ITINERARI IDEALI NELLA MARSICA (Itinerario 5)

Avezzano
Carsoli
Oricola
Rocca Di Botte
Pereto
Sante Marie
Tagliacozzo
Cappadocia
Castellafiume

L’ITINERARIO IN BREVE

Per compiere in modo razionale questo itinerario conviene, da AVEZZANO, imboccare direttamente l’autostrada in direzione di Roma, per uscirne al casello di Carsoli. Il paesaggio circostante, anche lungo il tragitto autostradale, appare estremamente riposante, sia per lo scarso traffico automobilistico, sia per il continuo succedersi di scorci naturali e d’ambiente, come il paesello di Marano arroccato su un colle, la torre medievale di Torano, la boscosa valle di Luppa e, infine, il tipico paesello di PIETRASECCA, quasi a strapiombo sull’autostrada, che ci lasciamo alle spalle.

Giungiamo, così, all’ampia e luminosa Piana del Cavaliere e ai moderni impianti industriali e commerciali di CARSOLI. Carsoli è, ormai, una cittadina moderna nel suo sviluppo economico, oltre che nella vivacità e nel dinamismo dei suoi abitanti: la vicinanza con Roma ha contribuito in gran misura alla formazione di una “cultura” più urbana che rurale, anche se il legame storico con l’Abruzzo e con la Marsica non è stato nemmeno minimamente scalfito. Eppure, nonostante la sua “grinta” moderna, Carsoli conserva ancora molto di antico, di tradizionale: innanzi tutto nella sua struttura urbanistica e nei suoi monumenti: si pensi ai resti del castello, la “rocca”, o alla chiesa parrocchiale di S.Vittoria; ma anche al tipico aspetto delle sue case e delle sue strade antiche, sotto cui scorrono le acque del fiume Turano.

Una visita indimenticabile, che può soddisfare la nostra curiosità culturale e artistica, è quella alla vicina chiesa di S.Maria in Cellis: la chiesa del cimitero. È un tempio nato in epoca romanica, come appare chiaramente dalle linee dell’edificio e dal magnifico portale ligneo (che però, attualmente, è conservato nel Museo Nazionale dell’Aquila), sul quale è incisa la data del 1132. All’interno, che purtroppo conserva poco delle strutture originarie, si può ammirare l’ambone, non raffinato come altri amboni abruzzesi, ma tale da poter essere considerato un prototipo di tutti gli altri del medesimo stile.

Tra le feste religiose e popolari di Carsoli è da ricordare quella dell’Assunta (15 agosto), che fino all’inizio del ‘900 veniva chiamata “l’Inchinata”, perché ripeteva in parte il tipico rituale dell’inchinata della vicina città di Tivoli. Oggi il rito è stato in parte trasformato, almeno esteriormente, ma se ne è conservata l’essenza: la sera del 14, infatti, si effettua una solenne processione con fiaccolata, che parte dalla chiesa della Madonna delle Rose (o di S.Vincenzo) e, dopo un percorso di circa tre chilometri, si conclude davanti alla chiesa parrocchiale di S.Vittoria. L’antica Carsioli (così si chiamava la colonia romana, innalzata in territorio equo) era a qualche chilometro di distanza dall’attuale Carsoli, precisamente nel luogo che oggi si chiama “Civita di Oricola”. Qui notevoli tracce archeologiche testimoniano la presenza del centro romano: intelligenti scavi hanno riportato alla luce numerose teste virili e femminili in terracotta, attualmente conservate nel Museo Archeologico di Chieti.
I paesi che si affacciano sulla piana del Cavaliere e che si vedono tutti sullo sfondo, quasi arroccati sulle montagne circostanti, hanno ciascuno una propria inconfondibile fisionomia e una storia suggestiva, ma anche, per certi versi, misteriosa.

ORICOLA ci ricorda, nel nome e nei pochi avanzi del castello medievale (oggi trasformato in sede comunale), i tempi agitati e violenti nei quali si scontravano in questa zona feudatari e imperatori, monaci e guerrieri, Normanni e Bizantini, Ungari e Saraceni. “Auricola Regni”, cioè “sentinella del regno”: così qualcuno ha proposto di interpretare il nome e, forse, non ha sbagliato.

Di fronte, a pochissima distanza in linea d’aria, giace ROCCA DI BOTTE, quasi in posizione antagonistica rispetto a Oricola. Questo paese è stato, nel passato, un vero e proprio centro di attività artistiche, “come in generale si può intuire da ciò che rimane del suo impianto originario e come si può comprendere sia dall’antica chiesa di S.Maria del Pianto (tuttora decorata da affreschi già ritenuti trecenteschi, ma più probabilmente quattrocenteschi), sia dall’ancor più antica chiesa abaziale di S.Pietro”. (Ernesto Pomilio) Tale chiesa ha avuto, nel corso dei secoli, diversi rimaneggiamenti, che l’hanno in gran parte depauperata: ma dallo sfacelo si sono salvati l’ambone, il ciborio e frammenti dell’iconostasi, che sono – specialmente l’ambone – fra le cose più belle d’Abruzzo.

Al termine di una stradina impervia (tra il comune di Rocca di Botte e quello di Pereto) si trova il santuario di S.Maria dei Bisognosi, di antichissima origine, meta di devoti pellegrinaggi. Nella chiesa è conservata una prodigiosa immagine della Vergine, il cui stile fa pensare all’arte popolare castigliana e sembra dare veridicità alla leggenda secondo cui tale immagine sarebbe stata portata dalla Spagna in Italia all’inizio del VII secolo.

Il culto popolare più diffuso tra la popolazione di Rocca di Botte è, comunque, quello per S.Pietro Eremita, nativo di qui, ma morto a Trevi nel Lazio. Tra Rocca di Botte e Trevi, perciò, è stato stretto un patto di “gemellaggio”, e gli abitanti dell’una e dell’altra cittadina continuano ancor oggi a chiamarsi, tra loro, “compari”.

Il terzo paese della zona è PERETO. Particolarmente interessante è l’assetto urbanistico complessivo, risultando il paese ancor oggi racchiuso entro una triplice cinta muraria. Il monumento più importante, comunque, è il castello, posto alla sommità e originariamente costituito da un’alta torre quadrangolare, poderosa e ben squadrata, insomma un vero e proprio fortilizio in posizione dominante ed eccezionalmente panoramica, successivamente completato con altre due torri, meno poderose ma più slanciate. Restaurato dopo secoli di abbandono, oggi domina di nuovo tutta la Piana del Cavaliere, solenne nelle sue linee ardite. Pereto, nel suo insieme, ci ricorda i paesini dei presepi tradizionali. Ed è proprio qui che, in periodo natalizio, si svolge uno dei numerosi Presepi Viventi della nostra provincia, reso però più originale di altri proprio dalla particolare disposizione del nucleo urbano.

Un’interessante frazione di Carsoli è quella di POGGIO CINOLFO, anch’essa addossata a un colle, ma dall’altro lato dell’autostrada. Il centro abitato, tuttora ben conservato entro la propria cinta muraria, è del tipo di quelli a impianto radiale di cima: e sulle abitazioni incombe la massiccia costruzione del palazzo baronale dei Savelli. Ma tutte le frazioni hanno, qui, qualche motivo di interesse: TUFO (con la sua medievale chiesa di S.Maria delle Grazie), COLLI DI MONTE BOVE (con la chiesa di S.Giovanni, ora di S.Nicola, e con il culto per S.Berardo, nativo di qui, patrono della diocesi marsicana), PIETRASECCA (un paesino costruito sulla roccia). Di nuovo in direzione di Avezzano, percorriamo adesso la moderna variante della Statale n.5 (la 5 quater), panoramica e suggestiva. In alto, sulla destra, oltre alla località turistica di MARSIA, si trovano due graziose frazioni tagliacozzane: ROCCACERRO e TREMONTI.

Sulla sinistra si scorge il paese di SANTE MARIE, con le sue pittoresche frazioni: Scanzano, Santo Stefano, Castelvecchio, San Giovanni, Val di Varri. In Sante Marie (il nome originario era Altum Sanctae Mariae) non rimane molto dei monumenti e delle chiese antiche: tuttavia, nella chiesa parrocchiale, si conservano alcuni interessanti arredi dei secoli XIV-XVI.

Ma eccoci ormai a TAGLIACOZZO: una città, che fu già “capitale” del vasto feudo prima degli Orsini e poi dei Colonna e che ha conservato gran parte del suo fascino antico e delle memorie del suo passato. Oggi Tagliacozzo è una vivacissima città turistica: ai numerosi visitatori forestieri essa offre, soprattutto, aria buona, calma, possibilità di riposo e di divertimento. Merita una visita la parte più antica della città: e, soprattutto, i suoi monumenti, dal grazioso Teatro Talia al maestoso ed elegante Palazzo Ducale, già sede dei Colonna, bello nella sua struttura rinascimentale e nei suoi splendidi affreschi. Ed ecco altri monumenti: la chiesa del Soccorso; quella dei SS.Cosma e Damiano (con annesso monastero di monache benedettine di clausura); e, ancora, la chiesa di S.Francesco, con l’imponente chiostro, tutto quanto affrescato; il convento dei Domenicani (attualmente sede municipale); la chiesa della SS.Annunziata, cinquecentesca ma con facciata del XV secolo.

E, al di là delle chiese, sono da sottolineare ancora altri aspetti urbanistico-architettonici di Tagliacozzo, come le numerose abitazioni signorili di Via Romana, Piazza Argoli, Via Orsini; la quattrocentesca fontana presso la Porta dei Marsi; e, infine, la stupenda Piazza Obelisco. La Piazza Obelisco è stata definita una delle più armoniose piazze d’Italia, ricavata nel XV secolo dall’antico campo boario e chiamata “dell’Obelisco” per la caratteristica fontana settecentesca con pinnacolo, collocata al centro. Questa piazza va ricordata non soltanto per l’originale planimetria, ma anche per le abitazioni che la delimitano, risalenti per lo più al ‘400 e al ‘500 e tuttora discretamente conservate.

Fuori del centro cittadino, nell’omonimo sobborgo e vicino alla frazione di Sfratati, si trova infine il SANTUARIO DELLA MADONNA DELL’ORIENTE, meta di continui pellegrinaggi e sede della più antica immagine sacra che abbia la Marsica, probabilmente di origine bizantina. Il convento conserva un piccolo ma interessante Museo, allestito nel 1968, nel quale sono esposti reperti archeologici di varia provenienza, arredi sacri, icone bizantine e numerosi ex-voto (offerti, nei secoli, alla Madonna dell’Oriente).

Delle numerose frazioni di Tagliacozzo devono essere ricordate quelle di POGGIO FILIPPO, GALLO e SAN DONATO (per un’originale manifestazione religiosa del Lunedì in Albis, chiamata “processione delle Tre Madonne”) e, soprattutto, VILLA SAN SEBASTIANO (divisa in due piccoli centri, quello più antico a ridosso della montagna, e quello moderno in prossimità della linea ferroviaria Roma-Pescara).
Ormai siamo sulla via del ritorno: da Tagliacozzo saliamo lungo i tornanti di una strada eccezionalmente panoramica, quella del fiume Imele (le cui sorgenti sono a poca distanza dalla pittoresca frazione di VERRECCHIE) e giungiamo, nella vallata del Liri, alla “grotta di Beatrice Cenci”. Questa grotta è un inghiottitoio naturale di estremo interesse geologico e turistico, così chiamata perché, secondo un’errata convinzione, nel vicino paese di PETRELLA LIRI si sarebbe consumata, nel XVI secolo, la tragedia della sfortunata nobildonna romana (in realtà, il misfatto fu commesso a Petrella Salto, nel vicino Cicolano).

Il paese più famoso di questa zona montana, chiamata anche Valle di Nerfa, è CAPPADOCIA, piccolo centro d’altura a ridosso delle sorgenti del Liri, che conserva ancora, nella parte più antica, l’impianto originario con stradine a saliscendi e con linde casette, molte delle quali con finestre e porte a tutta pietra. Vicino a Cappadocia si trova CAMPOROTONDO, oggi apprezzatissima stazione sciistica. Ma l’aspetto più caratteristico di questo luogo è costituito dal legame tra Cappadocia e Vallepietra: di qui, infatti, si muovono ancor oggi, nella buona stagione, numerosi e pittoreschi pellegrinaggi di devoti che si recano a visitare il santuario della Trinità in Vallepietra (nel vicino Lazio), sotto la “montagna tagliata”.

Alla fine della Val di Nerfa si incontra il paese di CASTELLAFIUME, la cui caratteristica è quella di essere stato costruito non sotto la protezione di un castello, ma, al contrario, quasi a protezione del castello stesso, che doveva giacere in basso (anche se non ne rimangono tracce), quasi a ridosso del fiume. A Castellafiume meritano attenzione i resti di un altro castello, quello del Girifalco (questi ancor oggi visibili, sia pur con qualche difficoltà, sulla sommità del monte omonimo) e la chiesa parrocchiale di S.Nicola, con un caratteristico portale settecentesco.

Ripresa la strada per Avezzano, dopo aver superato Capistrello e la galleria sotto il monte Salviano, ci affacciamo di nuovo sulla piana del Fucino, con la visione del Velino sulla sinistra e della Maiella, dalle tinte un po’ sfumate, nello sfondo, con le cime imbiancate di neve.

Testi a cura del prof Angelo Melchiorre

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