L’attuale abitato di S. Benedetto è in gran parte sovrapposto sui resti del municipium marso di Marruvium, sorto ex-novo nel luogo dopo il Bellum Marsicum, ascritto alla tribù Sergia come gli altri tre municipi marsi e, come loro, ebbe il nome etnico di Marsi Marruvium (1). Recenti scavi curati dalla Soprintendenza Archeologica d’Abruzzo e dall’Istituto di Topografia Antica dell’Università di Roma nella persona del prof. Paolo Sommella, hanno evidenziato le varie fasi dello sviluppo urbano di Marruviurn e confermato la non esistenza, almeno nell’area di S. Benedetto, di un centro marso precedente alla Guerra Sociale (90-88 a.C.) : sul luogo infatti più che un vicus, di cui non rimangono tracce, era presente (già dal IlI secolo a.C.) un santuario dedicato agli Dei Novensidi, esos/izovesede/pesco pacre (2).
L’istituzione del municipio risale ad un periodo posteriore alla Guerra Sociale, certamente precedente al 49 a.C., data la presenza di magistrature quattuorvirali ricordate da due iscrizioni databili, in base ai caratteri epigrafi, alla metà del I secolo a.C. ed alla fine della repubblica romana (3). Le recenti ricerche, riassunte in una relazione preliminare dal Sommella, hanno documentato “… il raggiunto assetto istituzionale e urbanistico planimetrico funzionale [di Marruvium ] entro il secondo quarto del I secolo a.C. …” (…) “… una città a tessitura ortogonale in cui verso l’ultimo quarto del I secolo a.C. gli spazi dovevano essere regolamentati e l’attuazione del piano rego1amentare aveva già portato alla costruzione oltre che di opere pubbliche e di monumenti di grossa mole anche di vari tipi abitativi e delle strutture del terziario… ” (4).
La ricostruzione del tessuto viario antico ha permesso di riconoscere il reticolo urbano formato da isolati rettangoli di 270 x 240 piedi romani (pari a metri 80 x 71 circa), racchiusi da strade che si incrociano ad angolo retto, pavimentati da basoli di calcare come Alba Fucens e gli altri municipia marsi (5). Elemento fondamentale dell’arredo urbano era costituito dall’area forense con il Capitolium dotato di vicino orologio solare i cui resti sono venuti alla luce nel 1974 durante i lavori di ampliamento dell’Albergo Ragno (Via Nuova), erroneamente identificato in passato nel sito della ex cattedrale di S. Sabina (6).
Il Capitolium era costituito da un grande tempio tetrastilo a cella tripartita con colonne e semicolonne a fusto scanalato (ordine composito romano?), orientato sud est nord ovest circa con pronao aperto a sud-est verso il foro. Fra i resti del pronao fu rinvenuto un architrave monoli1ico che attesta la presenza di un orologio solare nel foro già alla metà del I secolo a.C. e quindi anche l’avvenuta urbanizzazione dell’area forense a questa data: Q.Fadius.T.f.Q.Munatius. N.f.Marssus. III.vir.iur.d / horologium.de.sua. pecunia.fac.coer. (7).
Comunque il completamento della viabilità forense fu attuato verso la fine del periodo repubblicano romano come attestato da una iscrizione che ricorda due magistrati che curarono, per decreto dei decurioni,la pavimentazione in basoli di calcare di una via posta dietro il Capitolium : (C.I.L., IX; N° 3688) [.]Octavius..Laenas/ [.]Cervarius.P.f./llll.vir(i). quinq(uennales)/ viam. post..Capitolium /’ [s]ilice.sternend(am).ex,d(ecurionum).d(ecreto) /[l]ocarunt.ideumq(ue).probar(unt). Nella iscrizione viene ricordato anche un Ottavio Lenate, un capostipite della importante famiglia di Marruvio degli Octaviï Laenates che riusci ad emergere a Roma all’inizio dell’impero e raggiunse due volte il consolato (C.I.L., IX; NN 383, 36á6, 3697).
Questa famiglia, presente anche nel municipiurn marso di Marsi Angitiae (8), insieme a quella ad essa imparentata dei Rubellii Blandi, dovette avere stretti rapporti con l’imperatore Tiberio: ciò spiegherebbe la presenza a Marruvio di una serie di basi di statue relative, in base alle iscrizioni, alla famiglia dei Claudii Nerones: Alfidia (madre di Livia), Tiberio Claudio Nerone (padre di Tiberio) e Antonia Maggiore (C.I.L., IX; NN 36ál-3663); statue poste forse, intorno al 50 d.C., in un edificio pubblico di Marruvio (9).
Ad un periodo di pace successivo alla metà del I secolo a.C. sono da attribuire “… gli ambienti scavati nell’area della civita, perfettamente integrati nello schema urbano, caratterizzati da murature in reticolato a piccolo tasselli (cm 6x6x ca.) e pavimentati in battuti bianchi con inserite crustae policrome, o insignino di cocciopesto sovradipinto in rosso e motivi a tessere bianche disposte a losanghe… ” (10). Alla fine del I secolo a.C. deve attribuirsi l’anfiteatro, posto fuori le mura (presso l’attuale Stadio di S. Benedetto) su un vallone naturale scavato da un antico percorso fluviale e non più in funzione in età romana.
Esso ha un diametro maggiore di metri 95 (rninore m. 75) con murature m opera reticolata e restauri di età post-severiana segnalati dell’uso della tecnica laterizia e dal reimpiego di materiale epigrafico della metà del II secolo d.C.
Entro la seconda metà del I secolo a.C. sono forse databili le mura in opera quasi reticolata che racchiudono un’area di 40 ettari con una circonferenza di 2,600 Km. circa e ricordate da un documento del Chronicon Casauriense dell’anno 979 d.C. in cui in un giudizio ” .. quo recuperatur quaedam res dei snarsi …” (..) “… in territorio Marsicano infra ipso muros de Civitate Marsicana …” (12). Delle stesse è possibile seguirne il tracciato solo nella località ” Muletta ” e ” Via del Cimitero “, mentre indizi se ne hanno in ” Via Fucino ” e sul margine nord-est di ” Via Romana “: si tratta purtroppo di tratti murari in gran parte non in posa ma risultati di crolli dato l’andamento troppo sinuoso (vedi ad esempio i tratti della località ” Muletta “). Tracce di una porta si hanno nella ” AIola di Mezza ” dove usciva probabilmente il decumano maggiore del reticolo stradale che delimitava a sud-ovest l’area forense del Capitolium: altri indizi se ne hanno in corrispondenza della ” Via di San Marcuccio “, vicino l’ingresso sud-est dell’Anfiteatro, e sulla sinistra della strada antica con vicino acquedotto che si dirigeva verso Pescina, descritta nel Regesto Farfense in un documento databile agli inizi del IX secolo d.C.: “… Ad fistulanz de Civitafe Marsicana petia quam tenent filii Adenolfi et filii Azo nis Guerrae. Uhi prope super vian tenet Leo filius Stephanonis petia i. Donatus lumentarius, iuxta ipsam viam, tenet aliam petiam terrae ecc.” (13).
Una prova evidente della presenza della recinzione a monte di via Romana è rappresentata dai due mausolei in opera cementizia, detti ” Morroni “, presenti su Uia dei Vestini, posti sul margine sud-ovest della antica via circonfucense e databili agli inizi del l secolo d.C. (14). A questa prima fase urbana di Afarruvium (seconda metà del I secolo a.C.) sono da attribuire i resti di un edificio (pubblico?) dotato di portico nella zona centrale della città (ex Asilo), le tabernae presso il Lago Garbatella e la domus di via Capo Croce (15).
In questa prima fase dell’impianto urbano g1i scavi hanno evidenziato la rispettosa osservanza dei costruttori a1 piano urbanistico originario con edifici in opera reticolata correttamente inseriti nella perpendicolarità del reticolato stradale. Sul finire del I e agli inizi del II secolo d.C. si nota un progressivo ampliamento delle strutture urbane della città con edifici di grossa mole e un intenso sviluppo edilizio che portò a ristrutturazioni ed ampliamenti precedenti. Soprattutto nella zona nord-est dove sulla iniziale fase in reticolato si sovrappongono poderosi muri in opera mista di reticolato e laterizio, cosi anche nel quartiere sud-est che venne ristrutturato fra la fine del I e la metà del II secolo d.C. con un accorpamento insulare che portò all’innalzamento di un complesso termale situato fra Lago Garbatella e via Moletta (16).
Di questa seconda fase è il grande impianto di tipo basilicale di via Napoli, posto nell’area centro-settrentrionale della città con aula absidata suddivisa in tre navate, con orientamento longitudinale nord-sud e murature in opera mista di reticolato e laterizio (17). A questo periodo si devono la costruzione di un macellum con vicino arco (C.I.L., IX; N 3682) e di un bagno riservato alle sole donne, balneum muliehre (C.I.L., IX, N 3677) localizzabile nell’area di S.Sabina, sui margini nord-est del foro (18). L’intenso sviluppo di Marruvium fra la fine del I e la metà del II secolo d.C. è da mettere in relazione ai prosciugamenti parziali del lago Fucino attuati da Claudio (52 d.C.), Traiano (C.I.L., IX, N 3912) e da Adriano (Elio Spaziano, Hist. Aug., XXII, 13) che probabilmente nel secondo decennio del II secolo d.C. rese definitiva l’opera di presa dell’emissario claudiano portando ad un ulteriore recupero di terre dal Fucino, che in gran parte furono poi nel 149 assegnate ad Alba Fucens ed anche a Marruvio, Anxa e Angizia, municipi marsi posti sulle rive fucensi (19).
Recenti ricerche del D’Amato hanno evidenziato l’espansione urbana di Marruvio oltre le mura, sulle terri fucensi emerse, anche se appare possibile un utilizzo della nuova area ad un uso residenziale-produttivo legato al mondo agricolo di cui sappiamo ben poco ad esclusione di qualche tomba a cappuccina, aree di frammenti fittili e un piano rettangolare di fontana (decorato da riquadri con bocchette a testa gorgonica collegate con tubature di piombo) relativo ad una villa romana posta nell’appezzamento 3 di strada 21 (20).
NOTE
(1) Per la titolatura municipale vedi il Corpus Iscriptionum Latinarum (C.I.L.), IX, Inscriptiones Calabriae Apuliae Samnii Sabinorum Piceni Latinae, ed. Th. Mommsen, Berolini 1883, NN 3686-3667. Per l’origine del nome Marruvium del nuovo centro marso si puà sospettare che esso fu dato dai Romani ex novo ad un municipio di nuova fondazione e senza tradizioni arcaiche prendendo come esempio il centro sabino di Marruvium citato da Dionisio di Alicarnasso (I, 14-15), un centro sicuramente arcaico e posto sul lago di Piediluco nella Sabina. Come il centro sabino anche il nuovo fucense veniva a tromrsi nella stessa situazione geografica, cioè posto sui bordi di un lago. È anche possibile che il municipio marso prendesse il nome dal toponimo della località dove fu edificato e non da un abitato precedente non accertato dalle ricerche archeologiche e non attestato dalle fonti storiche precedenti alla guerra sociale.
(2) G. Grossi, Ortucchio e il suo territorio dal periodo italico alla fine del medioevo, in AA.VV., Storia di Ortucchio, I, op. cit., p. 166 ss. Per l’iscrizione agli Dei Novensidi (Vetter, 225) vedi C. Letta-S. D’Amato, Epi grafia della Regione dei Marsi, Milano 1975, p. 43 ss., N 36 e tav. XIII. Il santuario dovrebbe essere situato nell’area della Civita nelle vicinanze dell’ingresso sud-est dell’anfiteatro come confermato dal rinvenimento fra i materiali di restauro dell’ingresso dell’anfiteatro di una iscrizione relativa ad una dedica dettata secondo interpretazione di una disposizione oracolare (vedi la nota 11).
(3) C.I.L., IX, N 3688. Letta-D’Amato, epigrafia ecc., cit. p. 63 ss. N~ 49 e tav. XVIII; p. 93 ss., N 57 e tav. XXII.
(4) Paolo Sommella, Centri storici ed archeologia urbana in Italia. Novità dall’area mesoadriatica, in Arqueologia de las ciudades modernas superpuestas a las antiguas di AA.VV., a cura del Ministero della Cultura spagnolo, Madrid 1985, p. 366 e 370.
(5) P. Sommella, op. cit., p. 367 ss., figg. 6-7 e nota 21. Lo studioso, riguardo alle misure del reticolo di Marruvio dice: ” misure che riconducono senza dubbio nell’ambito delle città di nuove fondazione o ristrutturate nel corso del I secolo a.C.”. Resti di pavimentazioni stradali in basoli di calcare sono presenti anche nei municipi marsi di Anxa (Arciprete di Ortucchio) e Angitia (Monte Penna di Luco dei Marsi).
(6) Letta-D’Amato, cit., p. 93 ss. Per l’identificazione errata degli storici marsi sull’ubicazione del Capitolium a S. Sabina, vedi Letta-D’Amato, p. 63 s. Per i resti del Capitolium rinvenuti nel 1974 vedi anche S. D’Amato, Il primo prosciugamento del Fucino, Avezzano, 1980; p. 273.
(7) Letta-D’Amato, cit., p. 93 ss., N 57 e tav. XXII. Per la posizione e pianfa del tempio vedi Sommel1a, cit., p. 368, fig. 6, N 4.
(8) Letta-D’Amato, cit., p. 280 ss., N~ 170 (C.I.L., IX, N 3893) e tav. LX: nell’iscrizione viene citato un Sergius Octavius L,aenas Pontianus pontefice municipale di Angizia e console romano del 131 d.C..
(9) Letta-D’Amato, cit. p. 88 ss.: secondo gli autori le statue dei Rubellii e quelle dei loro parenti irnperiali furono erette nel teatro di Marruvio localizzabile presso la via dei Sacerdoti n. 14, sul limite sud della città. Errata la ubicazione del teatro marruviano proposta dal D’Amato (op. cit., p. 253 ss.) nell’area fucénse posta fuori le mura, cià in base alla lettura di una foto aerea che in realtà mostra una forma ellittica probabilmente riferibile a un bacino antico oppure ad un affioramento superficiale di argilla. Da una lettera inviata nel 1752 dal barone Romualdo de Stermlich al Lamio, conservata nella Biblioteca Riccardiana di Firenze, sappiamo che in quell’area durante uno scavo borbonico nell’area del teatro furono rinvenute due statue di marmo che in base alle iscrizioni si possono attribuire a Marco Livio Druso Claudiano (suocero di hugusto) e Antonia Maggiore (nipote di Augusto e nonna di Xerone). Negli autori successivi le statue divennero tre (con 1’aggiunta di una statua di Agrippina) fino a diventare dodici negli storici marsicani (l’invenzione è dovuta al Di Pietro) ; per l’argomento vedi il D’Amato, op. cit., p. 264 ss., note dall’1 alla 22. Delle statue dice i1 Messineo: “… se ancora esistono, non sono più identificabili, né sapremo mai se effettivamente raffiguravano 1a famiglia imperiale o se si tratta delle solite invenzioni erudite… “; G. Messineo, L’Emissario di Claudio, in AA.V V., Fucino cento anni, op. cit., p. 164.
(10) Sommella, cit., p. 36á s., nota 20 e fig. 6, N° 1.
(11) Sommella, cit., p. 377 ss., note 31-32. Durante lo scavo dell’ingresso sud-est dell’anfiteatro, nello zogcolo di rinforzo in laterizio, è stata vista una lastra, delimitata da una cornice e con l’iscrizione di metà del II secolo d.C. distribuita in quattro righe: dis.deabusqu(e J/secundfue J/’inferpr/etaptio/nenz]/-J% /-J~. Si tratta dunque di una dedica probabilmente dettata secundum interpretationem di una disposizione oracolare o comunque a risoluzione di un voto imposto al dedicante il cui nome doveva comparire nella parte mancante dell’epigrafe… ” (Somme11a, cit., p. 382 nota 32). Per la localizzazione del santuario da cui proviene la dedica vedi la nota 2 di questa scheda su San Benedetto. Della posizione dell’anfiteatro marruviano dice inoltre il Sommella (p. 378) : “… sta di fatto che al contrario della vicina Alba Fucens, città programmata sullo scorcio del IV secolo a.C. in base a condizionanti Fattori defensionali appoggiati all’orografia, e nella quale l’anfiteatro tiberiano si inserisce intra moenia e si coordina all’impianto, a Marruvio il maggiore edificio per lo spettacolo, pur costruito a distanza di pochi decenni dal tracciamento programmatico cittadino, non doveva esservi previsto. Nel1a prima età augustea dunque, periodo cui è da attribuire per semplicità de11e forme e caratteristiche tecnico-costruttive l’anfiteatro marruviano, a1l’impianto di un edificio di tale mole in area urbana dovette ostare una serie di problemi: il costo degli espropri e1’ingombro del cantiere in un contesto uniformemente urbanizzato obbligarono la scelta extramuranea, condizionata altresì dalla probabile disponibilità demaniale e soprattutto dalla favorevole conformazione orografica della zona in effetti urbanizzata…”.
(12) In N. F. Faraglia, Saggio di corografia ahruzzese medievale, Napoli 1892, p. 22,
(13) Il Regesto di Farfa di Gregoriodi Catino ( a cura di I. Giorgi e U. Balzani, Roma
1892-1914, p. 274). La ricostruzione dell’andamento del circuito murario è basato sulle ricognizioni fatte dallo scrivente insieme a Cesare Letta e Sandro D’Amato per la realizzazione del volume della forma Italiae su Marruvio. Il Sommella (cit., p. 377 s., nota 29) mette in discussione le ipotesi ricostruttive del tracciato murario di Marruvio ed auspica scavi tematici per la datazione e la ricostruzione dell’andamento della cinta muraria. Errata la ricostruzione in S. D’Amato (Il primo prosciugamento ecc., cit., p. 257, fig. 29) che pero riprende la pianta dall’Orlandi, la quale include anche l’anfiteatro che i recenti scavi e i ritrovamenti epigrafici (Letta-D’Amato, cit, p. 29 ss.) dimostrano extramuraneo. Resti di un condotto riferibile all’acquedotto marruviano sono individuabili in via dell’Aia di Monsignore presso la cava abbandonata appartenuta a Vincenzo Battistella. Il condotto sotteraneo, utilizzato durante l’ultima guerra come nascondiglio di derrate alimentari, viene descritto come alto metri 1,80 circa e largo cm. 80 circa con copertura a volta e pareti intonacate, probabiImente in opera signina (ricerche della Forma Italiae di Marruvio, cit.).
(14) I due mausolei, di cui rimane il solo nucleo cementizio con alcuni blocchi di chiave, sono relativi a sepolture ad inumazione come dimostrato dalla presenza della camera di sepoltura presente alla base degli stessi. Essi hanno pianta quasi quadrata (quello di sinistra) e quadrata (destra) con elevato in antico rivestito da lastre di calcare di cui rimane traccia perchè nel XVI secolo furono asportate per essere riutilizzate nella facciata della Cattedrale di Pescina (L. Orlandi, I Marsi e l’origine di Avezzano, Napoli J 967, p. 195). Ridicolo il restauro del primo mausoleo che sembra un trullo pugliese con volumi non certo vicini agli originali. Non si hanno elementi precisi di datazione dei due mausolei ma, appare assai probabile, che essi siano databili prima del prosciugamento claudiano del Fucino (52 a.C.) e quindi posti lungo il tracciato della circonfucense italico-romana.
(15) Somme11a, cit., p. 370 s., Fig. á, nn. 3-4-5-á-7;figg. 9-11-12.
(16) Sommella, cit., p. 373 e nota 26; fig. 13.
(17) Sommella, cit., p. 374 s. e nota 27; fig. 14.
(18) Sommella cit., p. 373, nota 26.
Sia il macellum che le terme femminili dovevano trovarsi in prossimità dell’area forense come ad Alba Fucens ed altre città romane.
(19) Sommella, cit., p. 382, nota 33. Per la ripartizione delle terre emerse fra i municipia marsi posti sulle rive fucensi vedi G. Grossi in Storia di Ortucchio, I, op. cit., p. 169 s., nota 119,p. 164, nota 107. 269 ss. Letta-D’Amato, cit., p. 135.