Il “Rotolo dell’Exultet” è certamente la pergamena più famosa e antica che si conserva nell’Archivio della Diocesi dei Marsi. Nel presente articolo, che nasce dalla convinzione che l’Exultet fa parte di una indivisibile triade costituita anche dalla figura del vescovo e dalla sede della cattedrale diocesana e che rappresenta il simbolo dell’unita della Diocesi e della magnificenza del vescovo Pandolfo, cercherò, oltre che spiegare la mia convinzione, di dare un contributo agli interrogativi che ruotano intorno a questa importante pergamena: quando e perché è stata realizzata, cosa rappresenta, dove si trovava, qual è la sua storia dal “ritrovamento” ad oggi.
Questo prezioso documento storico-artistico è costituito da otto sezioni cucite tra loro con delle piccole strisce, anch’esse pergamenacee, che attraversano dei piccoli fori dando al documento una lunghezza totale di 566 cm. ed una larghezza di 27,7 cm.. Questo Rotolo, ben conservato ad eccezione delle prime tre sezioni e che è stato restaurato diversi anni fa, è caratterizzato da sette grandi lettere iniziali del testo e dalla mancanza di miniature figurate anche se sono presenti disegni geometrici e fitomorfi e l’immagine di un volto umano nella quarta sezione. Il testo, in scrittura beneventana, si articola su 119 linee sormontate da altrettante “linee” di notazione musicale neumatica. Proprio per la presenza di questa particolare scrittura, il Rotolo è anche la più antica testimonianza musicale scritta della Marsica.
Ma che cosa è un Exultet.
L’Exultet, che prende questo nome dalla prima parola dell’annuncio della risurrezione di Cristo, contiene la preghiera che era recitata da un diacono per la benedizione del cero pasquale durante la vigilia della Pasqua. Il Rotolo, chiamato così perché la pergamena è arrotolata su un’asse, era fatto scendere lentamente dall’alto di un ambone in modo che tutti i presenti potevano vedere bene le immagini, ascoltare il canto e partecipare così ad una specie di sacra rappresentazione sugli ultimi giorni e sulla risurrezione di Cristo.
Questa lunga pergamena è legata alla figura del vescovo marsicano Pandolfo, che ne fu anche il committente e che nel 1057 fu chiamato a sigillare e gestire la risoluzione di una importante vertenza amministrativa che si era creata nella diocesi.
Siamo, infatti, nell’epoca in cui la Marsica inizia ad avere una propria organizzazione politica, un movimento che prende le mosse dall’ 881 quando la contea dei Marsi iniziò a rendersi autonoma dal ducato di Spoleto, che da longobardo era poi divenuto franco, e da quando i grandi monasteri (Montecassino, Farfa e S. Vincenzo al Volturno) iniziarono ad avere cospicui possedimenti lungo le sponde del lago del Fucino. Tra questi due grandi poli si inseriscono le velleità autonomistiche dei conti Marsi che, come ricorda il Febonio, “potenti sia per le forze del loro dominio, sia per la nobiltà di sangue, e congiunti, per parentela, col Pontefice (Benedetto IX, ndr.), ardenti di un pari amore per la tirannide e per l’ambizione, accorgendosi che, per la morte di Alberico e Quinisio veniva sottratta alla loro casa la continuità del potere episcopale, e mal sopportando l’elezione, che non avevano potuto impedire, di Pandolfo, nell’intento di mantenere facinorosamente una parte almeno del dominio episcopale, indussero il Pontefice non solo a dividere la Diocesi, ma anche a consacrare Vescovo Attone (o Azzo), loro consanguineo. Aderendo alla loro richiesta, il Pontefice assegnò al nuovo Vescovo S. Maria in Cellis, eretta a Cattedrale, con la valle Nerfa ed il Carseolano”.
La Marsica fu così divisa in due diocesi, una con sede a S. Sabina in Marruvio (odierna S. Benedetto) e l’altra a S. Maria in Cellis in Carsoli. Qui si apre un primo interrogativo. Attualmente si data l’Exultet di Avezzano al 1057 perché è la data della presunta elezione a vescovo di Pandolfo, ma stando alle parole del Febonio (che conferma anche la difficoltà di datarla), la vera elezione di Pandolfo doveva essere avvenuta molto prima se i conti Marsi, non accettandola, fecero eleggere a questa carica Attone (Raffaele Colapietra propone addirittura il 1033 come anno di elezione di Attone retrodatando, indirettamente, quella di Pandolfo di almeno quaranta anni): in virtù di questo deve essere anticipata la data di realizzazione dell’Exultet avezzanese ?
Sono convinto di no, come spiegherò più avanti.
Fu il papa Vittore II, nel Concilio apertosi a Firenze il 4 giugno 1055, che volle la diocesi marsicana riunificata sotto un unico vescovato che assegnava a Pandolfo, ma “poiché il papa Vittore, prevenuto dalla morte, non potè tradurre in formali disposizioni tali decisioni, Stefano, di lui successore, le confermò con lettera decretale, destinata a farsi valere per sempre…”; la lettera è datata da Montecassino il 9 dicembre 1057: probabilmente è per questo motivo che tale anno è indicato come quello di elezione di Pandolfo. L’investitura a vescovo unico della diocesi marsicana, rappresenta indiscutibilmente una grande vittoria politica per Pandolfo (comunque anch’egli un membro della vasta famiglia dei conti dei Marsi) che si trovò ad avere un enorme potere nelle sue mani, ma di trasferirsi a S. Sabina, si adopera per la traslazione a Celano delle reliquie dei “Santi Martiri”, nello stesso anno della sua partecipazione al Concilio Romano convocato da Niccolò II (1059), facendo ipotizzare “un tentativo (…) di suscitare un terzo centro di aggregazione diocesana, al di là di Carsoli quanto di Marruvio, al quale richiamare anche l’irrequieto fratello, un ennesimo conte dei Marsi di nome Berardo” (Colapietra).
Immediatamente dopo l’invasione della Marsica da parte dei Normanni (1076), il conte Berardo tentò di arrestare il fratello vescovo che si trovava ad Ortona, provocando le ire del principe di Capua che completò l’occupazione normanna della regione, “ma anche probabilmente un ripensamento da parte di Pandolfo, che resse la cattedra vescovile dei Marsi per altri vent’anni ripristinandola in S. Sabina dove Alfano arcivescovo di Salerno gli avrebbe indirizzato una carne gratulatorio” (Colapietra). Non si conosce l’anno di morte del vescovo Pandolfo, ma sappiamo che avvenne durante il pontificato di Urbano II (1088-1099).
Ma torniamo al Rotolo dell’Exultet.
È probabilmente nel periodo compreso tra il 1057 e il 1059 che Pandolfo commissiona l’Exultet allo scriptorium di Montecassino, il monastero benedettino retto dall’abate Desiderio grande amico del vescovo marsicano. Ma se, come accertato, i Rotoli degli Exultet avevano anche la funzione di divulgare ai fedeli l’ultima settimana di vita di Cristo servendosi delle particolari miniature figurali, come mai il Rotolo avezzanese non le ha ? Probabilmente aveva un altro fine come potrebbe indurre a ipotizzare la scelta di usare grandi lettere iniziali ?
Pandolfo commissiona l’Exultet, e su questo non ci sono dubbi giacché il suo nome è citato sia nella commemorazione liturgica (una cum beatissimo papa nostro il. et antistite nostro Pandolfo), sia con grandi lettere in una striscia dorata come era prassi in analoghi manoscritti cassinesi (es. Casin. 339), ma allora, perché lo ha voluto ?
Una prima ipotesi, come è riportato nel catalogo della mostra “Exultet. Rotoli liturgici del medioevo meridionale” tenutasi nell’Abbazia di Montecassino nel 1994, è che “Il rotolo si contraddistingue per una peculiarità progettuale che non può essere considerata come espressione di un’iniziativa isolata dell’artista, ma va attribuita ad una precisa intenzione del committente. Si tratta infatti di un rotolo di Exultet privo di scene figurate ed ornato esclusivamente da iniziali decorate. Si possono avanzare soltanto ipotesi sui motivi per cui il vescovo Pandolfo non volle altre illustrazioni. Si tratta forse di una volontà iconoclastica da parte del vescovo ? La concezione di un rotolo di Exultet aniconico può essere attribuita solo allo stesso Pandolfo, avendo lo scriptorium di Montecassino munito di apparato figurativo tutti gli altri rotoli di Exultet. Nel secolo XI il monastero fece realizzare per proprio uso tre rotoli riccamente illustrati (…). Con l’Exultet di Avezzano Pandolfo voleva forse superare in magnificenza il Vat. lat. 3784, realizzato probabilmente per l’abate Desiderio (…): Il rotolo di Avezzano va quindi considerato un prodotto di lusso, di elevatissime pretese.
Da questo punto di vista le sette grandi iniziali devono essere state previste già nel piano originario”(Ministero per i Beni Culturali) A mio avviso, confortato dalle precedenti affermazioni, e viste anche le sue particolari prerogative artistiche, l’Exultet doveva servire a magnificare la persona di Pandolfo e quello che lui rappresentava, cioè un vescovo scelto per volontà di due papi per riunificare una diocesi molto ambita sia per il potere religioso che per quello temporale, una persona nobiliare appartenente alla famiglia comitale più importante nel territorio, perché era una persona di grandi capacità amministrative e politiche: insomma, un particolare Exultet per simboleggiare uno status di potente dignità dotata anche di uno spiccato senso dell’arte.
Fino ad oggi si è sempre indicato questo Rotolo come “l’Exultet di Avezzano” perché si conserva nella odierna sede della diocesi, ma in realtà “…fu prelevato da Mons. Giovanni de Medicis dall’antica prepositura di Celano nel 1932…” (Chiappini) L’anno 1932 è comunque inesatto perché si trovava già ad Avezzano prima di questo anno. Il 28 aprile del 1931, infatti, il Soprintendente all’Arte Medioevale e Moderna degli Abruzzi e Molise scrive al vescovo comunicandogli che la dottoressa M. Rosa Gabrielli aveva avuto modo di consultare il magnifico Exultet e lo ringraziava.
Ma perché si trovava a Celano dove la sua presenza, ammesso che sia lo stesso, è accertata in documenti del 1690-1707 provenienti dall’archivio della collegiata di S. Giovanni è che attualmente sono conservati in quello della diocesi ? Oltre a ciò, Diego Pestilli, in un suo articolo afferma che l’Exultet e la cassa dove era conservato, sono citati in un documento del 1607 (purtroppo non specifica la fonte, ma solo l’archivio dove si troverebbe). Se l’Exultet, il vescovo e la cattedrale dei Marsi, come ho già affermato e come ho cercato di dimostrare, fa parte di una triade inscindibile, quando è perché questo legame si è rotto ?
A mio avviso l’Exultet, proprio per la sua magnificenza e per ciò che rappresentava (era anche un simbolo, o meglio è il simbolo dell’unità della diocesi), non avrebbe mai dovuto separarsi dagli altri due elementi (vescovo e sede). Se ciò è avvenuto è forse perché la diocesi marsicana ha avuto diverse sedi (Marsia o Valeria o Marruvio, Celano, Cese, Carsoli, Pescina, Avezzano e forse anche Aielli, Tagliacozzo, Ortona e Celano) e questo potrebbe essere un valido, unitamente a guerre, terremoti, saccheggi, furti ed altro, per il quale potrebbe essere stato separato dalla sua sede naturale. Inoltre, a rendere ancor meno chiara la provenienza pre-avezzanese, va ricordato che nell’inventario della prepositura di S. Maria di Luco, redatto nel 1372, è menzionato un rotolo di Exultet con miniature (carta benedictionis cerei istoriata). Non ho ancora indagato a fondo su questa notizia, ma questo di Luco è legato in qualche modo a quello di Avezzano e alle peregrinazioni della sede diocesana ?
La presentazione ufficiale dell’Exultet avezzanese al mondo scientifico (pergamena che è stata completamente ignorata dagli storici antichi come Febonio, Corsignani e Di Pietro forse perché non era più presente nell’archivio della diocesi), avviene con la relazione di Grazia Salvoni Savorini al Convegno storico abruzzese-molisano del 25-29 marzo 1931: “Quasi certamente proviene dalla badia di Montecassino il rotulo dell’Exultet che si conserva nella Curia Arcivescovile di Avezzano che fu eseguito per il Vescovo Pandolfo nel 1057. Le lettere sono miniate calligraficamente con senso decorativo raffinato, proprio della migliore arte cassinese”. Nei primi anni Cinquanta si registra un nuovo interesse artistico, ma non editoriale, verso l’Exultet.
Il 25 ottobre 1952, infatti, il soprintendente Giorgio De Giorgi chiede al vescovo di poterlo avere, insieme al Messale del XIV secolo conservato nella chiesa di S. Francesco di Tagliacozzo, per esporli alla “Mostra della Miniatura” da allestire a Palazzo Venezia in Roma. Il mese dopo (27 novembre) il vescovo concede l’autorizzazione, e comunica la relativa consegna, per dell’Exultet, ma rimanda ai frati francescani quella per il Messale. Il 24 aprile 1953 il soprintendente scrive al vescovo comunicandogli che il comitato organizzatore, a seguito del rinvio della mostra stessa, ha deciso di far restaurare l’Exultet presso il laboratorio dell’abbazia di Grottaferrata ( mai avvenuto ?). Il 15 giugno dell’anno successivo, inoltre, la Curia dà l’assenso per la riproduzione in microfilm dell’Exultet avanzata il 31 maggio dello stesso anno dal Ministero della Pubblica Istruzione.
Nel 1958 venne citato da padre Aniceto Chiappini nel suo lavoro sulla codicografia abruzzese e successivamente tornò protagonista durante il IV Convegno Internazionale di Studi sul Medioevo Meridionale tenutosi a Cassino nei giorni 4-8 ottobre 1987 dal titolo “L’età dell’Abate Desiderio” organizzato dall’Abbazia di Montecassino e dall’Università degli Studi di Cassino.
La relazione del prof. Francis Newton dell’Università di Durham (Stati Uniti), che citava anche le osservazioni della professoressa Mayo, mise in rilievo l’Exultet avezzanese, la sua bellezza, i rapporti tra Desiderio e Pandolfo e propose una datazione compresa negli anni Sessanta del Mille grazie alle analogie paleografiche che lo legano al Lezionario “Casinensis 453”.
Recentemente, grazie alla mostra “Exultet. Rotoli liturgici del medioevo meridionale” sopra ricordata, dove il Rotolo avezzanese è stato esposto, è tornato un po’ di interesse attorno a questa importante pergamena, ma forse è ancora poco per farla brillare nuovamente di quella magnificenza voluta dal vescovo Pandolfo mille anni fa.
Senza scendere in una accurata analisi musicale dell’Exultet avezzanese, dal momento che non è questo l’intento prioritario prefissatomi, per avere un quadro di riferimento della musica di queste particolari pergamene, mi servo di alcuni passi tratti dal Catalogo della spesso citata mostra del 1994 a Montecassino: “La musica dei rotoli di Exultet è scritta al di sopra delle parole, così che il diacono passa leggere entrambe quando officia la liturgia del sabato santo. I rotoli di Exultet sono repertori pratici, fatti per l’uso (…): Nell’Italia meridionale del medioevo per l’Exultet è usata un’unica melodia, derivata dall’antica liturgia beneventana dov’è impiegata in varie occasioni liturgiche. La melodia beneventana ha la peculiarità di essere l’unico caso in cui entrambe le parti dell’Exultet – il prologo e il prefazio – sono cantate sulla stessa melodia (…). A volte è chiaro che uno scriba re-inventa la melodia nello scriverla: cantando a se stesso una formula che conosce, applicandola a un testo e mettendo per iscritto il risultato (…). L’Exultet beneventano è un recitativo liturgico che si serve di tre note contigue. La melodia può venire adattata a qualsiasi testo, sebbene sia difficile farlo in presenza di frasi molto corte.
Il cantore, o lo scriba, che usa la melodia deve comprendere la forma grammaticale e retorica del testo e compiere gli adattamenti necessari nei luoghi appropriati della melodia”. Alcuni esempi di Exultet suggeriscono che “non è la registrazione di un’esecuzione mandata a mente, ma è piuttosto pensato come una nuova esecuzione, una nuova applicazione delle parole del canto a un testo dato (…). È evidente che lo scriba deve conoscere la musica: non è possibile configurare il testo in periodi, dividendo in cola (suddivisione di un periodo, ndr.) con la punteggiatura e in taluni casi (Exultet di Avezzano e di Parigi) con maiuscole colorate aggiuntive, senza sapere come va la musica” (Kelly).
È auspicabile che nella Marsica qualche Istituto o Associazione programmi la valorizzazione di questa importante e preziosa pergamena mediante la realizzazione di un convegno, di un compac-disc oppure di un CD-Rom. Un esempio può venire dal Centro Studi di Ricerca Musicologica Liturgica “Novum Gaudium” dell’Abbazia della Madonna della Scala di Nola (Bari) che nel 1997 ha pubblicato un CD-Rom dal titolo “Canto Gregoriano. Arte, miniature e musiche nei rotoli di Exultet” relativo a quelli conservati in archivi pugliesi.
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