Il Liri, che comincia a scorrere nella nostra valle dopo pochissimi chilometri di distanza dalla sorgente, e senza dubbio il nostro nome geografico più remoto nel tempo. Esso conobbe tutto il passato di Valle Roveto e continuo poi per millenni a trascinare con se fino al mare il racconto a noi ignoto delle epoche geologiche e la segreta storia dei fatti primitivi da quando l’uomo apparve per la prima volta in questa regione. Avrà visitato la Valle Roveto il geografo greco Strabone (65 circa a.C. – 24 circa d.C.), che fa scendere con impeto verso Sora il fiume Liri, chiamato Clanis anticamente, diretto al Tirreno per Fregelle e Minturno? E quando apparve sulle prime carte geografiche la terra bagnata nel primo tratto del suo corso dal Liri, che poi, a pochi chilometri dalla foce, prende il nome di Garigliano? può sembrare la nostra una digressione, ma e opportuno subito dire che la Geografia solo in tempi a noi molto vicini ha compiuto progressi straordinari. Fino al secolo XVI Tolomeo (100-178 d. C.) rimase l’unico e incontrastato autore in tale materia.
Le 27 carte geografiche dell’autore dell’Almagesto furono le sole a circolare per circa 14 secoli e a dare una vaga immagine del mondo conosciuto. Dal IV secolo al XVI della nostra era! Quale posto mai poteva trovare in quelle carte una piccola e povera regione, come la nostra, se città e luoghi molto più importanti vennero trascurati o confusi, e spesso neppure citati? così in geografia segno per Valle Roveto un periodo nuovo solo il secolo XVI. Il Rinascimento diede il nuovo indirizzo: solo nel periodo del Rinascimento cominciano a circolare per tutta l’Europa in raccolte sistematiche le nuove carte geografiche, che sempre più perfezionandosi, ci hanno fatto conoscere il mondo e fissato sulla carte tutte le regioni, anche le meno note. Sotto il pontificato di Gregorio XIII (1572-1585), fu costruita nei Palazzi Vaticani la Galleria delle Carte Geografiche da Ottaviano Mascherino.
Furono affrescate sulle pareti della Galleria, su disegno del domenicano Ignazio Danti, poi Vescovo di Alatri (1583-1586), tutte le regioni d’Italia. Restaurate al tempo di Urbano VIII (1623-1644), queste Carte Geografiche costituiscono il documento cartografico più importante dell’ultimo Rinascimento. Nell’affresco dell’Italia Nova, che appare visibilissimo, e ricordata Ciu. d’Antina. Riporto il suo nome come e scritto nella parete. L’odierna Civita d’Antino e designata con uno dei suoi nomi medioevali: Antina o Antena, infatti, ricorrono spesso nelle cronache dei primi tre secoli del secondo millennio della nostra era. In una seconda carta geografica, che descrive l’Italia Antiqua, al posto di Ciu. d’Antina troviamo Anxantia. Pochi anni dopo, come dirò subito, anche Filippo Cluver, che molto probabilmente attinse per la sua opera alle stesse fonti storiche degli affreschi vaticani, incorse nello stesso errore. Questa carta, conforme a quanto tramandato dagli antichi geografi Strabone e Tolomeo, presenta i Marsi quasi confinanti col territorio di Sora. In altri termini i confini tra Marsi e Volsci sono più o meno quelli attuali delle province dell’Aquila e di Frosinone. In una terza carta geografica della Galleria, quella dell’antico Aprutium, che comprende tutto l’odierno Abruzzo (ed io mi limito al solo bacino del Liri, dalla sorgente del fiume alla sua uscita dalla Valle Roveto), sono ricordati paesi, situati a sinistra e a destra del Liri. Ne riporto i nomi come si leggono anche oggi da chi si reca a visitare i Musei Vaticani.
I nomi non sono tutti esatti. E facile pensare che gli errori siano dovuti a chi ebbe l’incarico di trascriverli sulle pareti: egli non conosceva certamente i nostri paesi nella loro giusta grafia. Il lettore di questo mio studio li troverà nelle note col loro autentico nome e con lo stesso ordine della Galleria Vaticana. A sinistra del Liri, che nasce a Capodocio (Cappadocia) sono riportate in ordine le seguenti località: La Petrella, C. di Fiume, Capistrello, Bocca dell’Emiliano, C. d’Antona, Morro, S. Giovanni, C. di Grano. Un errore madornale trovare Bocca dell’Emiliano al posto di Bocca dell’Emissario! Si tratta dell’emissario dell’imperatore Claudio. Civita d’Antona sta in luogo di Civita d’Antino e Morro in luogo di Morrea. Altro errore sorprendente e C. di Grano (Castel di Grano) per Balsorano. Una strana novita questo nome! Che Balsorano si chiamasse Balsorano nel secolo XVI e noto da tutti i documenti. Tutto al più si scriveva Balzarano, Balzerano o Balzorano, ma mai Castel di Grano. Intanto la confusione, creata da questo ultimo nome, porto a dare una falsa etimologia ed una falsa interpretazione di Balsorano; infatti lo stemma di Balsorano, creduto Castello del Grano, presenta anche oggi un fascio di spighe di grano: uno stemma che non ha nulla a che fare con Valle Sorana, il vero antico nome, che, corrompendosi col tempo, diede origine a Balsorano.
A destra del Liri, nella carta che vado analizzando, si trovano Peschio canale, Canestro, Civitella, Merino, Aondenara, A. de vino. Anche qui quella che fu sempre Rocca de Vivo, fin dal secolo XII, e diventata per err-ore R. (Rocca) de vino. Nella carta geografica dell’Italia antica, inserita nel testo di Geografia di Filippo Cluverio (1580-1623), troviamo Anxantia sulla riva sinistra del Liris. La località e posta precisamente nella posizione di Civita d’Antino (l’antica Antino). Come e facile vedere, questo geografo della prima metà del seicento, ha confuso grossolanamente Antino, la cui identita non ammette discussione, con Anxantia, località fino ad oggi incerta tra gli storici sulla sua antica ubicazione e derivata sicuramente dal popolo degli Anxantini, di cui parla Plinio nella sua Storia Naturale e di cui si parlera esaurientemente nel presente lavoro nel capitolo sugli Antinati.
Lo stesso autore, il Cluverio, nella breve e rapida descrizione delle genti, che popolarono l’Italia centrale, e delle loro principali città, commette una altro gravissimo errore, confondendo Marruvium, la più importante città dei Marsi, costruita sulla riva orientale del Fucino (l’odierno S. Benedetto dei Marss’), con Morrea, piccola frazione del Comune di S. Vincenzo Valleroveto. Tra Marruvium e Morrea c’e solo assonanza nei nomi e nulla piu; e questa assonanza avra certamente indotto in errore il Cluverio. Non dimentichiamo pero che erano i primi tentativi di carte geografiche e che il Cluverio si era cimentato in una ardua fatica: la descrizione di tutto il mondo allora conosciuto. Inoltre la storia non aveva fatto i progressi dei secoli XIX e XX.
Anche Muzio Febonio, lo storico dei Marsi, ha inserito nella sua opera una cartina geografica della Marsica. In questa cartina sono designate due località di Valle Roveto: il paesello di Pescocanale e la Serra S. Antonio, sul crinale dei Monti Simbruini. Vi e pure tracciata, in modo molto vago e rudimentale, una linea, che nell’intenzione dell’autore, voleva segnare il corso del fiume Liri. Il Febonio parlava della Valle Roveto soltanto incidentalmente, come regione di confine della sua diocesi. Egli in particolar modo doveva interessarsi della Marsica e della diocesi dei Marsi. Infatti, la sua carta geografica porta la seguente didascalia: Nomina oppidor. Dioecesis Marsor… Dopo questi cenni, ritorno al fiume Liri e alla Valle Roveto. A circa 1000 metri sul livello del mare, presso la località di Cappadocia, sorge il Liri, che da subito il suo nome al paese posto dirimpetto alle sue sorgenti, Petrella Liri. Scende poi impetuosamente ed inizia il cammino per la stretta Valle della Nerfa. Da Cappadocia a Minturno percorrerà 158 chilometri.
Lo storico fiume, che si lascia a sinistra Pagliara e poi Capistrello e scorre in una gola, a volte angustissima, dopo aver ricevuto, a destra, prima dell’emissario del Fucino, le acque della Valle del Mezzone, giunge al Canale. Il Canale, così documentato da un millennio, un corridoio fra due pareti di rocce, che lascia il Liri passare dalla Valle della Nerfa alla Valle Roveto, da il nome al paesello dominante dall’alto della rupe: Pescocanale (m. 691). La piccola valletta, chiusa fra Capistrello e Pescocanale, attraversata dal Liri e dalla strada ferrata Roccasecca-Avezzano, vista dal ponticello del fiume, e una conca di rara bellezza. L’orrido e il pittoresco, il rupestre e il verde, le cime lontane dei monti e gli strapiombi delle rocce vicine, lo scroscio delle acque e l’azzurro del cielo, la ferrovia che si nasconde nelle gallerie e poi riappare improvvisa, come le case che si aggrappano sulla pendice, fanno di questa valletta un luogo straordinario che pochi sanno.
Il Liri cosi, dopo la gola di Pescocanale, trova davanti a se la Valle Roveto, che si apre larga e stupenda da nord a sud, fiancheggiata a destra dalle catene dei Simbruini e degli Ernici e a sinistra da un’altra catena che divide la nostra valle dalla conca del Fucino. Questa catena, partendo da M. Salviano (m. 900), correndo quasi parallela ai Monti Simbruini, da M. Orbetta (m. 1551) giunge ai m. 2003 di M. Cornacchia, ai confini tra Balsorano (L’Aquila) e Pescosolido (Frosinone). Una visione superba per i suoi panorami e il suo alpestre paesaggio offre la Valle Roveto a chi, venendo da Avezzano, dopo il Km. 14 della nazionale 82, lascia l’abitato di Capistrello, e, percorrendo la strada suddetta, scavata sul dorso della montagna, scende da quota 700, per continue curve, verso Civitella Roveto (m. 562), situata presso a poco al centro della valle.
Così dalla strada, difesa dalla montagna e da una salda muraglia di pietra, vediamo, come stando su un balcone, Pescocanale, che si arrampica lassù con le sue vispe casette. Giù, nel fondo della Valle Roveto, serpeggia il Liri, mentre al di la del fiume, su un colle, circondato da castagneti, si scorge Canistro Alto (m. 826). Ai suoi piedi e sorta oggi la grossa borgata di Santacroce (m. 554), diventata poi Canistro e capoluogo del Comune. Non abbiamo pianure in Valle Roveto. Solo nel fondo della valle insignificanti zone piane, soggette ad essere inondate, ogni qual volta il fiume e in piena. Tutta la valle e accidentata. Colline e burroni scendono dalle due catene montuose. Altre colline, particolarmente nella zona occidentale, corrono pararrele alle montagne e formano spesso altre piccole valli, anzi a volte delle incantevoli conche. Su Canistro domina Monte Viperella (m. 1836). Poi, volgendoci a sud, per i confini che separano Valle Roveto dalla provincia di Frosinone, incontriamo il valico della Serra S. Antonio (m. 1601), ove da pochi anni transita la strada carrozzabile che unisce Capistrello a Filettino.
La catena si innalza sempre di più e cosi, nel massiccio dei Cantari, troviamo la vetta più alta, il Monte Viglio (m. 2156). Alle pendici dei Cantari e metà (m. 1051), frazione di Civitella Roveto. Dal Viglio l’altezza discende. Il territorio montuoso della Valle Roveto si distende più largo e forma un arco che tocca Monte Pratiglio (m. 1887), Monte Crepacuore (m. 1997), Monte Pozzotello (m. 1915) e Campovano (m. 1992). A Monte Ortara (m. 1913) abbiamo L’estremita dell’arco e il punto più lontano dal centro della Valle Roveto. Da qui l’arco rientra e i confini con la provincia di Frosinone, passando non molto lungi a Monte Rotondo (m. 1801), lambiscono prima Monte Ferrera (m. 1421), salgono a Monte Prato (m. 1806), dominano Colle Camillo (m. 1014) e il paese di Rendinara (m. 914), riprendono quota a Monte Ginepro (m. 1971) per culminare a metri 2037 col Monte Pizzodeta. Questo, visto da Balsorano, sembra una piramide superba lanciata al cielo. Da Monte Pizzodeta la catena montuosa precipita giù al Vado della Rocca (m. 1566), poi ripiglia a salire fino a Serra Comune (m. 1862), proseguendo verso Serra Alta (m. 1710).
Da quest’ultima zona scende una linea giù nella valle, attraversa la ferrovia Roccasecca-Avezzano, il Liri e la strada nazionale al Km. 48, risale per Colle Castagno, si lascia a sinistra Ridotti, frazione di Balsorano e si porta a quota 2003: Monte Cornacchia. Sono segnati da questa linea i confini meridionali della Valle Roveto e della Provincia di Frosinone. La catena che domina ad oriente la Valle Roveto, partendo dai Tre Confini (m. 1998) e andando verso nord, presenta le cime di Colle Vallanetta (m. 1970), Monte Breccioso (m. 1982), Colle Pizzuto (m. 1709) e Colle Mattoni (m. 1528), nei cui pressi un nome, il Fontanile di S. Elia, ci richiama a ricordi lontani, ad una memoria sacra, oggi sepolta dal tempo. Sempre puntando a nord, da Forca Colubrica (m. 1553) passiamo a Colle La Croce, che domina Morrea (m. 760) e al Santuario della Madonna della Ritornata (circa m. 1200), attraversiamo la zona del Laghetto (circa m. 1500), il Colle Stazzo Pavone (m. 1770), il Colle Grotta Ferretti (m. 1742), e dopo Monte Longagna (m. 1777) giungiamo a Monte Romanella (m. 1759), per ridiscendere subito su Monte Bello (m. 1573), ove svetta una croce di legno, visibile da Civitella Roveto. La catena montuosa, che abbiamo or ora descritta, separa la Valle Roveto dal territorio dei Comuni di Villavallelonga, di Collelongo, di Trasacco e di Luco dei Marsi. Infine, risalendo ancora a settentrione, di fronte a Canistro si leva Monte Orbetta (m. 1557).
Posto quasi all’inizio di Valle Roveto, avra questo monte, come ho già accennato, dato il nome alla nostra Valle, che attorno all’anno 1000 era conosciuta col nome di Valle di Qrbeto? più a settentrione ancora, il Colle La Ciocca (m. 1380). Tirando una linea da queste ultime alture in direzione di Monte Viperella, toccando le pendici di Pescocanale, avremo tracciato i confini settentrionali di Valle Roveto. Dopo aver dato i confini della Valle Roveto, torno alla sua descrizione generale, riprendendo le mosse da Civitella Roveto. Continuando da Civitella Roveto per la strada 82 verso mezzogiorno, ci lasciamo a sinistra Pero dei Santi, frazione sorta dopo il disastroso terremoto del 1915 con quegli abitanti di Civita d’Antino che abbandonarono il vecchio paese. In alto si scorge, sempre a sinistra, Civita d’Antino (m. 904), l’antica Antino, congiunta alla Nazionale da una comoda strada di circa 9 chilometri. Siamo ora arrivati alla stazione ferroviaria di Civita d’AntinoMorino. Oltrepassata la strada ferrata, al di la del Liri, all’inizio di una valle secondaria, senza dubbio la più larga fra le piccole valli di Valle Roveto, e sorto dopo il 1915 il nuovo Morino. La valle di Morino, che risalendo la corrente del Romito porta per la borgata di Grancia allo Schioppo, e fiancheggiata da un lato dal colle, ove sorgeva prima del terremoto l’antico Morino, e dall’alto alle colline che si susseguono ininterrottamente fino alle pendici di Rendinara. Questa conca meravigliosa, che in primavera e tutta un trionfo gj verde e di lussureggiante vegetazione, offre allo sguardo lo spettacolo della caduta dello Schioppo.
Le acque di esso, accresciute da altre sorgenti, formano il Romito, il fiumicello che corre ai piedi di Grancia per confondersi infine con le acque del Liri, dopo aver attraverso l’abitato del nuovo Morino. Lassù, sui monti, addossata alla rupe c’e un’antica chiesetta: la Madonna del Cauto, mentre a sinistra di chi guarda i Simbruini, proprio alle falde dei monti, e visibile il grosso paese di Rendinara, frazione di Morino. Dopo la stazione ferroviaria di Civita d’Antino-Morino, dove sono sorte in questi ultimi tempi molte case, sempre procedendo per la Nazionale 82, la Valle Roveto si restringe ancora. Al Km. 28 troviamo un punto più strozzato; poi immediatamente la valle si allarga di nuovo. A destra, sopra una collina, si adagia Castronovo (m. 525); per Castronovo, frazione di S. Vincenzo Valleroveto, passa la strada di 10 chilometri che allaccia Rendinara alla Nazionale. Intanto, dopo avere oltrepassato il bivio per Morrea Superiore al Km. 31 e le numerose case, sorte nella zona di Morrea Inferiore, siamo davanti alla Chiesa di S. Restituta.
E’ stata questa chiesa, esistente già nel secolo X, ricostruita dalle fondamenta dopo il bombardamento che, nel 1944, durante la seconda guerra mondiale, la distrusse. A Valle Scura, Km. 35, c’e il bivio per S. Vincenzo Valleroveto Vecchio (m. 565), l’antico paese, fino al 1915 sede del Comune; S. Vincenzo Vecchio e più oltre S. Vincenzo Valleroveto Superiore (m. 519) sono situati, a sinistra del Liri, su due colline, non molto distanti fra loro. Al Km. 36 invece, a destra, per una strada di poche centinaia di metri, si giunge, dopo avere attraversato un ponte sul Liri e il sottopassaggio della ferrovia, al nuovo S. Vincenzo Valleroveto (m. 340), sede del Comune. Procedendo ancora per la Nazionale 82, ci rimane a sinistra il gruppo di case di S. Giovanni Valleroveto Nuovo (m. 360) e infine, dopo il bivio, a destra, al Km. 40, per Roccavivi (m. 460) arriviamo a Balsorano (m. 337), ultimo Comune di Valle Roveto. A un chilometro e mezzo da Balsorano, a sinistra, si leva a 400 metri di altezza il Castello di Balsorano, appartenuto dal 1463 ai Piccolomini, passato nel secolo scorso ai Conti Lefebre, più tardi ai Marchesi di Casafuerte e solo da alcuni decenni agli attuali padroni, i signori Fiastri. In direzione del Castello, molto all’interno dei monti, a 970 metri sul livello del mare, come un nido di aquile, quasi alla cima di un erto e difficile vallone, e scavata la Grotta di S. Angelo. Seguono, a destra del Liri, in alto, la frazione di Collepiano (m. 470), al Km. 45, e a sinistra, sotto i monti, la frazione di Ridotti (circa m. 670). Collepiano e Ridotti fanno parte del Comune di Balsorano.
Al Km. 48 la Valle Roveto geografica è terminata La Valle Roveto, che ha inizio da Pescocanale, si prolunga dal Km. 14 al Km. 48 della Nazionale 82. Ora si allarga, ora si restringe, poi torna ad allargarsi, offrendo all’occhio del visitatore scene sempre nuove nei suoi colli ridenti, nei suoi ripidi valloni, scavati nella roccia della montagna, negli incantevoli paesaggi, nella molteplice serie di spettacoli che creano i contrafforti delle sue catene montuose. E un inserirsi di verde, di boschi, di alture, di valli che scendono dai monti o corrono parallele con essi. Delle valli, alcune sono percorse da acque perenni che si gettano dopo breve corso nel Liri, altre soltanto da torrenti scroscianti nel periodo invernale, durante piogge torrenziali o nello scioglimento delle nevi.
A Canistro, una copiosa sorgente, quella della Sponga, dopo una bella cascata, alimento un’antica cartiera. Ai piedi dei Cantari abbondanti acque (Capillacqua e Peschito) da tempi immemorabili hanno dato vita ai mulini di Civitella Roveto e di Meta. A Morino l’acqua del Romito e sfruttata con due salti da due centrali elettriche. Tutto il versante del Liri, a destra, e ricco di freschissime sorgenti. Non altrettanto possiamo dire del versante sinistro, dove non mancano acque sorgive, ma non certo sufficienti alle necessita delle popolazioni che vi abitano. Il Liri e ingrossato dalle acque della Sponga, da due piccoli ruscelli, che bagnano a destra e a sinistra l’altura ove sorge Civitella Roveto, dal Fosso di S. Benedetto, distante circa un chilometro dai due suddetti corsi di acqua, dal Romito di Morino, dal Riosondolo, che scende impetuoso da Rendinara, dal Sambuceto, che scorre nei pressi di Collepiano (Balsorano). Nel versante sinistro non si contano i numerosi torrenti che per j vari burroni, scavati nella montagna, portano acqua nel Liri nella stagione invernale o nel periodo delle piogge. Ricordo i principali, partendo dal sud: Torrente Confino poco dopo il Km. 48; subito dopo il Torrente Villa e quasi al Km. 46 il Torrente dei Sassi.
Proseguendo, incontriamo Torrente Maltempo al Km. 43, Torrente Bonome al Km. 40, Torrente Risacco al Km. 39,400, Torrente Blasetti al Km. 38,200, Torrente Fossatone al Km. 37,100, Torrente Coppeto al Km. 36,500, Torrente Marie al Km. 36,200, Torrente Lesca Longa al Km. 34,600, Torrente S. Elmo o Tenente, (non e esatto storicamente, si doveva scrivere piuttosto S. Erasmo oppure S. Eramo) al Km. 30,300, Torrente Roscia al Km. 29, Torrente Valle della Noce al Km. 28,900, Torrente Vallicella al Km. 28,300, Torrente Lanne al Km. ,27,800, Torrente della Mola al Km . 26,600, Torrente Casamara al Km. 26,100, Torrente di Capone al Km. 24,100, Torrente del Cavaliere al Km. 23,400, Torrente dei Giovenchi, che passa sotto il ponte di S. Nicola, dopo il Km. 22, all’ingresso dell’abitato di Civitella Roveto. Il Liri, rinomato fino a pochi anni fa per le sue trote squisite e che ha alimentato per varie generazioni con le sue acque numerosi mulini, servendo anche ad irrigare i campi del fondo valle, sfruttato da tre centrali elettriche (Canistro, Morino e Balsorano), si e ridotto in questi ultimi anni ad un rigagnolo, specialmente in estate. Per chi nacque e visse in questa terra e uno spettacolo desolante scorgere nel letto dell’antico fiume appena un rivolo, che corre tra grosse pietre, scoperte, e levigate dall’erosione del tempo.
Nulla di male che le acque del Liri diano una enorme energia annuale e concorrano ad alimentare industrie di altre città e di altri paesi e procurino benessere a tanti italiani. Ma quale beneficio hanno finora ricavato gli abitanti di Valle Roveto dallo sfruttamento del loro fiume? I paesi rivieraschi della valle, che videro privato il loro territorio delle acque del Liri, aspettano ancora che si renda loro giustizia. E fino ad oggi e mancato un adeguato compenso alla perdita di una impagabile ricchezza. Noi ci domandiamo. Quando anche da noi sorgerà una industria che rechi benessere ad una popolazione di una zona veramente depressa, costretta dalla povertà del suo suolo e dalla scarsita delle sue risorse ad emigrare e cercare altrove fortuna e lavoro?