Dal secolo XVII al XIX, pur attraverso momenti di crisi e di tensione, la situazione della diocesi dei Marsi appare piú stabile ed omogenea. II riconoscimento ufficiale della nuova sede diocesana da parte dell’autoritá civile (il Regio Assenso del 1630, di cui abbiamo giá parlato) era stato preceduto, nel 1613, da un «privilegio» di papa Clemente VIII, il quale riconosceva alla chiesa di S.Maria delle Grazie di Pescina il «titolo di Cattedrale». E giá qualche anno prima (esattamente il 18 aprile 1604) l’Arcidiacono e i Canonici della stessa chiesa avevano approvato all’unanimitá la decisione del defunto Vescovo Colli, ricordando anche come quel vescovo, prima della sua morte, «persuadesse a dieci principali Cittadini di questa Cittá fare in detta Chiesa dieci Cappelle tutte di un disegno, anche […] per i fronti degli Altari» (34).
Le «Visite Pastorali» dal Seicento all’Ottocento documentano una continuitá ininterrotta: i paesi visitati da mons.Corradini agli inizi del secolo XVII sono gli stessi che continuano ad essere visitati nel corso del secolo XIX, e quasi identiche appaiono le osservazioni e le annotazioni dei Vescovi sulle chiese, sugli altari, sulle necessitá materiali e spirituali della diocesi), Anche le «relazioni ad limina» ripetono, piú o meno, lo stesso schema, tranne che in alcuni casi eccezionali, determinati o dalla minore disponibilitá dei singoli vescovi (alcuni, ad esempio, non potevano visitare personalmente la diocesi, perché sofferenti di podagra o altro male causato dal malefico influsso delle paludose acque del Fucino), o da alcuni drammatici eventi militari, come le guerre di successione nel Settecento, l’invasione napoleonica, le guerre dell’Unitá d’Italia.
Ma procediamo con un certo ordine. II Seicento é caratte-rizzato da continue calamitá (guerre, pestilenze, terremoti, rivolte) e dalla dominazione spagnola in tutto il Meridione. «I redditi delle chiese», scrive il vescovo mons.Lorenzo Massimi nel 1641, «sono molto scarsi, poiché tutti i Beneficiati sono quasi costretti a mendicare, e rimangono pochi abitanti, date le continue calamitá. Le chiese, che il presente Vescovo ha visitato, sono molto povere e mancano di tutto il necessario, e quel che é peggio, gli abitanti non possono prestare alcun aiuto, data la loro estrema miseria» (35).
Lo stesso Massimi si trovó in grande difficoltá allorquando, mentre si recava a Roma per la consueta visita ad limina, fu assalito «dalli Contrabandieri», i quali gli confiscarono tutto ció che il presule stava portando con sé. Alle proteste del vescovo, il «Collaterale di Napoli» rispose «che il Vice Re gli faceva ordine, che sfrattasse dal Regno di Napoli, et che se non obediva, la seguente settimana vi haverebbe provisto con sua puoca riputazione […]» (36). Ció nonostante, Massimi poté ugualmente operare «a favore della gente», rendere piú confortevole il palazzo vescovile di Pescina, costruire perfino un locale per le carceri.
La metá del secolo è contrassegnata da due famosi tristi eventi: la rivolta napoletana di Masaniello (anni 1647-48), che si estese rapidamente in tutte le province del Regno, Marsica compresa; e la peste del 1656, che uccise nella sola diocesi dei Marsi ben 4.080 persone (37). I successori del Massimi, ad ogni modo, furono piú fortunati: sia Ascanio De Gasperis, sia Didaco Petra e Francesco Bernardino Corradini continuano a lamentarsi per la povertá della diocesi, per le continue prepotenze dei secolari, per il protrarsi delle vertenze con Montecassino e con Farfa, ma ammettono anche che il clero é numeroso e, in genere, ben disciplinato, la gente rude ma devota, la Cattedrale non ancora completa ma funzionale, il Seminario con poche rendite ma sempre aperto, almeno fino al 1692, quando mons.Corradini dichiara che esso é andato distrutto «dalle fondamenta».
Nel corso del secolo la diocesi rimane vacante solo per tre anni alla morte del Massimi (1645-48) e per altri quattro anni alla morte di Didaco Petra (1676-80), senza che ció determini interruzione della linea pastorale post-tridentina o crisi nelle strutture stesse della diocesi. Le Visite Pastorali di mons.Massimi appaiono le piú ampie e particolareggiate (con stati danime, nota delle chiese e degli altari, elenco dei libri di ciascuna parrocchia, inventari di reliquie, indicazioni di feste e processioni); ma anche quelle di Didaco Petra risultano abbastanza ricche di dati e informazioni di ogni genere. Piú schematiche, ma molto numerose (dieci!) e ben ordinate, sono invece le Visite Pastorali di mons.Corradini, che ebbe modo, in trentasei anni di ininterrotta attivitá pastorale, di conoscere davvero a fondo la diocesi e tutti i suoi problemi (38).
II Settecento — secolo dell’Illuminismo e, nel Meridione, della salita al trono di Carlo III di Borbone — rappresenta un momento alquanto difficile per la vita della Chiesa marsicana. I vescovi devono barcamenarsi fra le direttive di Roma, le rinnovate pretese dei feudatari (soprattutto i conti di Celano), la risorta aggressivitá degli Abati di Montecassino e la politica del giurisdizionalismo napoletano, tendente a dare un assetto ed una fisionomia piú «laici» al Regno e a togliere al Clero molte prerogative e molti privilegi che esso, fino a quel momento, aveva goduto. Giá nel 1702, e poi nel 1705, mons.Corradini si lamenta sia per il rifiuto dei «Luoghi Pii» di Gioia, Lecce e Pescasseroli di contribuire al mantenimento delle rispettive chiese «ricettizie», sia per le continue vertenze con i patroni laicali, arbitri quasi assoluti dei beni delle oltre 230 cappelle presenti in diocesi. Nel 1708 protesta per le indebite occupazioni di terreni della Chiesa, fatte dai laici con l’appoggio incondizionato delle autoritá civili. II vescovo suggerisce la creazione di «censuali» o «catasti», che dimostrino senza timor di dubbi quali terreni appartengano alla Chiesa e quali ai privati (tale suggerimento dará luogo alla formazione dei numerosi «inventari», esistenti nell’archivio diocesano, compilati dal 1728 in poi, quando cioé il vescovo Corradini era giá morto da un pezzo) (39).
Con mons.De Vecchiis e, poi, mons.Barone, viene riaperto il Seminario (nel 1735 esso è frequentato da 13 seminaristi veri e propri e da 40 «adultiores»). In diocesi, non vi sono state variazioni di rilievo: sempre una Cattedrale con un Arcidiacono e otto Canonici, cinque o sei Collegiate (Celano, Avezzano, Scurcola, Trasacco, Luco e, forse, anche Carsoli), quattro «ricettizie» (Pescasseroli, molto turbolenta; e poi Lecce, Gioia, Opi), altre diciotto chiese con una struttura organizzativa a metá fra la «ricettizia» e la «collegiata», una ventina di conventi maschili, tre monasteri femminili (di S.Cosma a Tagliacozzo, di S.Chiara a Pescina e di S.Caterina ad Avezzano), alcuni Monti di Pietá, diversi Monti Frumentarii (questi ultimi istituiti da mons.Barone) e un’infinitá di Confraternite laicali. Le Visite Pastorali si effettuano con regolaritá, ma quasi esclusivamente (scrive il Barone) nei mesi da giugno a settembre, poiché nei mesi invernali la maggior parte degli uomini emigra in Puglia o nella Campagna Romana (40).
La metá del secolo rappresenta un altro di quei momenti drammatici cui avevamo accennato in precedenza: terremoti e passaggi di truppe hanno distrutto nuovamente il Seminario, provocato lo spopolamento di molti paesi, il depauperamento dei beni della Chiesa. Inoltre, si acuiscono le vertenze con i conti di Celano (i Cesarini) per la giurisdizione su numerosi benefìci; calunnie ed offese varie costringono i Missionari, invitati personalmente dal Vescovo, a fuggir via dalla diocesi; alle questioni precedenti (sempre viva quella con Montecassino per il monastero di S.Cosma in Tagliacozzo) si aggiunge, adesso, quella per la giurisdizione sull’abazia di S.Maria della Vittoria in Scurcola (41). Nel 1764 una grave carestia rende ancora piú problematica anche l’attivitá pastorale del vescovo: ma la crisi ben presto si risolve e, nella seconda metá del secolo, la situazione va man mano migliorando, salvo a precipitare dopo le dolorose vicende dell’occupazione napoleonica. Dal 1796 in poi, in tutta la diocesi si vive in continua atmosfera di guerra. Tornano i Borboni; poi di nuovo i Napoleonidi; infine, sconfitto Napoleone, si torna all’antico regime.
Giá nel 1800 il vescovo Giuseppe Bolognese elenca le sventure della diocesi: Congregazioni monastiche soppresse, conventi e chiese occupati o distrutti, le Collegiate si sono ridotte a tre, il Seminario è in difficoltá, i «Filosofi» stanno tentando di rovinare spiritualmente gli animi della gente, l’istruzione é ormai nelle mani dello Stato e il Vescovo non ha piú su di essa alcun potere. Ció nonostante, mons.Bolognese «dichiara finalmente la sua spirituale contentezza nel vedere che il suo Popolo in mezzo a tante calamitá passate si è conservato con un vivo attaccamento alla fede e alla religione, contandosi pochissimi che abbiano preso parte nelle empie correnti novitá […]» (42).
NOTE