Il convento

Testi tratti dal libro Il Convento di San Francesco in Balsorano
(Testi a cura di P. Beniamino Di Rocco e Giovanni Tordone)

Il convento era stato costruito simmetricamente in tutte le sue parti.
Aveva uno slanciato, spazioso ed arioso chiostro con colonne di pietra tutto di un pezzo e cisterna al centro. A sinistra dell’entrata principale ed al pian terreno, con finestre prospettanti al sud, vi erano i seguenti vani: camera detta del terz’ordine ( in origine fuoco comune per i forestieri), di prospetto a questa, camera con refettorietto per i garzoni; appresso venivano il forno, la canova ed ante canova, il granaio con sottostante cantina.

Ad ovest il refettorio, però, per la sua posizione e grandezza non corrispondente all’assieme del fabbricato. Staccato da un piccolo corridoio lo seguiva la cucina ed ante cucina con altri due grossi vani adibiti come dispensa e mettevano ad altri due vani occupati uno come carboniera e l’altro come legnaia con uno stanzino per carniere nonché un altro piccolo vano dove vi era il cesso. Nella stessa cucina vi era una cistericola per uso del cuoco alla quale veniva l’acqua per mezzo di un canale dalla cisterna del chiostro. Al lato nord della cucina, andando verso la chiesa, vi si trovavano il fuoco comune, la legnaia, un ammazzatoio, con altri due vani che si utilizzavano per riporvi gli oggetti della chiesa perché attigui alla porta del coro.

Per accedere al piano superiore vi erano due gradinate; la principale, dirimpetto alla porta d’ingresso, era composta da due rampe, assai comoda, spaziosa ed ariosa. Alla sommità di questa scala esisteva una loggetta che guardava al lato nord da un lato e dall’altro la loggia grande per la quale si accedeva al coro superiore, all’organo ed al corridoio dei sacerdoti, nonché al corridoio dei fratelli laici. L’altra gradinata, più stretta e quasi buia, trovavasi accosto alla cucina ed al refettorio ed alla sommità comunicava con la cappella, corridoio grande, noviziato e cessi.

Il secondo piano aveva tre corridoi con camere a destra e a sinistra, oltre due quarti piuttosto moderni; in tutto il convento disponeva di quaranta camere abitabili e ben arieggiate. Tanto a nord che a ovest il convento era separato dagli orti, da due cortili esterni. A nord, poi, vi erano due stalle resesi inservibili da molto tempo perché prive del tetto ed un gallinaio e vi si accedeva dal portone detto dell’asino. Ad ovest altre due stalle e pagliaio e vi si accedeva per la porta grande dell’orto, la quale comunicava anche col lavatoio ed orto S. Giovanni.

Primo orto S. Giovanni
Attaccato al muro di cinta ed appena entrati alla porta dell’orto, trovavasi subito un piccolo fabbricato ad uso lavatoio, un serbatoio di acqua che serviva per innaffiare le sottostanti zonette di terreno che, generalmente, si coltivavano ad ortaglie. Al di sotto di queste zone vi era un altro peschierone che poteva soltanto servire all’innaffiamento del sottostante piccolo prato.
Si è detto che il terreno era assai irregolare, conseguenza, perciò che i nostri antenati, per addolcire il pendio vi avevano costruito dei muri a secco da formarne dei pianerottoli e il dislivello di ciascuno variava dai due ai tre metri di altezza.

I muri erano ricoperti da viti e in mezzo a quest’orto, sopra ad una roccia sorgeva la cappella della Vergine SS. del Divino Amore, comunemente detta Madonna dell’Orto, appunto perché trovavasi dentro l’orto. La cappelletta era circondata da pini, cipressi e lauri. Per questa devota immagine si nutriva speciale culto celebrandosene, con insolita pompa, la festa nella seconda domenica di luglio.

Questa festa, sia in tempi remoti e sia nel periodo attuale, è preceduta da solenne novenazione e discorso d’occasione sia nel portarla in chiesa che nel riportarla alla cappella, nonché il panegirico alla messa solenne.
Dalla tradizione dei nostri vecchi padri e dagli anziani del paese apprendemmo che prima della soppressione del 1866, a questa festa affluivano molti pellegrinaggi non solo dalla Valle Roveto, ma puranche dalla Marsica e dalla Terra di Lavoro, specie della Valcomino. Alla festa era annessa anche la fiera che poi andò in disuso per la mancanza della presenza dei religiosi nel luogo e, similmente, avvenne dei pellegrinaggi. Questa cappella era stata edificata al principio del 1700, come risulta da documento non più rinvenuto dopo il 1918.

Secondo orto sopra il montano
In riguardo a questo secondo orto si deve solo osservare che all’ingresso di esso vi era una cappellina dedicata a S. Antonio Abate, eretta forse a devozione dei balsoranesi, affinché questo santo anacoreta proteggesse il bestiame di cui il paese abbonda. L’epoca della costruzione si ignora.
Inerente agli orti, vi erano pure due piccole sorgenti; una detta “acqua di castagneto” lontana dal convento circa mille metri, che poi per difetto della conduttura restò abbandonata. L’altra sorgente, lontana dal convento quasi la metà della prima, nasce sulla proprietà del marchese di Casafuerte; però questa non è perenne disseccandosi nei mesi estivi.

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