LO CHALET TORLONIA (i restauri)

INTERVENTI DI RESTAURO:
· 1978 lavori: rifacimento del porticato, ripristino dal degradamento.
· 1992 Ditta Battista e Liberatore; importo 16.800.000 + IVA; lavori ultimati in data 20/5/1992; lavori: pavimento nuovo di legno di rovere (tavole di 4 m di lunghezza e 4 cm di spessore) con lavorazione identica a quella del pavimento esistente; montaggio e pulizia del vecchio materiale da asportare; massetto alto di 10 cm in calcestruzzo e sostituzione dei travi di sostegno; trattamento impregnante del legname utilizzato.
· 1994 Ditta Stefanucci Mario di Celano (AQ); importo 26.836.960 + IVA; lavori ultimati in data 8/7/1994; lavori: sostituzione di quelle parti maggiormente deteriorate e trattamento conservativo della struttura lignea dell’intero edificio.

Come già accennato in precedenza, la maggiore difficoltà incontrata nel ricostruire le vicende di questo manufatto ligneo è relativa all’effettivo ritrovamento di notizie che in qualche modo lo possano riguardare; ne è causa la condizione degli archivi preposti alla conservazione dei documenti ad esso relativi (Torlonia, Ente Fucino, Genio Civile di Avezzano, ecc.) e l’incendio sviluppatosi nell’opificio in cui fu costruito lo Chalet pochi anni dopo la sua realizzazione. Identica difficoltà si incontra per l’analisi diacronica dei restauri cui è stato sottoposto il manufatto di nostro interesse: il contributo documentario risulta pressoché inesistente. L’intero periodo che copre l’arco di tempo dalla realizzazione dell’opera fino ai nostri giorni, è documentato solamente da qualche vecchia foto e da pochissimi scritti, tra i quali quello in cui lo Chalet viene proposto come sede definitiva di reperti appartenenti al “Museo della civiltà contadina e pastorale”, realizzato in occasione del centenario del prosciugamento del lago Fucino (1977).

Intervento del 1978

Questo può ritenersi il primo vero intervento di restauro effettuato sul manufatto dopo la sua realizzazione. Dalle fotografie prese in tale occasione prima di iniziare i lavori (Foto 6), risulta evidente la condizione di grande degradamento in cui versava il manufatto alla fine degli anni settanta a causa del completo abbandono: il porticato esterno fatiscente; il pavimento ligneo privo di molti elementi; la tela dipinta del controsoffitto, completamente in rovina; le vetrate poste al di sopra del porticato esterno, prive di molti vetri; tutto, anche l’interno, invaso da piante rampicanti, la parte interna del tavolato delle pareti del corpo centrale con evidenti segni dell’acqua piovana.
I principali lavori che hanno costituito l’intervento di restauro si evincono soltanto dalla scarna documentazione fotografica del cantiere in attività.

Gli elementi della costruzione maggiormente danneggiati sono risultati la tela dipinta del controsoffitto del corpo centrale ed il porticato esterno, entrambi realizzati con materiali poco durevoli: il primo in quanto di tela, per di più direttamente esposta ad ogni infiltrazione d’acqua dal tetto; il secondo in quanto realizzato con rami e pali, dove abbonda l’alburno, scarsamente protetti dalle intemperie. La tela del controsoffitto e la struttura originale del porticato esterno sono stati completamente rimossi e sostituiti con copie più o meno conformi. E’ possibile confrontare l’intreccio dei rami formanti la struttura del porticato all’altezza della porta principale, tra una vecchia fotografia del 1911 e le fotografie in occasione di questo intervento; per la diversa disposizione dell’intreccio, risultano evidenti pregressi interventi di manutenzione ordinaria sulla struttura del porticato senza, però, poterne desumere l’entità. D’altra parte non è assolutamente ipotizzabile che l’alburno dei rami avesse potuto resistere per circa un secolo esposto alle intemperie come accade nel porticato dello Chalet Torlonia.

Poiché in nessun documento relativo agli altri interventi viene fatto cenno alla sostituzione dell’intera vetrata sul lato opposto all’ingresso principale, si ritiene che essa sia avvenuta in occasione di questo primo restauro. La diversità costruttiva dalle altre è evidente: manca l’apertura a vasistas e gli organi ausiliari metallici (cerniere, chiusure), inoltre le cornici dei vetri sono prive di moscapolo termine che si riferisce ad un particolare tipo di incastro fra montante e traversa di una cornice, in cui la linea di unione visibile dall’esterno procede per un tratto a 45°, per poi svoltare bruscamente a 90°. Il pavimento ligneo del corpo centrale, in questa fase è stato soltanto riparato sostituendo gli elementi non più efficienti e aggiungendoli laddove erano mancanti.

Sempre dalla documentazione fotografica si può ritenere anche che in questa occasione sia stata consolidata l’orditura sottostante al pavimento.
Tale consolidamento appare limitato alla sola messa in opera di blocchi cementizi e cunei in legno che ne completano l’appoggio, al disotto delle travi di sostegno.
La qualità di tale intervento denota scarsa conoscenza del materiale legno da parte degli artigiani e dei tecnici intervenuti per la manutenzione dello Chalet rispetto agli antichi colleghi che ne hanno curato la realizzazione.
Coloro che sono intervenuti recentemente, infatti, hanno trascurato la facilità con cui l’umidità viene trasmessa attraverso i blocchi di cemento fino a distruggere i cunei lignei, anche in breve tempo se essi abbondano di alburno.
All’origine, invece, c’erano soltanto cavalletti in legno massiccio, peraltro costituiti da pezzi in dimensione apprezzabile per evitare la presenza di alburno.

Intervento del 1992

Nel corso dell’intervento effettuato nel 1992, il pavimento ligneo del corpo centrale è stato completamente sostituito con altro simile; da quanto si legge nella documentazione relativa all’appalto dei lavori si può intuire che originariamente il pavimento fosse in castagno con spessore di 2,5 cm.
Oggi non è più possibile conoscere le condizioni reali del legname che formava il pavimento rimosso. Dalle fotografie che mostrano le condizioni prima dell’intervento appare notevole il numero di elementi mancanti; potrebbe esserne causa, però, la rimozione finalizzata ai necessari sopralluoghi previsti dalle procedure d’appalto dei lavori.

Per la sporcizia presente al momento del rilievo fotografico, inoltre, è impossibile verificare che sia effettivamente castagno la specie legnosa delle tavole originarie, come è anche impossibile effettuare una valutazione sulle condizioni del degradamento biotico. Ciò che è visibile attiene esclusivamente al macroscopico: fessure, ritiri, schegge mancanti. In ogni caso nulla appare in così grave da non poter essere recuperato con un restauro di buon livello.
Per effetto dell’intervento del 1992, il pavimento odierno è costituito da un tavolato in legno di Rovere dello spessore di 4 cm. La giustificazione alla scelta di una diversa specie legnosa è nell’oggettiva difficoltà, espressa dai falegnami cui fu offerto di eseguire i lavori, di reperire tavole grezze in castagno della lunghezza di 4 m; esse sarebbero state necessarie per la parte più perimetrale del pavimento, dovendo mantenere lo stesso disegno geometrico del pavimento da rimuovere.

In questa occasione sono stati eseguiti anche lavori per la sistemazione del vano sottostante al pavimento, adibito a funzioni di ventilazione e d’isolamento dal terreno: sostituzione di alcune travi a sostegno del pavimento; trattamento con impregnante; realizzazione sulla nuda terra di un massetto cementizio alto circa 10 cm. Lo scopo di quest’ultimo intervento non è affatto chiaro visto che gli appoggi preesistenti, cavalletti lignei e plinti metallici, aggirati con il cemento (foto 9), proseguono a svolgere le proprie funzioni con identiche modalità.
Si è costituita, però, una barriera alla fuoriuscita dell’umidità che, precedentemente, quando condensava, senza questo strato di cemento poteva essere drenata direttamente e rapidamente dal suolo.

I blocchi cementizi ed i cunei lignei precedentemente applicati a consolidamento dell’orditura sottostante, sono stati mantenuti: nessuno, di quanti hanno partecipato a diverso titolo al restauro, ha visto in questi elementi una possibile causa di deterioramento delle travi di sostegno, denotando un’insufficiente conoscenza del materiale.

Intervento del 1994

L’ultimo intervento di manutenzione effettuato, in ordine di tempo, sullo Chalet Torlonia è quello relativo all’anno 1994. Le indicazioni riportate nella perizia di stima dei lavori sono piuttosto generiche: sostituzione di quelle parti maggiormente deteriorate e trattamento conservativo con preservante dell’intero manufatto. Il porticato, nonostante fosse già stato completamente ricostruito nel 1978, è stato di nuovo interessato dalla sostituzione di due travi (lunghezza 5 m, diametro 12 cm, sezione semicircolare) e di venti falsi puntoni.
Per i pannelli laterali del corpo centrale era prevista la sostituzione delle doghe maggiormente deteriorate e la sostituzione di un elemento diagonale di controventatura; quest’ultimo appare ben visibile mentre non è stata rilevata alcuna doga sostituita. Su di esse, invece, sono evidenti diverse tracce di stucco.

La prevista la sistemazione della struttura portante del portone d’ingresso secondario, oggi bloccato, risulta limitata ad un superficiale e maldestro tentativo di ripristinare la funzionalità di un montante verticale di un’anta.
Sono stati riportati alla funzionalità i gocciolatoi e le grondaie delle falde del tetto. Si è provveduto, infine, alla sverniciatura, carteggiatura e stuccatura dell’intero manufatto prima di trattarlo con impregnante, dato a pennello due volte negli interni e tre negli esterni; in questa attività di ripulitura appare pesantemente utilizzato il “frullino” (disco abrasivo rotante) che ha cancellato ogni traccia originale di lavorazione e segnatura.

Da quanto appena detto e da come appare oggi il manufatto, si può tranquillamente affermare che, per lo scarso livello qualitativo dei lavori eseguiti, nulla può essere definito come intervento di recupero. Ogni intervento di recupero presuppone uno studio preliminare per valutare, con metodo tutt’altro che empirico, i problemi di degradamento sofferti dalla struttura; soltanto successivamente è possibile proporre interventi adatti a mantenere le antiche membrature senza trascurare la stabilità strutturale e la sicurezza.

Testi del dott. Roberto Romani

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