Il borgo di Sperone, attualmente parte integrante della comunità di Gioia dei Marsi, era situato a circa 7 km, in località denominata “la forchetta”, su un antico presidio romano a guardia del Passo Sparnasio. Il nome del borgo discende dall’unione di due castelli chiamati Sparnasio (dal dio Pan protettore dei pastori e delle greggi) e Asinio. Dopo la distruzione di entrambi i castelli, ne risorse uno solo (Sparnasio) che fu chiamato “Speron d’Asino”, poiché gli abitanti di Asinio vollero ad esso aggregarsi. Il nuovo castello aveva la conformazione di una fortezza ed era feudo di Simone di Capistrello (1193), al quale veniva fornito un soldato a cavallo in rapporto ai 24 fuochi allora presenti.
Le chiese del piccolo centro montano erano due: la parrocchia dedicata a S. Maria e l’altra dedicata a S. Nicola, posta appena fuori dell’abitato. La torre del castello, ancora visibile, risale alla seconda metà del secolo XIII, quando i conti Berardi di Celano, signori della contea dei Marsi, rafforzarono il sistema difensivo della Marsica orientale costruendo baluardi militari lungo le vie di accesso alla contea. Le caratteristiche della costruzione sono proprie di una torre di avvistamento cintata, paragonabile ad altre strutture militari della zona come la torre di Collarmele e di Santo Iona. Di forma circolare, con il diametro esterno di circa 8 metri, attualmente è alta circa 16 metri e costituita da due piani di cui quello inferiore sicuramente utilizzato come deposito e quello superiore, a forma ottagonale, destinato a corpo di guardia.
Posta a 1240 metri di altitudine, la torre guarda verso la conca del Fucino (allora lago) e controllava l’unica via di comunicazione con la valle Peligna e le zone del Tavoliere. Ma con il trascorrere del tempo la funzione strategica di avvistamento e di difesa andà via via esaurendosi ed il centro perse la sua ragion d’essere, rimando sempre più isolato. Il panorama che si può ammirare è senza dubbio incantevole tanto che Sperone è stato definito “il balcone più bello della Marsica”.
Il vecchio paese di Sperone confina a sud-est con i tenimenti di Manaforno e a nord-ovest con i possedimenti di Aschi. Già nel 1868 contava una popolazione di 220 individui (cfr. Di Pietro). Il paese, situato tutt’intorno alla torre, era composto da case in pietra, calce e architravi di legno. Fino a qualche decina di anni fa non vi era neanche l’energia elettrica e le sole fonti di luce artificiale erano le lucerne ad olio, le candele, le torce impregnate di grasso di montone ed infine i lumi a petrolio. Anche l’acqua non raggiungeva le abitazioni, ma veniva attinta alle fonti vicine. Tutto ruotava intorno alla coltivazione della terra (grano e vigneti) e all’allevamento. Durante i lunghi e rigidi inverni, gli uomini costruivano da soli attrezzi che sarebbero serviti per il lavoro della terra, come ad esempio gli aratri che, attaccati ai buoi, venivano utilizzati per l’aratura dei campi. Fonti primarie di sostentamento erano grano, granoturco, bietole, patate, utilizzate anche come alimenti per gli animali.
Per fronteggiare il freddo rigido dell’inverno si raccoglieva la legna ( in “some”) che serviva si per il camino o per cuocere il pane nei forni, ma anche come merce di scambio con gli abitanti dei paesi vicini.
Con il ricavato della vendita di questo come di altri prodotti (funghi) raccolti nei boschi si provvedeva al fabbisogno della famiglia. A Sperone, il terremoto del 13 gennaio 1915 lasciò un segno indelebile. La popolazione fu chiamata ad uria grande prova di coraggio. Tanti furono i disagi e tanto il dolore, ma la voglia di tornare a vivere e di ricominciare talmente grande da spingere tutti ad iniziare immediatamente i lavori per la ricostruzione del paese. Il nuovo agglomerato nacque un po’ più a valle, con l’aiuto dell’amministrazione comunale di Gioia dei Marsi, cui Sperone amministrativamente si era unito sin dal lontano 1840. Quanto sudore per aprire strade, costruire case, trainare tavole, canali, cemento, aiutati da muli ed asini. Le prime case, realizzate con criteri asismici e con un buon numero di stanze, vennero assegnate alle famiglie. Solo nel 1950 l’allora parroco, don Rocco Provenzali, dette inizio alla ricostruzione della chiesa di S. Nicola, terminata nel 1957, parroco don Artemio de Vincentis.
Il paese fu dotato di una sede scolastica formata da una pluriclasse elementare con un solo insegnante che raggiungeva il paese a piedi nella bella stagione, mentre restava a dormire a Sperone durante l’inverno. Tutto era duro e faticoso, per l’insegnante cosi come per il medico o l’ostetrica che raggiungevano Sperone solo in caso di necessità. Il parroco invece saliva ogni domenica per celebrare messa o in occasione di matrimoni, battesimi e quant’altro. Il 26 novembre 1950 i cittadini di Sperone, con alla testa un consigliere comunale, organizzarono una protesta per la mancata apertura di un tronco di strada che avrebbe collegato il paese alla strada statale. L’amministrazione comunale fece propria la protesta ed interessò gli uffici della Prefettura, il Provveditorato alle OO.PP., il Genio Civile ed ancora Carabinieri e Guardie Forestali. Il risultato fu che, con la collaborazione fattiva dei cittadini speronesi, la strada fu realizzata tra i mesi di giugno e luglio del 1951. Fu un avvenimento storico perché la strada portà con sé tanti cambiamenti. Fu installato, presso una privata abitazione, un apparecchio telefonico di cui tutti potevano usufruire.