Dopo la Guerra Sociale, in età giulio-claudia si ha la nascita del sistema municipale e il definitivo abbandono degli ocres a favore dei vici e fundi. La prova di questo abbandono ci e offerta dagli ocres di Bonaria di Lecce nei Marsi e Mesula di Ortucchio, che presentano necropoli di età giulio-claudia nell’interno e che si sovrappongono ad edifici in poligonale ed opera incerta cosparsi di frammenti ceramici a vernice nera. Lo stesso fenomeno e avvertibile anche nel grande vicus di S. Castro di Amplero che subisce una notevole contrazione dopo la Guerra Sociale con l’abbandono di gran parte dell’abitato e dell’acropoli, probabilmente a favore dell’insediamento di Arciprete di Ortucchio o di altri insediamenti della Vallelonga.
Un fenomeno diverso e riscontrabile nell’ocri di Cirmo di Lecce dei Marsi, l’acropoli del vecus Anninas, che presenta una continua vitalita fino alla fase della sigillata italica con la presenza di un piccolo abitato interno, probabilmente affiancato ad un’area cultuale. Il nucleo principale del vicus Anninus e però da ubicare a Castelluccio, nel triangolo compreso fra i corsi dei torrenti Sant’Emma e Tavana, con al vertice la chiesa di Sancti Martini in Anne o Agne citata nel XII secolo e continuatrice del santuario italico-romano della dea Valetudo situato lungo il Rio Tavana; il nome del vicus sopravvive, inoltre, per tutto l’alto medioevo col nome di An(n)jo nelle cronache monastiche casauriensi e cassinesi per gli anni 849-850, 1028 e 1031 (Lib.Instr., cc. 66r.-66v., 190v.-l91r.; Chron.Mon.Casin., n, 55, pp. 273-274), per poi trasformarsi in Agne. Non tutti gli ocres vengono abbandonati; infatti, i più grandi di essi, in avanzata fase urbana, come Anxa e Antinum, diventano sedi municipali. Solo Marruvium viene edificato ex-novo, come provano le recenti ricerche, in un luogo precedentemente occupato da un insediamento dell’Età del bronzo e da un successivo vicus dotato di un’area di culto dedicata agli dei Novensidi.
Ne si può pensare all’ocri di Rocca Vecchia di Pescina come sede arcaico-repubblicana dei Marruvini, giacche il vicus relativo di età repubblicana e posizionato sul sito storico basso di Pescina, nelle vicinanze del corso del Giovenco. La sede arcaica della comunità marruvina va cercata invece nel centro fortificato di Cocume di Pescina. Dalla metà del I secolo a.C. si sviluppa nel territorio fucense una raffinata tipologia di monumenti funerari rupestri con piccole o grandi camere ricavate sulle pareti rocciose esposte verso il lago e chiuse da porte in pietra scorrevoli su cardini o ”a saracinesca”; tombe rupestri di cui si hanno mirabili esempi ad Aielli (Cela-Foce, Rio di Aielli), Pescina (Rupe di Venere), Ortucchio (Mesula), Lecce nei Marsi (Santa Lucia, Taroti e Castelluccio) e Gioia dei Marsi (Gioia Vecchia).
Le necropoli di tradizione italica, come nel caso di Amplero, si dispongono in modo scenografico sui pendii bassi lungo le valli con tombe a fossa, a loculo ed a camera raccordate da muretti continui e contrassegnate da stele-porta. Alla metà del i secolo a.C. la Marsica presenta cinque municipia inseriti nella iv Regione augustea (Sabina et Samnium): la vecchia colonia romana di Carseoli, iscritta alla tribu Aniensis; l’altra colonia romana di Alba Fucens, iscritta alla tribu Fabia; la città-santuario marsa di Anxa, il vecchio vicus marso di Marruvium e l’oppidum marso di Antinum, iscritti alla tribu Sergia. L’enclave montana posta fra Pescasseroli e Barrea, attribuita al municipio di Atina ed iscritta alla tribu Teretina.
Nei nuovi municipia marsi s’insedia la classe dirigente italica sopravvissuta alla Guerra Sociale e nuovi arrivati, prevalentemente liberti, che costellano i territori municipali di ville rustiche ad economia agro-pastorale. Sono solo due i nomi di fundi conservati nella documentazione epigrafica, il fun/dusJ Favillenianus di Celano e il f(undus). Tironianus di Pescina (CIL IX, 3651-3674). Altri fundi sono segnalati da sigilli, resti e sopravvenienze toponomastiche altomedievali, come i fundi: Avidianus ad Avezzano, Mallianus a Magliano e Collarmele, Aurelianus a Collelongo, Sempronius a San Giovanni Valle Roveto, Camerius a Tagliacozzo, Porcianus e Oretinus a Celano, Secundianus e Paternianus a Paterno, Curianus a Lecce dei Marsi, Ratinus a Trasacco, ecc. Sul finire del II secolo si evidenzia il fenomeno di abbandono di gran parte delle ville romane poste a quote altimetriche superiori (San Rocco di Opi e San Potito di Ovindoli) a vantaggio di quelle poste nelle vicinanze dell’alveo fucense.
Di estrema importanza sono i lavori prosciugamento parziale del Fucino attuati dagli imperatori romani dal i agli inizi del m secolo d.C. (Claudio, Traiano, Adriano) con la realizzazione della più grande opera idraulica romana, l’emissario romano: le terre emerse, appositamente centuriate, costituiranno una base economica solida dei municipi affacciati sull’alveo lacustre (Alba, Marruvio e Anxa). Sul finire dell’Imperò romano la Marsica fu inserita nell’Urbica Dioecesis ed assegnata alla Provincia Valeria, regione attraversata nel 410-412 dagli eserciti barbarici di Alarico ed i Visigoti. Nell’inverno del 537-538 la provincia Valeria e riconquistata dalle truppe bizantine condotte dal duca Giovanni inviato dal generale Belisario e dall’imperatore Giustiniano:
Giovanni provenendo dall’area adriatica stabilisce il suo quartiere d’inverno proprio ad Alba Fucens sul finire del 537. Dopo aver ripreso Roma e ucciso Uliteo, zio di Vitige, riconquisto il Piceno fino a Rimini. Le distruzioni ed i massacri dei Visigoti e dei Bizantini a scapito delle popolazioni civili locali e la successiva pressione fiscale dei Bizantini, portarono nel solo Piceno alla morte per fame ben 50.000 contadini. La guerra gotico-bizantina mette in forte crisi il sistema municipale tardoantico e le ville del territorio. La prova della difficolta del vivere negli insediamenti di pianura di quei tempi, fra Bizantini, Goti e successivi Longobardi, e data dal ritrovamento di materiali di quest’epoca sulle alture una volta occupate dai centri fortificati dei Marsi: ceramica sigillata africana di vI secolo (tipo Hayes 87) sul centro fortificato di Milionia a Rivoli di Ortona dei Marsi, sull’altura di San Vittorino di Celano; una fibula in bronzo a forma di pavone di VI- VII secolo sul Monte Secine di Aielli.
Rinvenimenti che attestano il ritorno, a scopo difensivo, sulle alture fra il VI e VII da parte degli abitanti dei vici e fundi marsicani. Poche sono le necropoli che conosciamo di questo periodo con sepolture che riutilizzano tombe d’età giulio-claudia nel corso del vl-vti secolo (come attestato nella necropoli di Sant’Agostino di Aielli) e le povere inumazioni presenti nell’area dei due templi di Anxa. Indizi della distruttiva successiva conquista longobarda sono, probabilmente, riscontrabili nei Piani Palentini e nell’area di Vico di Avezzano, con la fine delle locali strutture fondiarie tardoantiche romane che terminano la loro vita agli inizi del vn secolo.