Testi tratti dal libro Pagliara Dei Marsi dalle origini ai tempi moderni
(Testo a cura del Prof. Giuseppe Grossi)
Le prime notizie sul castellum di Girofalcum sono presenti nel Catalogus Baronum normanno del 1150-1168 come possesso di Roberto di Corcumello. Successivamente, col nome di Castrum Palearie, è citato: in un documento di Federico Il del 123 1, fra le fortezze da riparare del Regno di Sicilia, poste sui confini settentrionali; nel 1271 in un documento di Carlo 1 d’Angiò in cui si evidenzia l’esistenza di una guarnigione stabile composta di trenta militi francesi. Nel ‘400 la fortezza, col nome di Castellum Palearie, passa fra i possessi degli Orsini e poi dei Colonna: nel 1445 la vediamo fra i possessi di Giovanni Antonio Orsini, mentre nel 1497 è nelle mani di Fabrizio Colonna. L’ultima notizia, come possesso dei Colonna ed inserita nel Ducato di Taglíacozzo, è del 1516; poi se ne perdono le tracce.
Le rovine di Girofalcum sono presenti sulla sommità del Monte (quota 1268) che sovrasta Corcumello e Pagliara con uno sviluppo longitudinale di metri 112, lungo il costone roccioso apicale; le murature sono in opera incerta medioevale di spessore variabile dai 0,70 ai 1,50 metri (Tav. IV).
Sulla quota più alta è situata la torre principale o mastio a pianta inferiore quadrata a scarpa e superiormente a forma circolare (Tav. IV, lettera H; Fig. 1). La base a pianta quadrata, di metri 4,70 x 4,70 (alla base della scarpa m. 6 x 6), sembrerebbe anomala per una torre rotonda, ma tutto ciò è spiegabile se visto in una successione cronologica degli interventi di miglioramento delle strutture difensive della fortezza già descritte in precedenza.
Nel XII secolo, infatti, la struttura difensiva era costituita (Tav.V) dalla torre quadrata senza scarpa e da un piccolo recinto a pianta rettangolare di metri 21 x 14 (M) con cisterna interna (L) ed ingresso (p) localizzabile sul lato sud-ovest della torre principale, mastio (H).
In età sveva (inizi del XIII secolo) fu edificato la fortezza con la creazione di un ambio fabbricato a piano sopraelevato contenente stanze (F-E) con cisterna (E), cortili (G.I-M), torre trapezoidale (D; Figg. 2-3) e torre avanzata a pianta poligonale (B; Fig. 4), raggiungibile tramite un passaggio o camminamento sopraelevato (C), appositamente interrotto in un punto. La torre trapezoidale (D) era separata da un camminamento dall’altra avanzata e da un piccolo salto roccioso realizzato artificialmente; si passava dalla torre al camminamento largo 1,50 metri tramite una passerella mobile di legno che, in caso di necessità, poteva essere ritirata dalla stessa torre. Lo stesso sistema doveva esistere anche nella torre avanzata e nel mastio. Lungo il muro di camminamento (C) è presente un’interruzione, larga metri 1,20, che doveva fungere da posterla. La grande cisterna visibile sotto i livelli pavimentali della stanza (E), parzialmente dissepolta da scavi clandestini, era con volta a botte e rivestita d’opera signina di colore rosso.
La torre avanzata (B; Fig. 4), ha pianta poligonale con il muro sudovest più spesso degli altri (come la torre trapezoidale), perché il versante era il più esposto agli attacchi; infatti, da quel lato proveniva il sentiero che portava al castello dal Valico e da Pagliara. Gli ingressi al nuovo complesso fortificato “di confine” svevo, sono individuabili: sul fianco sud della torre trapezoidale, dove è ancora visibile una feritoia strombata che serviva per colpire di fianco l’ospite non desiderato (Fig. 2; sul lato sud del mastìo, nel cortile M, vicino al vecchio ingresso al recinto del XII secolo, recinzione demolita in gran parte in questa seconda fase e parzialmente riutilizzata solo sui versanti nord e nord-ovest.
In età angioina (XIV secolo), furono attuate altre modifiche al sistema difensivo con la trasformazione del mastio, cui fu aggiunta la scarpa di base per il tiro piombante con apparato a sporgere; probabilmente agli inizi del XV secolo, fu mozzata la torre quadrata all’altezza dell’attacco della scarpa e sovrapposta la torre cilindrica con diametro di metri 4,70 e spessore di 50 cm. La torre avanzata (B) fu ampliata avanti con un puntone più stretto (A) e meglio ancorato sullo sperone roccioso su cui insiste; lasciando così meno
spazio piano fra il puntone ed il salto roccioso. In questa terza fase fu realizzato il fossato sul versante palentino e la recinzione esterna sul pendio del versante lirino. Dal puntone (A), infatti, si diparte un muro, spesso cm. 70, che si può seguire per un centinaio di metri fino alla grande balza rocciosa per poi proseguire fino a ricollegarsi con il castellum sul versante sud. L’ingresso a questa seconda recinzione di pendio era posto probabilmente sul versante Sud-Est, in direzione del sentiero che sale dalla forca di Girifalco; un altro ingresso è riconoscibile nella posterla presente sul camminamento (C) in direzione del versante palentino.
Questa recinzione esterna, di forma trapezio, aveva il compito di difendere un piccolo insediamento collegato, forse case con fondazioni in pietra ed elevato ligneo, di cui rimangono scarsi resti delle basi e delle coperture costituite da coppi e tegoloni. Nel suo insieme la fortezza di Girifalco, con quella di Foce sul Monte Secine d’Aielli (GROSSI 1998c, 36-37), rappresenta uno dei migliori esempi di tale manufatto militare nella Marsica. Un esempio analogo di fortezza è presente in Campania nelle vicinanze delle famose Forche Caudine e sopra il paese d’Arienzo (SOMMELLA 1967,67). Altra struttura simile (castello longitudinale di crinale con tre torri) col nome di Castrum Agelli, è presente nella Marsica ad Aielli, sotto l’altura di “Costa Pelara” del Sirente, nella località “Aielli Vecchio”; un castello di confine come il nostro (GROSSI 1998e, 38). Stessa tipologia presenta il cosiddetto “Castel Manfrino” nel teramano, anch’esso manufatto militare di confine (SANTORO 1988,110, 116-117, figg. 81-82). Sotto la fortezza, sul Valico fra Girifalco e Monte Arunzo è presente un’edicola detta “Cona” dedicata in passato alla Madonna della Neve (Tav. 1, n.6; Figg. 5-5bis). Essa è a pianta quadrata di metri 2,80 x 2,80 con copertura a volta ed ingresso aperto a Sud-Est. Sulla parete di fondo sono visibili brandelli di un affresco trecentesco raffigurante la Madonna col Bambino e decorato alla base da motivi geometrici.
Su questo valico passava la strada romana ed anche medioevale, che metteva in comunicazione la Valle di Nerfa con i Piani Palentini, evitando il più lungo percorso della strettoia capistrellana: di essa rimangono tratti di selciato medioevale con indicazione dei solchi lasciati sulle pietre del passaggio dei carri (Figg. 6-6bis). Dalla stessa strada si dipartivano i sentieri che portavano da Pagliara e, dal valico, al Castello di Girifalco. La chiesa relativa all’incastellamento ed al piccolo abitato sottostante, Sancti Salvatoris in Parifalco, citata per la prima volta nella bolla del Papa Clemente 111 del 1188, è riconoscibile nella parrocchiale della frazione di Pagliara di Castellafiume con facciata ed interno riferibile a ristrutturazioni rinascimentali con interventi successivi.
Sotto la fortezza, sul pendio verso Corcumello, si aprono diverse grotte fra cui quelle dette “del Diavolo” e “di S. Lorenzo”. Secondo una leggenda corcumellese nella prima abitava stabilmente un demonio che fuggì quando S. Lorenzo andò ad abitare nella grotta vicina (G. Pansa, Miti, leggende e superstizioni d’Abruzzo, voll. I e 11, Sulmona 1924-1927, 1, p. 46). La “Grotta di S. Lorenzo” è probabilmente un romitorio medievale ricavato nella roccia con tracce di gradini ed altri adattamenti interni, possibilmente connesso con il sottostante monastero di S. Pietro di Corcumello.