Avezzano
Pescina
Ortona Dei Marsi
Bisegna
Gioia Dei Marsi
Lecce Nei Marsi
Ortucchio
San Benedetto Dei Marsi
L’ITINERARIO IN BREVE
Lungo la Tiburtina-Valeria si prosegue fino al bivio per Cerchio; qui, sulla destra, si può imboccare la Statale n.83 per il Parco Nazionale e giungere, quindi, a PESCINA.
La città di Pescina si presenta, inconfondibile, con la sua rocca medievale (è, purtroppo, un rudere) e con i suoi ricordi di sede vescovile. Pur gravemente danneggiata dal terremoto del 1915, Pescina ha tuttavia conservato, nella parte antica, la forma urbanistica e le dimensioni di un paese costruito a misura d’uomo. Nel nucleo storico si scorgono, dunque, i ruderi del castello medievale con le originali torri pentagonali, di cui una sola rimane ancora in piedi; la casa del cardinal Mazzarino (nato proprio a Pescina), con alcune eleganti bifore (nello stesso posto è stato innalzato un moderno Museo Mazzariniano); alcune case medievali, non lontane dal castello; le torri duecentesche (di cui una soltanto integra) a ridosso della frazione Venere.
E, ancora, la chiesa di S.Antonio (o S.Francesco), il cui complesso conventuale, restaurato, è divenuto oggi luogo per conferenze, dibattiti e rappresentazioni teatrali (è anche sede del “Premio Ignazio Silone”). Infine, anch’essa restaurata in tempi recenti, è da ammirare la bella cattedrale di S.Maria delle Grazie, edificata quando Pescina divenne sede vescovile (nel 1580) e, via via, ornata di opere d’arte, fra cui i paliotti settecenteschi di Giancaterino Rainaldi di Pescocostanzo e, in una cappella, il Trionfo del SS.Sacramento di Teofilo Patini. Tra i ruderi spicca quel poco che è rimasto dell’antica chiesa di S.Berardo (il patrono della diocesi), sotto il cui campanile è stato sepolto, per sua esplicita volontà testamentaria, lo scrittore pescinese Ignazio Silone.
Pescina si trova sul fiume Giovenco. Ed è questo fiume a segnare la valle, attraverso cui si snoda una pittoresca strada per il Parco Nazionale. I profumati meli, prodotti in abbondanza nella zona, costituiscono quasi la carta d’identità del grazioso paese di ORTONA DEI MARSI.
Di questo centro bisogna ricordare gli avanzi di mura ciclopiche, ma anche l’impianto tipicamente medievale, con le abitazioni che sembrano arrampicarsi fin sopra il culmine del colle, dove si scorgono evidenti i ruderi di un castello, le cui prime notizie si possono far risalire addirittura attorno al Mille e del quale si riconosce ormai solo la pianta, non più la forma. E, ancora, sono degne di rilievo le seguenti costruzioni: una piccola casa di stile gotico, con bifore e trifore trecentesche, che fiancheggia l’ingresso a gradinata della rocca; la trecentesca (o quattrocentesca) chiesa parrocchiale di S.Giovanni Battista con il prospetto in tutta pietra, che conserva, all’esterno, un rosone centrale sormontato da una cornice arcuata.
E, soprattutto, la duecentesca chiesetta campestre di S.Maria delle Grazie, interessante per il suo portale, poveramente ornato, ma rigoroso ed essenziale, tale da costituire – come affermava il Gavini – “uno dei primi esempi di una soluzione ornamentale destinata a grande fortuna in Abruzzo”. Tra le frazioni di Ortona, quella che merita più di un cenno è ASCHI, un paesino di montagna, originale soprattutto perché i suoi abitanti hanno creato, nei secoli, una loro dipendenza in basso, i CASALI D’ASCHI, che amministrativamente non appartiene allo stesso Comune del paese originario: infatti, mentre Aschi Alto è frazione di Ortona, Casali d’Aschi appartiene a Gioia dei Marsi.
Lungo la strada del Giovenco cominciano ad apparire le tipiche immagini del Parco Nazionale d’Abruzzo: scorci paesistici stupendi, una natura incontaminata, boschi interminabili. Giungiamo al paese di SAN SEBASTIANO, frazione di Bisegna. Dal basso, già si può ammirare la compattezza del tessuto abitativo, alto e quasi imperioso sulla valle, tale da testimoniare ancor oggi la funzione, prettamente difensiva e di custodia, svolta dal castello nell’alto e nel basso medioevo. L’interno del paese conserva ancora, nella disposizione delle case e nel complessivo impianto urbanistico, i segni del suo passato feudale, quando esso costituiva uno degli avamposti più sicuri della grande contea di Celano.
La storia più recente di S.Sebastiano, però, come del capoluogo comunale (BISEGNA), è alquanto diversa da quella antica. Entrata in crisi l’agricoltura tradizionale e, soprattutto, crollata la cultura patriarcale delle zone montane, S.Sebastiano ha subìto un tracollo economico e demografico rapidissimo.
La gente è andata via dal paese; e chi vi torna, lo fa solamente per ragioni sentimentali: perché è rimasto profondamente legato, almeno con il cuore, alle proprie “radici”. I mesi del “grande ritorno” sono, abitualmente, quelli estivi, quando la natura si risveglia e l’aria della valle è davvero ristoratrice. Ma il paese di S.Sebastiano ha una festa religiosa invernale, che diventa ugualmente motivo di intenso richiamo popolare: è il 20 gennaio, giorno dedicato al Santo titolare del paese.
Non è ancora il grande “festone” di agosto (quello con la sfilata e l’asta della legna in onore di S.Antonio Abate), ma è pur sempre una ricorrenza che non viene dimenticata dai cittadini di S.Sebastiano, i quali tornano dai luoghi più lontani per assistervi. Si tratta della distribuzione delle “panette di S.Sebastiano”, panette (ciascuna formata da otto palline, su cui viene impresso, con un timbro in legno, il marchio del santo) che vengono preparate, nei giorni precedenti, dalle donne e dalle fanciulle del paese e recate poi, in processione, sia il pomeriggio del 17, sia la mattina del 20, fino alla chiesetta di S.Sebastiano, che si trova proprio a ridosso del fiume. Altra festività, particolarmente vissuta dagli abitanti di questo centro, è quella di S.Gemma Vergine, una fanciulla nata a S.Sebastiano e morta a Goriano Sicoli (dove si svolge la cerimonia solenne, cui deve sempre partecipare una fanciulla di S.Sebastiano).
Ugualmente caratteristico è il paese di BISEGNA. Anche Bisegna è sorta nel medioevo come centro fortificato d’altura su uno sperone roccioso, ai piedi della Montagna Grande. L’impianto urbano è tuttora ben compatto, addossato com’è attorno ad una singolare torre pentagonale del XII secolo. Particolarmente suggestive sono, inoltre, le vie interne a saliscendi, specialmente in quei punti dove le abitazioni conservano finestre e porte scolpite in tutta pietra.
La festa più originale di Bisegna è quella del santo patrono del paese, S.Giovanni Battista. Già nel pomeriggio del 23 giugno gruppi di devoti affluiscono al piccolo santuario, che si trova fuori del paese, in prossimità delle acque del Giovenco: dopo la rituale visita alla chiesina, i fedeli scendono in una grotta, considerata sacra, e si recano quindi ad una vicina fontana per bere e purificarsi con quell’acqua, che è ritenuta miracolosa soprattutto per le malattie della pelle. Dopo aver trascorso la notte attorno ai fuochi tradizionali, la gente trasporta la statua del santo in paese; a metà strada viene incontro un’altra processione, e i due cortei, insieme, procedono solennemente verso la chiesa parrocchiale.
La strada prosegue in alto per altri dodici chilometri, fino a ricongiungersi con la statale 83.
A sinistra c’è PESCASSEROLI, a destra si raggiungono il Passo del Diavolo e GIOIA VECCHIO, da cui la strada riprende a scendere tra curve e tornanti: la visione è superba, lo sguardo può spingersi fino al versante settentrionale del Fucino. Lasciamo, comunque, il Parco (su cui ci siamo già lungamente soffermati) e scendiamo di nuovo verso la piana del Fucino.
Dopo una lunga e tortuosa discesa, si attraversa il paese di GIOIA DEI MARSI, sito in località Manaforno, completamente ricostruito dopo il 1915, un tempo considerato uno dei più belli e dei più ricchi della Marsica per i suoi splendidi palazzi signorili e per i suoi facoltosi “locati” di Puglia (coloro che avevano avuto in assegnazione vasti settori del Tavoliere di Puglia, nel periodo di maggiore splendore della pastorizia transumante). Colpivano, altresì, prima della distruzione, le numerose chiese, sia cittadine sia campestri, così come appariva interessante, nella sua rustica monumentalità, la “Fonte Vecchia”, dalle severe forme barocche. (Le attività comunali, d’estate, si trasferivano in Gioia Vecchio, dove gli abitanti conservavano gran parte delle loro proprietà).
Nelle vicinanze di Gioia, oltre alla già ricordata frazione di Casali d’Aschi, non bisogna dimenticare SPERONE, la cui torre recintata era strategicamente collegata con altri simili avamposti, fra cui quello di Collarmele.
Un altro paese con duplice sede (almeno nel passato) è LECCE DEI MARSI, il cui nucleo originario si trova in alto, a oltre 1300 metri sul livello del mare e i cui abitanti si spostarono in pianura sia per sfuggire a freddo e briganti, sia per ricostituirsi una casa dopo il terremoto del ’15. Il paese alto, ormai, vive soltanto di ricordi, a mala pena alimentati dai ruderi visibili tra le rocce, come l’ampio recinto fortificato con torre cilindrica, alcuni caratteristici casali, o, ancora, ciò che rimane delle antiche chiese di S.Maria, S.Elia e S.Martino in Agne.
Oggi Lecce è un paesino vivace, d’estate affollato da oriundi e da forestieri, con un buon centro di assistenza per anziani, con una bella piscina coperta e, soprattutto, con bei dintorni, dove effettuare escursioni o semplici passeggiate.
Ma ormai siamo di nuovo sulla piana del Fucino.
Da Lecce raggiungiamo il vicino paese di ORTUCCHIO, il cui nome e la cui origine hanno dato molto filo da torcere agli storici e agli studiosi locali. Ad ogni modo, l’antica Ortucchio, scomparsa definitivamente con il terremoto del 1915, è stata sostituita da un paesino moderno, anche se scarno e semplice nelle sue linee popolaresche, nelle case basse a un solo piano, nella mancanza quasi assoluta di caratterizzazione ambientale. Si deve fare eccezione, però, per i resti, davvero interessanti, della chiesa di S.Orante e del castello Piccolomini, entrambi restaurati e tornati a svolgere l’una le sue funzioni di luogo di culto e di devozione popolare, l’altro quelle di centro d’incontri e di iniziative culturali.
La chiesa, pur nella sua essenzialità e nella sua nudità, ha un decoro e una bellezza degne della massima attenzione; il castello, quale oggi lo vediamo, risponde con tutta evidenza ai canoni difensivi quattro-cinquecenteschi (pur essendo stato innalzato su una precedente fortificazione), tanto da apparire più come edificio residenziale che vera e propria fortezza. “Che tale fosse, comunque, si comprende sia dalla possente struttura, sia dal profondo fossato, che lo metteva in comunicazione diretta con le acque del Fucino, sia dalle torri angolari, per le quali deve dirsi tipologicamente affine al castello di Avezzano, sia infine dalla torre maestra, possente, ben squadrata e alquanto eccentrica rispetto al portale d’accesso” (ERNESTO POMILIO).
Nei dintorni di Ortucchio si trovano le grotte più interessanti di tutta la Marsica, almeno sotto il profilo paleontologico (grotte Continenza, La Punta, Maritza, ecc.). La festa religiosa e popolare più caratteristica di Ortucchio è quella di S.Orante: infatti, il 5 marzo (data della morte del santo) si svolge il tradizionale “bacio della reliquia”, accompagnato dall’offerta della “tazza di legno”, da cui i devoti sorseggiano il vino benedetto. Si tratta di un rito che ricorda sia la vicenda del santo (si dice, infatti, che tale ciotola sia proprio quella usata da S.Orante nella sua permanenza in Ortucchio), sia la sua morte (quando, miracolosamente, pur essendo inverno, fiorirono alcuni tralci d’uva).
Ed eccoci, finalmente, all’ultimo paese del nostro itinerario: S.BENEDETTO DEI MARSI, già sede vescovile fino al 1580, anno in cui ufficialmente la cattedrale venne trasferita dalla chiesa di S.Sabina in quella pescinese di S.Maria delle Grazie.
Per indicare l’antica San Benedetto si fanno i nomi di Marruvium, Valeria, Marsia, Civitas Marsicana, quest’ultimo presente anche in documenti medievali e d’epoca più recente (fino a tutto il Settecento). Comunque, Santa Sabina, di cui rimane in piedi solo la sezione inferiore della bellissima facciata romanica, è l’unico vero monumento di San Benedetto dei Marsi, se si eccettuano alcune modeste vestigia d’età romana, i cosiddetti “morroni” e i muri consunti di un anfiteatro.
Ad ogni modo, se le memorie storiche hanno un certo valore, S.Benedetto può vantarsi non solo di essere stata sede di un’antica città romana, ma anche di aver dato i natali, nel medioevo, al papa S.Bonifacio IV, colui che trasformò in chiesa cristiana il Pantheon di Roma e che istituì la festa di Ognissanti. Di più, si può dire che S.Benedetto dei Marsi è, tra i paesi marsicani, quello che ha avuto lo sviluppo economico e demografico più rapido di tutti, specialmente dopo la riforma agraria del 1950-51.
Ma anche altrove, nella Marsica, il progresso e la modernità hanno impresso in modo incisivo il loro segno, sia in prossimità di S.Benedetto (o, più esattamente, in territorio di Ortucchio), dove si innalzano le antenne paraboliche di Telespazio, sia in tutto il Fucino con la modernizzazione dell’agricoltura e la creazione di un vasto nucleo industriale, sia nella città di Avezzano, certamente il centro urbano più moderno di tutta la provincia dell’Aquila. Ad Avezzano, dunque, concludiamo quest’ultimo itinerario marsicano.