LA MARSICA DAL MONDO ITALICO AL MEDIOEVO

La fine dei villaggi perilacustri e di pianura dell’Età del bronzo nel corso del IX secolo a.C., ben evidenziata dalle ricerche dell’Irti e ricordata dalla saga marsa di Archippe (PLnvio, Nat., m, 108), segna l’abbandono del sistema insediamentale basato su villaggi di pianura, perdurato per tutto l’arco della preistoria. Anche se materiali di superficie testimoniano il permanere di piccoli insediamenti nella prima età del ferro a quote superiori, pur tuttavia essi non arrivano che ai primi apporti della cultura villanoviana, scomparendo del tutto sul finire del IX ed inizi e prima metà dell’VIII secolo a.C., come nel caso della localita Fonte Jo di Collelongo, di Sant’Angelo di Luco dei Marsi, di Case Madonna di Scurcola Marsicana e Auretino di Casal Martino di Ovindoli.

Le ragioni di questo abbandono della rete dei villaggi di pianura e di collina, non va ricercata nel solo vasto fenomeno climatico di impaludamento dei piani, verificatosi in Italia nei primi decenni del IX secolo, ma anche dall’aumento della conflittualità dell’area dato dallo sviluppo della proprietà privata, della pratica agricolo-pastorale, della sovrappopolazione e dall’emergere di ”capi” guerrieri negli insediamenti. Il nuovo sistema economico-sociale e la realtà climatica della prima Età del ferro, causarono la nascita di un nuovo sistema insediamentale non più basato sui villaggi di collina e pianura, ma sui centri fortificati d’altura. Con l’incastellamento italico della fine del ix secolo entriamo in pieno nella grande unita culturale ”safina” che interesso tutta la dorsale appenninica centrale ed in cui si formarono le popolazioni storiche che occuparono il suolo marsicano. Le caratteristiche più evidenti di questa nuova realtà culturale appenninica dell’Età del ferro sono rappresentate dalle centinaia di centri fortificati d’altura (ocres in lingua safina) e dalle relative grandi necropoli di tombe a tumulo, impiantate in zone alluvionali di pianura sui resti o nelle vicinanze dei siti abitati nell’Età del bronzo.

Le nuove tipologie insediative, il cambiamento socio-economico e il diverso corso climatico, sono documentate in area molisana, nel Cicolano, in Umbria ed in Italia settentrionale, in area celto-ligure. La conferma della nascita della rete degli ocres nel X-IX secolo a.C. e del loro sviluppo successivo, e coperta dai due piccoli centri fortificati e dal medio (Vallo di San Nicola) del Piano di San Nicola di Gioia dei Marsi, che hanno permesso di studiare le strutture e le consistenze ceramiche di un sistema integrato di insediamenti fortificati dell’Età del ferro posti sui mille metri di quota, del loro abbandono agli inizi del v secolo e la nascita di un nuovo medio centro in una nuova posizione strategica. Strettamente collegate con gli ocres dell’Età del ferro sono le vaste necropoli di tombe a tumulo circolare e steli anepigrafi all’esterno, contenenti inumati con corredo composto da soli oggetti di metàllo e vasellame bronzeo.

L’uso del solo materiale metallico nel corredo tombale e la mancanza di vasellame ceramico, e una costante nel rituale funerario marsicano dall’Età del bronzo fino alla Guerra Sociale degli inizi del i secolo a.C. e costituisce l’elemento differenziante della ”cultura fucense” nell’ambito della Civiltà Safina, con attestazioni nelle necropoli marse ed eque, contenenti popolazioni derivate dalla originaria ”cultura fucense” dell’Età del ferro. Le grandi necropoli di pianura costituivano, in area di cultura safina, un punto di riferimento cultuale monumentalizzato delle comunità insediate nei centri fortificati d’altura. E probabile, dato il loro sovrapporsi a precedenti insediamenti del Bronzo finale che, in corrispondenza delle stele dei tumuli, si praticasse il ”culto degli Antenati” (Dis Angitibus), ampiamente documentato nelle grotte fucensi per l’età dei metalli e successiva. E di recente la scoperta del grande tumulo del Colle degli Scheletri nelle vicinanze di Forme di Massa d’Albe e sotto il nuovo ocre dell’Età del ferro di ”Scurcole” posto a controllo del valico di Capo La Maina.

Si tratta del più grosso tumulo circolare della Marsica realizzato attraverso l’utilizzazione di una collina circolare artificialmente adattata con la presenza di alte steli anepigrafi. In complesso il periodo compreso fra il IX e IV secolo a.C. e caratterizzato da una particolare struttura insediamentale incastellata con ocres di piccole e medie dimensioni per il rxvt secolo e grossi centri fortificati distrettuali per il V-IV secolo a.C. posti sulle alture prospicienti il lago e lungo le valli. La svolta urbana del v secolo, evidenziata in tutta l’area della ”comunità safina”, porta alla nascita di notevoli centri fortificati come, per esempio, Milionia nella valle del Giovenco con ben 30-32 ettari interni. Non sempre pero si realizzano ex novo altri ocres: il più delle volte i piccoli centri di eta regia sono racchiusi o ampliati da una o più cinte, con il primitivo nucleo apicale utilizzato come arx.

Ma l’esempio più significativo, in area di cultura fucense, si ha nella seconda meta del IV secolo con la creazione della imponente e sofisticata cinta muraria della ”città-santuario” di Anxa-Angitia in perfetta opera poligonale di m e iv maniera. Le strutture difensive e la sistemazione scenografica interna con terrazze degradanti sul pendio, fanno di Anxa nel w secolo una delle più grosse ed importanti realizzazioni urbane in area centro-italica. L’innovazione urbanistica e dovuta alla presenza del celebre santuario nazionale marso dedicato alla dea fucense A(n)ctia, posto nella parte bassa dell’insediamento in vicinanza delle rive lacustri. Fra il IX e IV secolo a.C. si hanno le prime testimonianze di luoghi di culto, soprattutto nelle grotte di Ortucchio, Venere, Trasacco ed Avezzano, con depositi di vasellame ceramico votivo all’esterno di grotte utilizzate come sepoltura dal Paleolitico all’Eneolitico: luoghi probabilmente legati al ”culto degli Antenati”.

L’esempio più spettacolare e rappresentato pero dalla Grotta di Ciccio Felice di Avezzano che, nel VII secolo, fu trasformata in un vero e proprio santuario con la realizzazione di ben sei mensce, ricavate nel banco roccioso dell’ambiente aperto all’esterno, molto probabilmente, per riti di incubazione. Tra i santuari all’aperto, di cui non conosciamo, per questa fase, le consistenze architettoniche, vanno segnalati quelli di Bisegna e Trasacco con piccole stipi di vasetti miniaturistici ad impasto e Marte combattenti in bronzo: quello gia citato di A(n)ctia a Luco dei Marsi con vasellame ad impasto, quello distrutto della Cava Celi Salvatore fra Alba Fucens e Magliano dei Marsi con laminette bronzee di offerenti e infine quello di Rivoli (Milionia) di Ortona dei Marsi.

Elemento caratterizzante la metallurgia fucense dell’età del ferro e il tipico disco-corazza in lamina di bronzo, portato a coppia per protezione del cuore (sul petto e sulla schiena) dai ceti emergenti fucensi a partire dall’VIII secolo a.C. Una produzione metallurgica notevole, studiata dall’amica Raffaella Papi, durata tre secoli e caratterizzata da elaboratissimi dischi circolari ricoperti da decorazioni geometriche, geometriche – orientalizzanti ed orientalizzanti realizzate ad incisione e sbalzo, con esemplari diffusi in tutta l’area centro-italica. Dopo il momento iniziale di appartenenza alla grande ”comunita safina” appenninica dell’Eta del ferro, con il v secolo a.C., si verifica la ripartizione del territorio marsicano nel quadro della nascita delle repubbliche safine, con i Marsi occupanti l’alveo fucense ed altopiani e valli collegate, gli Equi nei Piani Palentini e la piana carseolana, i Volsci nella bassa Val Roveto (Balsorano) e i Pentri atinati nell’alta Valle del Sangro (nel tratto CampomizzoBarrea).

Testi del prof. Giuseppe Grossi

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