MARRUVIUM (La Domus)

Nell’odierno San Benedetto dei Marsi, antico municipium di Marruvium (2) in occasione di lavori da parte della SIP di ampliamento della rete telefonica mediante l’adozione di sistemi in fibra ottica, nel 1993 vennero alla luce strutture e piani pavimentali decorati a mosaico, di epoca romana, di notevole fattura e in ottimo stato di conservazione. A seguito di questo ritrovamento furono finanziate, da parte della Soprintendenza Archeologica dell’Abruzzo, due campagne di scavo, nel 1993 e nel 1994 (3) che hanno consentito di identificare i ritrovamenti come relativi ad una domus gentilizia.

I due momenti di indagine interessarono il settore est e, l’anno successivo, il settore ovest della via principale della cittadina, Corso Vittorio Veneto; lo scavo, che raggiungeva circa due metri di profondità, ha dovuto inevitabilmente affrontare tutti gli inconvenienti che derivano da indagini in aree urbane, dalla possibilità di lasciare almeno una corsia transitabile, ai problemi connessi con le intercettazioni delle infrastrutture moderne (acquedotto, fognature, cavi elettrici, ecc.).

Attualmente, l’amministrazione comunale ha deciso di realizzare un progetto che prevede la fruibilità e la valorizzazione dell’edificio; purtroppo non potranno essere inseriti in questa sede gli eventuali nuovi dati che proverranno da tale recupero, come i pavimenti relativi all’accesso della domus e agli ambienti più prossimi.
L’abitazione privata, che si sviluppa con un orientamento da nord-est verso sud-ovest, possiede tutti gli elementi tipici di una residenza urbana e la disposizione degli ambienti risulta quella canonica. Del complesso vanno sicuramente annotate le dimensioni dell’atrium (Amb. A – mt. 13.20×8.40) e quelle del tablinum ( Amb. B – mt. 7.20×3.80), dalla caratteristica forma allungata, attorno ai quali si aprono una serie di ambienti decorati con pavimentazioni in signino, in tessellatum bianco-nero, ovvero in scutulatum con inclusioni di scaglie di pietra policrome.

Dell’ingresso dell’abitazione è stata solo individuata una porzione della soglia di passaggio fra le fauces e l’atrium, caratterizzata da un tappetino in mosaico nero decorato con il motivo del cancellum in bianco: primo reticolato di quadrati di cm. 18 di lato a cui si sovrappone, nel senso della diagonale, un secondo reticolato di cm. 25 di lato (4).

Il tessellatum dell’atrio è di tessere nere (mm. 9) con inserzioni di tessere bianche (mm. 25) disposte in modo da formare due reticoli sovrapposti di quadrati, secondo un motivo diffuso nella seconda metà del 1 see.a.C.5. Nella grande sala d’ingresso trova collocazione l’impluvium (Amb. C – m. 3.60×4.40), realizzato con fondo di lastre di calcare; la cornice della vasca appariva spogliata in antico e, conseguentemente al taglio operato per asportare gli elementi lapidei, è stata rilevata la presenza dell’imbocco di una canalizzazione in corrispondenza dell’angolo nord della vasca, con pendenza verso settentrione. Il tablinum presenta un tappeto inquadrato da una balza marginale di tessere bianche e da una cornice nera di cm. 8 affiancata da tre filari di tessere bianche, verso il margine, e otto filari, verso il campo.

Il motivo del cancellum adottato in questo ambiente di passaggio è reso in nero su fondo bianco e prevede il doppio reticolato di quadrati che si sovrappongono nel senso della diagonale 6. Assolutamente particolari appaiono i tappetini, che limitano il tablinum all’entrata e verso il portico del peristilio (Amb. U).
Nel primo caso la soglia, che separa questo ambiente dall’atrium, rappresenta un edificio con arcate chiuse da cancellate, con griglie alternativamente di rombi e di quadrati obliqui; sopra il portico corre un fregio con triglifi su cui impostano una serie di timpani con merli; il motivo decorativo appare utilizzato, sempre come soglia di passaggio fra atrio e tablino, in una villa a Lanuvio, ma anche in una villa a Cori e nell’atrio della Casa del Cinghiale a Pompei (7).

Per quanto riguarda l’interpretazione di tale motivo, nel precedente contributo avevo ipotizzato che l’iconografia potesse riferirsi ai carceres di un circo (8), ma la similitudine con la costruzione architettonica in un mosaico da S. Cesareo, interpretato dal Coarelli come riferibile ai Navalia ( il porto tiberino di Roma) 9, suscita nuove riflessioni (10). Il tappetino musivo verso il giardino è costituito da una serie di esagoni campiti in nero (11), che includono stelle in tessere bianche a sei punte e, al centro, ancora esagoni in nero contornati da nastri con diversi motivi geometrici (a denti di lupo e a meandro). L’esempio più antico del motivo ad esagono è offerto dalla soglia del vano A della Casa di Livia, collocabile cronologicamente fra l’epoca cesariana e quella augustea (12).

Il portico del peristilio (Amb. U – largh. m. 2.80 circa) gira intorno ai quattro lati del giardino interno e il pavimento è uno scutulatum (13) consistente in una balza marginale bianca, ad ordito dritto, e in una fascia perimetrale di tessere nere. Il campo centrale è del tipo a canestro con tessere bianche rettangolari di ca. cm. 2 di lunghezza, disposte a coppie alternate nei due sensi, a cui si accostano, con una certa regolarità, tessere nere delle medesime dimensioni; nel campo ben risaltano le scaglie di pietre tenere di vario colore (rosse, nere, ocra, verdi), di forma quadrangolare, poste ad una distanza compresa fra i cm. 10 e i cm. 14.

Il lato nord-est del portico conserva anche una canaletta rivestita in cocciopesto atta a raccogliere le acque piovane della copertura del portico; la tettoia doveva essere spiovente verso l’interno del giardino e sostenuta da colonne in mattoni (si sono rinvenute una base ancora ìn situ nel lato sud-ovest (14) e frammenti di mattoni ad arco di cerchio). Parte del sistema idrico si è evidenziato con il ritrovamento di una fistula plumbea, passante al di sotto del portico nel punto in asse con il tablino, e in una canaletta in tegole e coppi, che corre alla base del lato nord-ovest del portico ed ha pendenza verso occidente. Attorno a questa serie di ambienti disposti lungo lo stesso asse (ingresso – atrio – tablino – portico – peristilio) si aprono ulteriori stanze che descriviamo procedendo in senso orario, a partire da quelle poste nel lato sud-est della domus.

Dell’amb. D si è scavata solo una piccola porzione; ad esso si accedeva attraverso una soglia decorata da un tappetino musivo quadrangolare, di cm. 80×70, con cornice di tessere nere che include un quadrato i cui angoli sono decorati da ventagli al centro dei quali è un cerchio formato da un cordone prospettíco con fiore centrale a sei petali. Il pavimento a mosaico della sala, contornato da due fasce nere, sembra essere decorato da un campo bianco nel quale triangoli neri in numero di sette determinano settori della larghezza di cm. 70, seperati da fasce decorate da triangoli neri in serie con il vertice verso il centro della base del triangolo precedente(15).

Le alae dell’atrium (Amb. F e Amb. P) sono segnalate, per tutta la loro larghezza, da tappetini con il moti contorno dei singoli elementi dell’ornato: MORRICONE MATINI 1985, p. 142-143, tav. 10, n. 3/6. 1-5 Fra la fine del I sec. a. C. e gli inizi dell’età imperiale sembra diffondersi un nuovo gusto decorativo che vede l’uso esteso dei motivi geometrici in bianco e nero, con campitura associata alla linea di vo dell’alternanza di meandri a svastica e meandri doppi; mentre la soglia dell’amb. P è obliterata da una struttura più tarda (vedi infra), la soglia dell’amb. F è visibile per intero e termina con due quadrati decorati al centro da una clessidra o da un triangolo con i lati a scala sormontato da due mezzi triangoli. Le due soglie differiscono solo per l’uso invertito dei colori: al positivo per l’amb. F (meandro nero su fondo bianco), al negativo per l’amb. P (meandro bianco su fondo nero). Confronti di epoca sillana sono offerti dalla vicina Alba Fucens 16 e dalla Casa dei grifi sul Palatino (17), mentre, associato a pitture di Secondo Stile, compare in varie abitazioni a Pompei (18). 1 pavimenti musivi delle alae consistono in un tappeto di tessere bianche oblique con fascia perimetrale di tessere nere (19).

A seguire è l’Amb. E, probabilmente un triclinium (m. 3.80×6.40), la cui entrata è decorata da un tappetino quadrangolare (cm. 80×70) di piccoli quadrati bianchi e neri (cm. 10 di lato) attraversati da linee diagonali a contrasto; la sala è decorata da un mosaico con il motivo del meandro continuo disegnato con nastri neri e da fasce nere in cui sono triangoli bianchi, collocati ciascuno con la punta verso il centro della base del triangolo contiguo. Il meandro forma delle svastiche a intervalli regolari e, negli spazi di risulta, sono inclusi dei quadrati. Il campo è inquadrato da una balza marginale bianca (più larga verso i lati lunghi) e da una fascia perimetrale nera (20). Il settore nord-occidentale della casa è quello che presenta più consistenti rimaneggiamenti e testimonia di una continuità d’uso che arriva sino all’età tardo-antica (ved. infra).

Lamb. R (m. 6.50 di lato), probabilmente da interpretare come oecus, ha una pavimentazione consistente in uno scutulatum su un battuto bianco-grigiastro: il tappeto centrale è decorato da un reticolo disegnato da tessere nere disposte a croce con tessera centrale. Spesso al centro dei quadrati così formati (cm. 13×13) sono inserite scaglie di pietra tenera, policrome, senza, tuttavia, la parvenza di un criterio geometriC021. Il tappeto è incomiciato da una fila di tessere nere disposte per angolo. Da rilevare con estrema attenzione il non coordinamento del tappeto con le strutture che delimitano la stanza: la balza marginale semplice dista dai muri da cm. 62 a cm. 88.

Dell’ala (amb. P) di questo settore abitativo abbiamo già detto; si può aggiungere che tale ambiente fu oggetto di rimaneggiamenti, che comportarono l’abbattimento del tramezzo di fondo ( di cui rimane l’impronta al negativo US – 222) e l’ampliamento della sala con il recupero di una fascia retrostante (m. 4.60×3.60), denominata amb. Q, pavimentata con un rozzo cocciopesto. Il rimaneggiamento è evidente nella linea di attacco fra i due tipi di pavimento: il mosaico conserva un massetlo preparatorio, che doveva perfettamente attestarsi con il tramezzo di fondo, il cocciopesto sigilla un riempimento incoerente di pietre, frammenti di laterizi, malta, calce e inclusi di carboni.

Anche sul muro di fondo (US 135) di questo nuovo ambiente (P+Q) si notano momenti di ristrutturazione, nel corso dei quali furono ricavati nella muratura, lungo la sua altezza, degli incavi rettangolari per l’alloggiamento di pali di una struttura lignea (US 151 a,b). In fase con questi rimaneggiamenti è sicuramente il tratto murario che ha obliterato l’originario tappetino della soglia dell’amb. P (US 136), realizzato con elementi di opera incerta e nucleo di frammenti di laterizi e pietre; intonacato di bianco su entrambe le pareti, si appoggia al muro sud-ovest dell’amb. P (US 137). Durante le indagini archeologiche in questo ambiente si è rinvenuto, perfettamente conservato, il crollo della copertura, evidentemente relativa all’ultima fase di utilizzo di questo settore abitativo.

Anche l’amb. N (m. 4.20 x 4) conserva testimonianza di consistenti restauri: era originariamente delimitato, nel lato nord-ovest, dalla struttura in opera incerta US 138, che al momento dello scavo è apparsa rasata a livello di fondazione; il lato sud-ovest è chiuso dall’US 153, in opera incerta, che sembra riprendere una struttura più antica (US 226), sempre in opera incerta, ma con caratteristiche diverse nel legante, che appare assai più inconsistente e di colore giallo senape; il muro conserva su entrambe le pareti l’intonaco bianco.

L’amb. N doveva essere separato dall’attiguo amb. K mediante un tramezzo (US 225): restano solo l’impronta (US – 185) della trave posta di taglio e fermata in origine da due paletti verticali, le tracce dei quali si con servano nella sezione del massetto del pavimento di K. Anche la soglia originaria dell’ambiente, che doveva essere inquadrata da due pilastri, è stata obliterata da un letto di cocciopesto nel corso delle trasformazioni successive, che hanno comportato l’ampliamento dell’accesso.

L’apparato musivo di questa stanza, che può interpretarsi come cubiculum, consiste in un tessellato bianco con cornice nera di sei file di tessere a ordito dritto, affiancata, su entrambi i lati, da tre file di tessere bianche a ordito dritto. Il campo è, invece, ad ordito obliquo piuttosto irregolare e a filari spezzati, messo in opera con tessere di dimensioni maggiori rispetto a quelle degli altri pavimenti (mm. 11 anziché mm. 9); la balza marginale, che varia di spessore (da cm. 28 sul lato sud-ovest, a cm. 32, sul lato nord-est) è in tessere allungate bianche di cm. 2×1, disposte a canestro.

Sul fondo dell’ambiente è una fascia larga circa un metro, con balza marginale bianca composta da tessere appaiate e campo dello stesso tipo, nel quale sono inserite tessere nere a distanza piuttosto ravvicinata. Retrostante all’amb. N, si è scavato un piccolo settore relativo all’amb. L, che conserva un lacerto di mosaico bianco con fascia periferica nera e balza marginale bianca a “canestrino”; anche il campo è di tessere rettangolari bianche, ma presenta l’inclusione di tessere nere o marroni, anch’esse disposte appaiate.

Segue l’amb. N il corridoio K, che dall’atrio conduceva alla parte nord-est della casa. Della soglia che sottolineava il cambiamento di stanza si conserva un piccolo lacerto, che mostra un motivo alternato di losanghe nere e bianche (22).
Il corridoio K è stato messo in luce, senza trovarne il termine, per una lunghezza di m. 4.20; l’impianto musivo è identico a quello del portico del peristilio (amb. U), con la variante che, anziché essere incorniciato da una fascia di tessere nere, il campo è inquadrato da un allineamento di scaglie policrome. Ancora più complessa è la successione delle strutture dell’amb. M.; in un primo momento era delimitato, nei lati sud-ovest e sud-est, da muri ortogonali in opera incerta (US 129 e US 206), poi ripresi in alzato, in seconda fase, da murature, sempre in opera incerta, ma con l’utilizzo anche di tegole fratte (US 130 e U S 152).

Alla seconda fase appartengono anche i due contrafforti US 131 e US 154, che si appoggiano al muro sud-ovest dell’amb. M, anch’essi realizzati in opera incerta e frammenti di laterizi nel nucleo. Il pavimento di prima fase sembra essere stato un tessellato di tessere rettangolari, bianche, disposte a canestrino (se ne conservano solo due file), mentre nella seconda fase, quando vengono costruiti i contrafforti che impostano sul mosaico, il piano pavimentale utilizzato sembra essere stato il semplice rudus del mosaico.

Gli ambb. G, J, S, T, appena individuati e parzialmente indagati mediante uno scavo a sezione obbligata della larghezza di ca. m. 1.40, testimoniano di vari rimaneggiamenti e cambi d’uso che non è stato possibile analizzare compiutamente; nell’amb. T è stato anche individuato un pozzo rettangolare costruito con murature in opera cementizia nella parte superiore (per un’altezza di cm. 80) e, nella parte inferiore, con elementi lapidei, anche di grandi dimensioni, messi in opera a secolo (23). Senz’altro questo gruppo stanze va messo in relazione con la parte prospiciente della domus, che si apriva sul fronte strada e il cui ingresso era probabilmente fiancheggiato da ambienti adibiti a tabernae o a locali di servizio.

Le analisi strutturali e delle tecniche edilizie, confrontate con gli apparati decorativi, hanno permesso di identificare almeno tre momenti salienti nella continuità d’uso del complesso residenziale:

1) Un primo impianto, di cui si conserva memoria in alcuni tratti murari realizzati con nucleo di scaglie lapidee legate da malta di cattiva qualità (friabile e terrosa) e con paramento in opera incerta di elementi di calcare locale, sbozzati e posti per testa; le fondazioni, pressoché inesistenti, sono costituite da uno zoccolo di cementizio e terra di ca. cm. 10-15, che sigilla un vespaio a sacco di schegge lapidee senza malta. In fase con tali strutture sembrano essere alcuni piani pavimentali: sicuramente il pavimento dell’amb. R, che mostra una tessitura non coordinata con le strutture. L’analisi strutturale e la tipología musiva fanno risalire questo primo momento costruttivo ad un ambito cronologico di fine Il sec. a. C.24

2) Un secondo momento è testimoniato dall’uso dell’opera incerta associata all’opera quasi reticolata25 come paramento di murature in cementizio, con presenza di malta di qualità e consistenza migliori rispetto al la precedente; l’opera incerta di elementi in calcare di dimensioni medio-grandi si regolarizza in prossimità delle aperture con l’utilizzo di cubilia in assise quasi obliqua, costruendo un quasi-reticolato con catene di chiusura e ammorsature angolari in blocchetti di opera quadrata. L’associazione intenzionale delle due tecniche murarie è evidente nelle strutture intorno l’atrio (amb. A) e si concretizza nelle cortine doubleface in cui l’opera quasi reticolata è presente nei paramenti verso la sala d’ingresso, mentre la sola opera incerta è adottata nei paramenti verso l’interno dei vari ambienti. Si segnala il tratto murario che separa l’amb.
A dall’amb. S, costruito con paramento in opera incerta, nel lato nordest, e in opera quasi reticolata, nel lato sud-ovest; il filare superiore è in cubilia tagliati a metà e ricoperti da un letto di malta, livellato in piano, quasi a prevedere l’allettamento di uno o più ricorsi di laterizi.

L’abitazione a questo punto viene realizzata usufruendo di strutture preesistenti e recuperando gli apparati musivi di pregio precedenti (come amb. R); in questa fase si mettono in opera tessellati geometrici in bianco-nero ( ambb. A, B, D, E, F, P), con motivi tradizionali già in uso in epoca sillana associati a motivi innovativí che compaiono fra l’epoca cesariana e l’epoca augustea26. Il programma decorativo della casa sembra rispondere ad un progetto definito anche nei più insignificanti particolari e, probabilmente, è frutto della creatività artistica di un mosaicista attivo anche in botteghe urbane, la cui perizia e il cui rigore sono ben supportati dalla conoscenza dei motivi decorativi più antichi. Se il primo impianto della domus può ascriversi ad un momento appena precedente la guerra sociale, fra l’epoca di Cesare ed Augusto va collocata la rivisitazione, raffinata, tradizionale, ma anche aggiornata, degli apparati musivi, probabilmente commissionata da un esponente della nobiltà murticipale (27).

L’esempio più evidente della sequenza cronologica di queste due fasi è nel fatto che alcuni lacerti murari di prima fase sopravvivono e conservano il rivestimento parietale di intonaco bianco sul quale si attestano i pavimenti successivi. Queste preesistenze strutturali sono più chiare nell’Amb. R e nel corridoio K. Nel muro nord-ovest di amb. R la struttura di prima fase (US 197) si rileva per un’altezza di cm. 33 e, nella parete occidentale, aggetta rispetto alla ripresa (US 146) di cm. 4; la ripresa stessa si imposta mediante un letto di malta ed un primo filare di tegole. Una cavità circolare (US – 190), rivestita di malta idraulica, attraversa in altezza la muratura di seconda fase e la bocca inferiore si apre al di sotto del filare di tegole con una parziale demolizione del paramento della struttura di prima fase.

Il muro che delimita la stanza verso sud-ovest (US 146/148) prevedeva originariamente un accesso diretto verso il portico U, con soglia lapidea di passaggio a cui si attesta il pavimento in battuto bianco-grigiastro; l’accesso fu poi richiuso con un’opera quasi reticolata, che ha demolito le mazzette della porta e ha obliterato la soglia. Tutte le riprese e le tamponature risultano celate dall’intonacatura che riveste tutte le pareti dalla sala, conservate per ca. cm. 50 di altezza. Le pitture riproducono pannelli di marmo brecciato giallo-rosso (numidico) e bianco-viola (pavonazzetto), separati da pannelli di minori dimensioni di colore giallo antico. La resa pittorica appare abbastanza realistica anche se non di buon livello qualitativo.

Simile è la sequenza che si rileva nell’amb. K dove il setto murario, che delimita il corridoio verso nord-est e lo separa dall’amb. M (vedi supra), presenta un’originaria struttura ripresa in elevato dall’US 130; anche in questo caso la ripresa poggia su un primo filare di tegole ed è caratterizzata dal tipo di malta e dalla presenza di alcuni elementi del paramento che sono posti di taglio. Inoltre un tubulo (US -193) realizzato nella muratura di seconda fase, con medesime caratteristiche di US -190, si apre inferiormente verso l’amb. M e sembra demolire il paramento della fase precedente (US 128). Anche l’analisi dei massetti pavimentali conforta l’ipotesi dei due momenti costruttivi: quelli attribuibili alla seconda fase sono realizzati con un nucleo molto consistente e compatto, di colore rosa carico, quello del pavimento dell’amb. R è costituito da un impasto incoerente di frammenti di pietre, calce e malta di colore bianco-grigio.

3) a vari momenti successivi, sino ad arrivare all’età tardo antica, vanno ascritte tutte quelle opere di rimaneggiamento, restauro, cambio di funzione che abbiamo rilevato soprattutto nel settore nord-ovest dell’abitazione, che vedono, nelle murature, il riutilizzo di elementi da costruzione propri dell’opera incerta o di cubilia (recuperati evidentemente da strutture della seconda fase) unitamente a tegole fratte o frammenti di laterizi; in questa fase i piani pavimentali consistono spesso solo di semplici cocciopesti. La fine dell’uso dell’edificio sembra testimoniato dal crollo della copertura rinvenuto negli ambb. P+Q, che celava consistenti aree di terreno fortemente combusto.

A partire dall’epoca alto medievale sono, infine, cominciate tutte quelle azioni di spoliazione degli elementi lapidei, soprattutto di grandi dimensioni, che hanno comportato il rasamento delle strutture murarie sino a quota pavimentale e l’asportazione dei blocchetti di opera quadrata utilizzati nelle catene di chiusura e nelle ammorsature angolari. Spesso queste azioni di saccheggio sono state così intense da arrivare sino in fondazione e questo è evidente in alcuni tratti murari e, soprattutto per i pilastri che fungevano da montanti delle porte delle varie stanze (rimangono solo le impronte al negativo di tali strutture).
Un livellamento di terreno limoso di tipo alluvionale, forse a seguito di qualche esondazione del Lago Fucino, sembra avere interessato l’area e celato definitivamente l’edificio; infine si è sovrapposto uno strato di terreno bruno, lungamente esposto, contenente frammenti di malta e di laterizi notevolmente erosi. Ad epoca moderna, successiva al terremoto del 1915, vanno riferiti gli interventi infrastrutturali che, spesso, hanno gravemente danneggiato le strutture antiche.


NOTE

1 Un contributo relativo a tale argomento è già apparso in CAMPANELLI-CAIROLI, 1995, pp. 85-104; in esso, la scrivente trattava della domus di Marruviuni e, vista la particolare impostazione del colloquio, erano esposti con maggiore dovizia di particolari gli apparati decorativi musivi, dalle dimensioni delle tessere, al tipo di ordito, ecc.; nel lasso di tempo intercorso dalla data del convegno alla sua espressione editoriale, l’edificio è stato oggetto di un contributo ulteriore (CAIROLI, 2001, pp. 215-218).

2 Per quanto attiene il sito: SOMMELLA 1985, pp. 359-396 e 1988, pp. 182-183; LETTA 1988, pp. 217-223; SOMMELLA-TASCIO 1991, pp. 456-477.

3 Gli scavi, realizzati dalla Soprintendenza Archeologica dell’Abruzzo con la direzione della dr.ssa Adele Campanelli e l’assistenza cantieristica di Umberto De Luca, sono stati condotti dalla scrivente con la collaborazione, nella campagna del 1994, della dr.ssa Michela lacomini. La documentazione grafica è stata elaborata da Vincenzo Torrieri, mentre la documentazione fotografica è opera di Mauro Vitali.

4 Cfr.: Età sillana nella villa rustica di via Nornentana loc. San Basilio: in LUGLI 1930,p. 529 ss. nota n. 8, tav. XXI, n.3; MORRICONE MATINI 1994, p. 309, fig. 10;.

5 Cfr. Motivo decorativo documentato sin dall’epoca sillana nell’atrio della villa rustica di via Nomentana (LUGLI 1930, p.529 ss., tav. XXII), anch’esso senza incorniciatura; è da notare, nel nostro caso, l’uso dell’ordito dritto e il doppio reticolato (MORRICONE-MATINI 1967, p.58 n. 57).

6 Cfr. Età sillana; a Roma nella Casa dei Grifi : MORRICONE MATINI 1967, p. 23, 8 e fig. 7, con confronti anche a Pompei: idem, p. 24 e nota 4; vedi anche supra, nota 4.

7 Per Lanuvio GHINI 1995, p.487, fig. 7, con datazione alla fine dei 1 sec a. C.- età augustea; per Cori BRANDIZZI VITUCCI 1968, p. 47, ma anche BALMELLE 1985, p. 150-15 1, tav. 96J; per Pompei VIII, 3,8: BLAKE 1930, tavv. 26,3; 27, l; 27,3.

8 In CAMPANELLI-CAIROLI 1995, p. 9 1, nota 16 con riferimenti bibliografici.

9 COARELLI 1968, p.28; datazione alla metà del 1 sec. a. C. in MORRICONE MATINI 1965, pp.79-91; bibliografia e confronti in LIVERANI 1995, p. 477, fig. 2.

10 Il municipium di Marruvium si affacciava sulla sponda sud-est dell’antico Lago del Fucino pertanto suggestiva risulta l’ipotesi che tale motivo si possa riferire ai navali del porto fucense.

11 Sono stati messi in luce solo due esagoni.

12 Morricone Santini 1967 comune al terzo stile appaiono una soglia ed il motivo centrale del tablino della Casa VIII 5, 16 e 38 di Pompei, ma già di prima età imperiale: BLAKE 1930, p. 115, tav. 39,2 e PERNICE 1938, p. 103; in forma estesa nella Villa di S. Marco a Stabia, di età augustea: PISAPIA 1989, p. 55, n. 106, tavv. XXXI-XXXII-XXXV (con confronti e bibliografia).

13 Sulla terminologia: MORRICONE MATINI 1994, p. 283 e ss. con riferimenti bibliografici. Datazione compresa fra la seconda metà del Il sec. a. C. e l’età augustea; la datazione è man mano più alta a seconda della maggiore regolarità nella dimensione e nella disposizione delle scaglie policrome.

14 Le altre basi di colonna sono state asportate nelle azioni di recupero e riutilizzo degli elementi lapidei (vedi infra).

15 fra la fine del primo secolo avanti cristo e gli inizi dell’età imperiale sembra diffondersi un nuovo gusto decorativo che vede l’uso esteso dei motivi geometrici in bianco e nero.

16 La soglia della cd. Sala di Ercole: DE VISSCHER, MERTENS, BALTHY 1963, coll. 333 ss., fig. 7 e coll. 347-348.

17 MORRICONE MATINI 1967, p.27, n. 13, fig. 10, tav. 111.

18 BLAKE 1030, p. 84, tav. 4,1; PERNICE 1938, pp.51 e 69, tavv. 18, 5 e 29,2; da ricordare la soglia della Villa di Albano Laziale, di poco più antica della nostra: LUGLI 1946, p.77, fig. 20.

19 E’ stato messo in luce per intero il pavimento dell’ala occidentale (Amb. P – m. 3.400.60), mentre l’ala orientale giace al di sotto di un caseggiato moderno.

20 Per il motivo dei triangoli conseguenziali, attestato in età augustea, si vedano i riferimenti bibliografici in GHINI 1995, p. 489, nota 31, fig. 8.

21 Si rimanda a nota 12, di conseguenza l’assenza di regolarità nella disposizione delle scaglie sembra propria degli scutulata più antichi.

22 Una variante del motivo a losanghe è presente nella villa di Alba~ no Laziale ed è databile agli anni intorno al 100 a. C. (LUGLI 1946, fig.22).

23 PoZZO: M. 1 18×6 1, scavato solo sino alla profondità di m270.

24 A quest’epoca, a mio avviso, potrebbe ascriversi anche l’impluVium.

25 Per l’opera quasi reticolata, associata a pitture del più antico Secondo Stile, e per una datazione compresa fra il 100 a. C. e il 55 a.C. (opera reticolata del Teatro di Pompeo) vedi MORRICONE MATINI 1967, p. 5. Le murature in quasi reticolato della Casa dei Grifi, di età sillana, sono l’esempio più antico di tale tecnica edilizia.MORRICONE MATINI 1967, p. 19, nota 5.

26 Non deve stupire l’associazione dell’opera incerta e l’opera quasi reticolata con questo complesso musivo databile al più tardi ad epoca augustea: ad Anxa è databile ad epoca augustea un tempio a doppia cella (CAIROLI 2001, pp. 258-261, e CAIROLI – in questo volume) realizzato in opera incerta e opera reticolata; nelle discenderie denominate “Cunicolo Maggiore” dell’emissario del Lago Fu utilizza, per le riprese, l’opera incerta anziché l’opera reticolata adottata nell’originario intervento claudiano (CAIROLI-TORRIERI 1994, p 219 ss.).

27 Su tale ipotesi vedi le conclusioni di A. Campanelli in CAMPANELLI-CAIROLI 1995, p. 94-95; sulle aristocrazie marse e sul loro inserimento politico nell’Urbs: M. Torelli, 1982pp. 168 e 190-192.

28 La conferma a tale datazione in SALADINO 2001, p. 23.

Testi di Roberta Cairoli

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