ITINERARI IDEALI NELLA MARSICA (Itinerario 1)

Avezzano
Luco Dei Marsi
Trasacco
Collelongo
Villavallelonga

L’ITINERARIO IN BREVE

Quest’itinerario, con partenza da AVEZZANO, si effettua dapprima lungo le sponde dell’ex-lago, per poi proseguire all’interno della Vallelonga fino alla Madonna della Lanna e alla Fonticella, proprio a ridosso del Parco Nazionale d’Abruzzo. Usciti da Avezzano dopo aver superato il castello Orsini e la chiesa di S.Giovanni, ci immettiamo nella Circonfucense, una strada che circonda letteralmente l’alveo del Fucino. A qualche chilometro di distanza, la strada compie una serie di piccole e strette curve, a ridosso di un rilievo roccioso che comprende due inghiottitoi a pozzo, dai quali le acque del lago precipitavano verso la sottostante Valle del Liri.

Subito dopo, si entra in LUCO DEI MARSI, il paese del “bosco della dea Angizia” (in un passato molto remoto e forse leggendario), ma anche (in tempi meno remoti e storicamente più documentati) il paese dei pescatori del Fucino. Gli abitanti di Luco, prima del prosciugamento del lago, erano dunque pescatori: in questo paese si trovavano, appunto, le “stanghe” per la raccolta del pesce, dipendenti (almeno fino al 1806) dall’Abbazia di S.Maria della Vittoria di Scurcola. Quasi tutta la vita, sociale e religiosa, dei Luchesi era legata a questa loro attività: erano stati i pescatori a far ricostruire, nel ‘600, la chiesetta di S.Antonio Abate; erano loro a mantenere, a proprie spese, alcune cappelle esistenti nella chiesa parrocchiale di S.Giovanni (dove si trovava anche un altare dedicato a S.Bonifacio IV, un papa nato nella Marsica).

La chiesa di S.Giovanni era diventata parrocchiale solo molto tardi, alla fine del ‘500, mentre prima la chiesa-madre del paese era quella di S.Maria delle Grazie, soggetta all’abate di Montecassino. L’origine di tale chiesa non è ben nota: si sa, tuttavia, che essa è anteriore all’XI secolo (si parla di una donazione fatta da una certa contessa Doda), pur essendo stata poi ricostruita di sana pianta (nel XIII secolo) ad opera dei Benedettini. Restaurata nel 1922 dopo il terremoto del ’15, è stata fortunatamente restituita alle forme romaniche originarie. Particolarmente interessante è la facciata, col suo rigoroso geometrismo, con i suoi portali semplici ma non scarni, con le sue nitide cornici e le finestruole centinate, una delle quali con un’armoniosa e ormai celebre transenna. Nell’interno, a tre navate e con abside ben squadrata, si notano: un cippo funerario antico, alcune sculture lignee di buona fattura abruzzese e, soprattutto, frammenti di sculture marmoree generalmente risalenti al XIII secolo.

È da questa chiesa di S.Maria che escono ancor oggi i “signori dello Spirito Santo”, continuatori di una secolare tradizione, che consiste in una complessa cerimonia devozionale per celebrare la ricorrenza della Pentecoste: cerimonia che, nel passato, si concludeva con un interminabile banchetto collettivo, la “panarda”, fatto di ben trenta portate.Il nostro viaggio procede veloce: siamo ancora sulle sponde dell’ex-lago, a TRASACCO.

Qui un’alta e poderosa torre è quel che resta di un antico castello dei conti dei Marsi, edificato in pieno medioevo e appartenuto agli stessi conti fino al 1187, anno in cui passò a Ruggero d’Albe. Quel che rimane è un’originale costruzione, edificata nella forma di castello-torre: più volte rimaneggiata, la torre ha assunto l’attuale aspetto solo nel XIII secolo. Il monumento più insigne di Trasacco, ad ogni modo, è la chiesa di S.Cesidio, dalla struttura particolarmente inusitata. È un edificio a quattro navate e comprende, al suo interno, stili e caratteristiche di più secoli, mentre l’esterno presenta, oltre all’inconfondibile campanile, due portali: quello “delle donne” sul davanti, e quello “degli uomini” sulla fiancata destra.

Ma quel che colpisce, in Trasacco, è la parte antica del centro storico, con le strette viuzze, spesso anche contorte e sormontate da piccoli archi, che scendono verso la piana del Fucino e consentono di tornare con la memoria ai tempi in cui – presente ancora il lago – questo paese era considerato “trans aquas” dagli abitanti dell’opposta sponda. La festa del patrono S.Cesidio, che si celebra alla fine di agosto, e che un tempo si realizzava anche con una spettacolare processione sul lago, vede ancor oggi una notevole affluenza di pellegrini, provenienti soprattutto dalla Ciociaria. Il rito consiste non solo nella processione e nelle cerimonie liturgiche, ma anche nel bacio del “sacro braccio”, un’antica reliquia contenuta in una teca d’argento di arte sulmonese del XVI secolo.

A qualche chilometro da Trasacco, durante il mese di maggio, si compie un altro rito, interessante anch’esso per la sua originalità. Siamo sul colle di Candelecchia, dove si radunano, nei locali attigui alla chiesetta della Vergine, tutti gli uomini del paese in un ritiro spirituale di più giorni, fino al momento conclusivo che prevede il “bacio del perdono”. Ma la Marsica è ricca di manifestazioni popolari degne di attenzione, soprattutto per le loro dimensioni “corali”.

I “torcioni” di COLLELONGO, un paese ad appena quattro chilometri da Trasacco, ci introducono in quella che è stata definita la manifestazione più autenticamente popolare di tutta la Marsica. Siamo alla vigilia della festa di S.Antonio Abate. Si stanno preparando le grandi torce, che illumineranno il paese nella notte tra il 16 e il 17 gennaio. I colpi dei legnaioli sembrano quasi scandire gli attimi che separano dalla festa. Ed è l’intera popolazione di Collelongo a partecipare al rito, le cui sequenze si protraggono tutta la notte, tra l’allegria dei gruppi, il chiarore delle torce e dei “torcioni”, il calore delle “cottore” e il profumo dei “cicerocchi” (granturco bollito). Il tutto, mentre attorno, ininterrottamente, la gente canta il tradizionale inno di devozione al Santo.

Elementi di diversa attrazione, in paese, sono: il Museo (che comprende reperti di grande valore archeologico, provenienti dalla vicina necropoli di Amplero, tra cui un letto funebre, recentemente restaurato); la chiesetta della Madonna del Monte (edificata su una precedente costruzione, forse un avamposto fortificato); le stesse piazzuole e le silenziose stradine del centro abitato. Originaria di Collelongo è anche una scultura italica, nota col nome di “gambe del diavolo”, custodita nel Museo di Chieti. E, per finire, non sono da dimenticare due belle chiese di Collelongo: quella nota come “Sacrario dei caduti” e l’altra, la chiesa parrocchiale, detta S.Maria Nuova, con un’originale facciata e un bel campanile innalzato sui resti di una preesistente torre medievale. Siamo ormai vicini al Parco Nazionale d’Abruzzo, che è proprio al di là del sorridente paesino di VILLAVALLELONGA.

E i cervi ed orsi, che vivono in piena libertà tra i boschi e le rocce circostanti, ne sono una testimonianza inconfutabile. Qui le tradizioni popolari sono sentite più che altrove, forse per la posizione stessa del paese, lontano dai grandi centri, alquanto isolato: il culto per la reliquia di S.Leucio, le “panarde” della vigilia di S.Antonio Abate, il gusto e la cura con cui è stata allestita la “mostra degli usi e costumi di Villa”, sono tutte espressioni genuine dell’amore per le proprie radici. Ma, quel che più conta, Villavallelonga è un paese che è riuscito a conservare quasi intatto l’impianto urbanistico originario, almeno nelle sue strutture fondamentali.

Il vecchio abitato, sviluppatosi sulla sommità di un dosso, si caratterizza per le stradine ad archi, le minuscole casette a cordonata, le “terrate” (o cantine), i tradizionali forni a legna, le piazzuole che sbucano improvvise dinanzi agli occhi del visitatore sorpreso, la caratteristica “fontevecchia” e, infine, l’originaria cinta difensiva inglobata nel tessuto edilizio. Da Villavallelonga la strada prosegue in alto, consentendo di raggiungere il piccolo santuario della Madonna della Lanna, meta anch’esso di devoti pellegrinaggi e di piacevoli scampagnate in prossimità della tradizionale “fonticella”. Siamo ai confini del Parco Nazionale d’Abruzzo. Ma ormai dobbiamo tornare indietro e ripercorrere il medesimo tragitto fino ad Avezzano. Ci attende un altro itinerario.

Testi a cura del prof Angelo Melchiorre

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