sovrani, vinti dall’Urbs, vennero deportati in questa lontana colonia: ricordiamo Siface, re della Numidia (Livio, XXX 17,45), Perseo, re della Macedonia (Polibio, XXXVII 16; Livio, XLV 42), Bituito, re degli Arverni (Livio, per. 61; Valerio Massimo, IX 6, 5). Nel 90 a.C. i popoli italici provocarono la cosiddetta Guerra Sociale allo scopo di ottenere lo ius civitatis (il diritto di cittadinanza) con tutte le sue implicazioni: influenza sulle scelte politiche del potere centrale, l’apertura a nuove vie commerciali, la possibilità di emigrare a Roma, ecc.. Alba Fucens, in quanto colonia latina rimase fedele a Roma e subì l’assalto degli Italici (Livio, per. 72); al termine della guerra, come altre città italiche, ricevette la cittadinanza romana e si trasformò in municipium (Cicerone, Filippiche, 11115, 9).

Nella Guerra Civile fra Mario e Silla (87-82 a.C.), la colonia probabilmente prese le parti del primo e, quando nel 78 a.C. Scipione, figlio del console Lepido, ribellatosi alla dirigenza sillana, si rifugiò in questa città, Alba fu conquistata e distrutta da Pompeo, mentre Scipione fu ucciso (Oros., V 22, 17; 24, 16). Durante il conflitto fra Cesare e Pompeo, Domizio Enobarbo dislocò ad Alba alcune truppe filo-pompeiane, che passarono ben presto dalla parte di Cesare (Cesare, Guerra civile, 1 15; 24). Da allora la città dimostrò sempre leale fedeltà verso il dittatore anche dopo la sua morte quando, nel conflitto fra Antonio e Ottaviano, la legione Martìa, dislocata nella zona, si schierò dalla parte di quest’ultimo (Cicerone, Filippiche, 1113, 6; 15, 39 ecc.; Appiano, Guerra civile, 111 85).

Successivamente, le iscrizioni con dediche ad Agrippa (CIL IX 3913) e a Lucio Cesare (CIL IX 3914) testimoniano ancora del legame alla dinastia giulia. In epoca imperiale la città attraversò un periodo felice e prospero, imponendosi anche come luogo di villeggiatura, oltre che commerciale. Inoltre, i lavori per il prosciugamento del lago Fucino (avviati sotto Claudio fra il 41 e il 52 d.C. e ripresi con maggiore successo da Adriano entro il 138 a.C.), e poi l’acquisizione dei terreni sottratti alle acque e in parte assegnati all’Ager Albensis, dovettero comportare notevoli riflessi sull’economia municipale.

Riguardo questo tema un’iscrizione di Traiano ricorda il recupero di terre dopo un’inondazione del Fucino (CIL lx 3915); infine alcuni cippi di confine (CIL IX 3929-3930) e una notizia del Liber Coloniarum (L. c., p. 253 L.)ci attestano della nuova misurazione e limitazione agraria avvenuta nel 149 d.C.. Fra i nomi illustri originari di Alba, conosciamo quello di Q. Nevio Cordo Sutorio Macro, influente personaggio che arrivò a rivestire la carica di prefetto del pretorio sotto Tiberio e, nel testamento, lasciò espressa la volontà che nella sua città di provenienza venisse edificato un anfiteatro. Intorno al III sec. d.C. cominciò la decadenza, peraltro generalizzata a tutto il mondo romano, della città e la sua contrazione urbanistica.

Le testimonianze storiche si fanno, allora, ancora più rare: nel 537, durante la guerra politica, Belisario fece occupare la città (Procopio, Guerra gotica, Il 7-?); nel corso del VI secolo i benedettini vi fondarono un monastero; intorno all’800, Alba entrò nel ducato di Spoleto e poi nella castaldia dei Marsi; nell’865, fu attaccata dai Saraceni; nel 1100, l’antico tempio pagano di Apollo venne definitivamente trasformato nella chiesa romanica di San Pietro. A quell’epoca, Alba Fucens aveva ormai perduto l’antica connotazione urbana essendosi ridotta ad un limitato borgo, arroccato sulle pendici del Colle di San Nicola, dove, nel XIV secolo, venne edificato il castello dalla famiglia degli Orsini.

Quelle dimensioni e quell’impianto permasero sino al 1915, quando un terribile sisma colpì Alba Fucens e l’intera Marsica e il paese fu “provvisoriamente” ricostruito nella parte settentrionale del Piano di Civita.

Testi di Roberta Cairoli

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