Grotta di Sant’Angelo
(Colli di Monte Bove)
IL LUOGO IN BREVE
Non esistono informazioni documentarie sul sito di cui ci si occupa, ne alcun dato informativo preciso emerge dal “monumento” stesso. Si tratta di una grotta sita nel Carseolano, a poco meno di mezz’ora di cammino dall’abitato di Colli di Monte Bove, una cittadina sul tracciato della moderna strada statale Tiburtina Valeria, che da Roma conduce in Abruzzo. A questa grotta, detta di Sant’Angelo di Monte Bove” si lega la devozione degli abitanti dei Paesi vicini, in quanto, secondo una tradizione da presumersi secolare, non solo da una sua falsa sporgerebbe il sangue di martini, ma essa nasconderebbe in un muro la treccia della madonna.
La grotta consta di di un vano d’accesso, la cui semplice conformazione geologica è stata in parte normalizzata dall’intervento umano cosi da rendere simile ad una navata, sulla quale si apre una cappella absidale costruita con pietrame, intonacata e affrescata sulla facciata esterna, oltre che sulla parete di fondo. Antistante ad essa si colloca un altare in pietra, intonacato. Sulla parete di sinistra della cappella una gradinata in pietrame conduce in alto alla conclusione dell’antro.
Come appena detto, la campagna pittorica si estende su quello che potremo chiamare l’arco absidale e sulla parete di fondo dell’abside. Sull’arco absidale l’immagine centrale rappresenta la Madonna col Bambino, seduta su un trono – con cuscino – dall’ampio e alto dossale a cuspide. Incoronata, Essa offre il seno di destra al Figlio il cui principale interesse sembra peraltro consistere nel gesto di benedizione della Santa a Lui di fronte. Con la sinistra il Bambino regge il rotolo della Legge. Veste e manto della Madonna sono blu e rosso scuro, con un gallone appena sopra l’orlo inferiore a dare un tocco di eleganza all’abbigliamento. Delle due aureole, di color giallo ocra, quella della Madonna e perlinata, quella di Cristo e crucigera.
Sopra gli spioventi del dossale e iscritto, in lettere greche e con la consueta abbreviazione, il termine di “Madre di Dio” (Meter Theou). La Santa, alla sinistra del gruppo centrale (alla destra del fedele o, comunque, dell’osservatore) e specularmene accompagnata da altra alla destra, ambedue caratterizzate da una sorta di cuffia sulla testa che lascia comunque abbondante spazio ai capelli raccolti con una certa eleganza sulla nuca. Le vesti delle Sante sono sul giallo ocra, rabescate da orbicoli e losanghe, corredate anch’esse da gallone. Sopra le vesti il manto ha lo stesso colore del manto della Vergine. Ambedue le Sante si rivolgono con una mano a palma aperta verso il gruppo divino, mentre con l’altra racchiudono un fiore di giglio, ovvio simbolo del loro stato virginale. Ambedue dovevano essere identificate da tituli latini, ma restano soltanto alcune lettere di quella alla destra della Madonna col Bambino, tuttavia incomprensibili a chiarire l’identità. Fiancheggiano le due sante da un lato S. Michele Arcangelo, dall’altro S. Biagio. Il primo è facilmente riconoscibile dalla sua impostazione iconografica (oltre alle larghe ali, l’asta che verosimilmente trafiggeva in basso il demonio – dove l’affresco è scomparso); il secondo, rappresentato con vesti e attributi della sua dignità vescovile, è identificato dal titolo latino.
Le figure si stagliano su riquadri delimitati da un sottile orlo bianco, al di là del quale il colore di fondo rimane il medesimo. Il fondo e blu intenso – qui e la decorato da gruppetti di puntini bianchi, quasi fiorellini – quella parte medio alta, e giallo nella parte bassa. E incorniciato da una fascia decorativa tricroma, che spicca soprattutto per il suo profilo ‘gradinato’ bianco, e una più ampia bordura rossastra. Caduto il colore sull’area di destra, sottostante l’arcangelo, rimane qualche traccia di pittura nel peonacchio trapezoidale sotto S. Biagio: vi si scorge un volatile dal lungo collo e dal piumaggio celeste, su un fondo giallo ocra bordato di celeste. Mancano, o almeno non sono conservate, iscrizioni di committenza o di data. L’altro affresco….