Una ricognizione sul terreno lumen l presente lavoro si propone di aggior I nare i dati riguardanti i miliari della via Valeria romana nella piana del Cavaliere. Si prende in considerazione il percorso della strada romana a partire dal ponte di S. Giorgio presso il km 62,300 della SS n.5 fino alla chiesa di S. Vincenzo, dove è attestato l’ultimo dei miliari della piana del Cavaliere a noi noto. I miliari presi in esame sono 5. Tutti erano noti da studi precedenti ed erano considerati per lo più scomparsi; l’attuale ricerca ha permesso di riscoprirli tutti tranne uno, quello che si trovava presso la chiesa di S. Maria del Carmine a Carsoli e che probabilmente è andato distrutto assieme alla chiesa durante la seconda guerra mondiale. Tre miliari sono di Nerva e risalgono all’anno 97 d.C.; il quarto è di attribuzione incerta, il quinto appartiene a più imperatori ed è del IV secolo d.C.
Cippo di Nerva
Il miliario si trova attualmente nel giardino della scuola di Civita di Oricola. Del cippo restano solo la base e la prima parte della colonna, spezzata nel senso della lunghezza. L’altezza massima attuale è di cm. 160, mentre il diametro alla base è di cm. 74. Originariamente era alto cm. 190 e presentava una forma tronco conica, che andava restringendosi dal basso verso l’alto. Il cippo è sdraiato, molto rovinato e non reca alcuna lettera; la parte superiore del cippo, recante l’indicazione delle miglia, venne spezzata e separata dal resto del miliario per cause imprecisate; essa era conservata fino a pochi anni fa in un casale della zona, il casale Miole. Attualmente risulta scomparsa. Il cippo era conosciuto già dagli studiosi del XIX secolo, ma venne letto integralmente, grazie ad un calco, solo nei primi anni del XX, dai due studiosi inglesi Ashby e Pfeiffer.
La posizione ne fa uno dei milliari più significativi di tutto il percorso della strada romana. Il miliario si trovava, probabilmente in situ, in località Nasetta, a ridosso dell’autostrada, lungo la variante imperiale della via Valeria, fuori del centro di Carseoli. Il testo era di questo tenore: XXXX[III]/ Imp(erator) Nerva/ Caesar Aug[ustus]/ Pontifex Max[imus/] Tribunizia/ Potestate Co(n)s(ul) III/ Pater Patriae/ faciendam curavit. Il miliario era noto al Gori, ma non al Promis. Il Gori dice che si trovava verso contrada Nasetta, passando vicino ad un altro sepolcro ed alla colonna milliaria eguale a quella esistente ora sulla piazza di Arsoli, e col numero XXXXI, che lo studioso suppliva in XXXXII in base alla lettura della Tabula Peutingeriana.
Il Mommsen per motivi topografici correggeva la lettura del Gori in XXXXIII (cui si fides est nec loco mota est columna, probabile est era olim numerum habuisse XXXXIII). Anche Ashby e Pfeiffer preferivano integrare XXXXIII anziché XXXXII. Una lettera di Giacinto De Vecchis Pieralice pone il miliario presso il ponte di S. Bartolomeo (il ponte al km 69,500 della SS n.5); a mio avviso la lettera non va presa in gran considerazione perché il Pieralice riporta un’opinione dello zio e, sulla base di questa non riesce a rintracciare il miliario. Forse l’indicazione si riferiva ad un altro cippo. La confusione si genera per il fatto che esistono due contrade dal nome molto simile: Nasetta e Sottonasetta; quest’ultima si trova proprio vicino il ponte. Nella lettera in questione si è fatta confusione tra le due località e tra i due milliari. Purtroppo non è possibile dire una parola definitiva sull’indicazione delle miglia, che erano abrase proprio nel punto più importante. Tuttavia sulla base di calcoli topografici, la lettura più consona pare quella indicante il 43° miglio da Roma, lungo la variante esterna a Carseoli della via Valeria.
2 Cippo di Nerva
Lungo la stradina che unisce la chiesa di S. Maria in Cellis alla SS n.5, nascosto tra i pini, poco discosto dall’edificio di culto, è visibile la parte superiore di un miliario illeggibile. È probabile che il cippo sia interrato per diversi centimetri nel terreno. Il miliario è segnalato, dal Garrucci, dal Promis, da Ashby e da Pfeiffer. Il Promis riferisce di avere letto soltanto una “X” ed identifica questa colonna miliaria con quella vista dal Fabretti (il quale però dice di averla vista davanti a S. Maria del Carmine e non davanti S. Maria in Cellis). Il Garrucci leggeva XXXXI/ Imp(erator) Ner[va]. Se questa lettura è corretta il resto dell’iscrizione si può facilmente completare, con la nota formula di tutti gli altri milliari di Nerva. È probabile che l’indicazione miliaria fornita dal Garrucci vada corretta da XXXXI a XXXXIIII, in base alle indicazioni fornite dagli itinerari antichi e dal miliario al n.7. In, base alle informazioni degli studiosi passati l’iscrizione completa suonava cosi: XXXXI[?]/ Imp(erator) Ner[va]/ Caesar Augustus/ Pontifex Maximus/ Tribunizia/ Potestate Co[n]s(ul) III/ Pater Patriae/ faciendam curavit.
3 Cippo di Nerva
Il miliario si trovava nei pressi della chiesa di S. Maria del Carmine, ora via Madonna del Carmine. È segnalato per la prima volta dal Fabretti , poi dal Promis , dal Gori , dal Garrucci e dallo Stevenson. In epoca imprecisata esso è però andato perduto. Secondo tutti gli studiosi il cippo era spezzato e leggibile a malapena. Il Fabretti e lo Stevenson riportano parte del testo, ma con alcune sensibili differenze.
Il Garrucci propone invece una lettura basata, sull’unione di due frammenti di miliario. Il Fabretti legge, buona parte del testo: [Ne]rva/ [Pontifex] Max(imus)/ Tr(ibunicia) P(otestate) Co(n)s(ul) III/ Viam Valeriam/ faciendam curavit/ XXXXI. Lo Stevenson invece legge solo poche lettere: P Cos III/ iriai/ uravii. Se si accoglie la lettura dello Stevenson si ha un testo più “ortodosso”, allineato con quello di tutti gli altri miliari dell’imperatore Nerva. Il Garrucci sostiene che presso la chiesa di S. Maria del Carmine era il frammento inferiore di un miliario, il quale poteva essere integrato con un frammento superiore di un miliario visto dallo stesso Garrucci lontano dalla chiesa di S. Maria del Carmine. Tuttavia lo studioso fa presente che l’integrazione tra i due frammenti è una sua congettura, e che era anche possibile che il frammento superiore di miliario, visto dal Garrucci lontano da S. Maria del Carmine, fosse parte di un miliario differente da quello presso la chiesa.
La versione proposta dal Garrucci, sulla base dell’integrazione dei due frammenti è la seguente: XXXX / Imp(erator) Nerva / [Caesar Augustus / Pontifex Maximus]/ Tribunizia / Potestate Co(n)s(ul) III/ Pater Patriae / faciendam curavit. La lettura parziale delle ultime tre righe del miliario da parte dello Stevenson concorda con questa versione e concorda anche con l’informazione del Garrucci secondo la quale davanti a S. Maria del Carmine era solo il frammento inferiore di un miliario. Da questi dati emerge che il testo proposto dal Fabretti è diverso dalla formula utilizzata su tutti gli altri miliari di Nerva; in particolare la posizione del numerale alla fine dell’iscrizione e la menzione della via Valeria sono piuttosto singolari. Ritengo che il Fabretti integri il miliario per piegarlo alle esigenze topografiche di una via Valeria che passasse per Riofreddo.
Quest’ipotesi mi pare confermata da due fatti sostanziali:
1. il testo proposto dal Fabretti non si legge su nessun altro miliario;
2. il Fabretti dovette probabilmente vedere, come tutti gli studiosi successivi, un miliario mancante del frammento superiore : non capisco quindi come possa leggere parte delle prime righe, che nessun altro studioso legge. L’esistenza di due colonne miliari (n.3 e n.4) assai vicine è stata messa in dubbio da più parti: in molti hanno ritenuto il miliario n.3 un doppione del, n. 4. La confusione è generata dal fatto che non tutti gli studiosi passati hanno evidenziato entrambi i cippi; dal fatto che per lungo tempo le colonnette sono state ritenute scomparse; dal fatto che tutti e due i miliari si trovavano presso due chiese vicine dedicate entrambe alla Madonna. Tuttavia il ritrovamento del miliario presso S. Maria in Cellis assicura circa la sua esistenza; ora è necessario sapere se il Fabretti ha fatto confusione tra i nomi delle due chiese oppure se anche il miliario della Madonna del Carmine esisteva davvero. Ritengo che anche questo secondo miliario esistesse perché:
a) il Promis vede due miliari e sostiene che uno di essi non è in sito perché le due colonnette sono troppo vicine. Nell’identificare i due cippi lo studioso non nomina nessuna delle due chiese.
b) il Gori segnala solo il miliario davanti a S. Maria del Carmine, ma dalla sua descrizione si capisce chiaramente che egli conosce bene sia la posizione della chiesa di S. Maria in Cellis sia quella della Madonna del Carmine. Il Gori non fa confusione tra le due chiese e posiziona il miliario che vede davanti alla Madonna del Carmine.
c) A proposito del miliario presso S. Maria in Carmine il Promis dice che è cimato; anche il Fabretti dice di essere impossibilitato ad un’esauriente lettura dell’iscrizione perché il miliario era superne mutilus, et corrosus. Ritengo dunque che siano esistiti due miliari differenti davanti alle chiese di S. Maria in Cellis e della Madonna del Carmine; l’incertezza si ha su quale dei due venne letto dal Fabretti; il Promis ritiene che il Fabretti avesse letto quello davanti a S. Maria in Cellis, tutti gli altri studiosi si limitano a mettere in luce le incongruenze della lettura del Fabretti rispetto alla rituale formula adottata su tutti gli altri miliari di Nerva.
4. Cippo con sola indicazione Miliaria
Fuori della chiesa di S. Maria delle Grazie di Tufo, a ridosso del portone d’ingresso, sul lato destro della facciata entrando, si trova la parte superiore di un miliario.
Il frammento si trovava fino a non molto tempo fa all’interno della chiesa ed era utilizzato come acquasantiera. Il grosso foro sulla testa del cippo rimane la muta testimonianza di questo utilizzo. Dell’iscrizione resta solo l’indicazione completa del numerale: XXXX. Immediata mente sotto il cippo è spezzato. L’indicazione del numerale e le informazioni del Garrucci assicurano che si tratta di un frammento di un miliario della via Valeria, trasportato a Tufo in epoca imprecisabile. Il frammento è identificato dal Garrucci come la parte superiore del miliario che si trovava davanti a S. Maria del Carmine (n.3); penso però che quest’integrazione sia da escludere e che il miliario di Tufo debba essere considerato come a se stante e non come parte di un altro miliario a noi noto, tanto meno di quello che era davanti alla chiesa della Madonna del Carmine. Questo per considerazioni topografiche che escludono la possibilità che il miliario che si trovava davanti alla chiesa della Madonna del Carmine possa aver recato l’indicazione del 40° miglio (questo qualora il frammento davanti alla chiesa della Madonna del Carmine venga ritenuto in situ e non spostato dalla sua sede originaria).
5. Cippo di IV secolo
Il miliario si trovava fino a poco tempo fa all’interno del piccolo giardino della chiesa della Madonna di S. Vincenzo, sita sul lato destro della statale al km 74,550.
A causa di lavori esso è stato trasportato all’interno dell’edificio sacro. Il cippo era stato riutilizzato come base di una croce di ferro ed in massima parte interrato. La parte visibile era quella terminale inferiore di un miliario; essa ha un diametro di cm. 50 ed un’altezza di cm. 65. La base del cippo venne cavata al centro; il foro fu poi utilizzato per inserirvi ía croce di ferro che sovrastava il miliario. Un piccolo saggio di scavo ha mostrato le ultime righe capovolte dell’iscrizione (il cippo era stato conficcato nel terreno a testa in giù). Si tratta di un miliario del 305306 d.C. attribuibile agli imperatori Costanzo, Massimiano, Severo II e Massimino. Le lettere sono tracciate con sicurezza, tutte della stessa altezza. La distanza tra le linee appare uniforme; il testo doveva essere chiaro e facilmente leggibile.
Il primo a menzionare il miliario è il Garrucci, poi il Gori; il Promis non conosce questo cippo miliario. La Donati ed il Buonocore ritenevano che il miliario fosse andato perduto. Non è possibile dire quando il cippo sia stato trasportato dalla sottostante valle del Turano alla chiesa. A mio avviso il fatto deve essere avvenuto molto tempo fa, sebbene la sistemazione come base di una moderna croce di ferro debba risalire al massimo a quando si è ampliata e definita la statale, negli ultimi decenni del 1800. Infatti la croce che vi è stata cementata è moderna e si trovava in posizione tale da potere essere vista dalla SS n.5. Prima che fosse trasportato all’esterno della chiesa, la funzione del miliario, al pari di quello di Tufo era quella di acquasantiera; il foro sulla base del cippo è troppo largo per essere stato praticato al solo scopo di cementarvi la croce, ed inoltre ha una forma circolare.
Probabilmente, a ridosso del secolo XX è stato sostituito da un’altra acquasantiera più funzionale ed esteticamente più adatta agli interni di un edificio sacro. In quest’ipotesi di miliario utilizzato come acquasantiera sono di conforto le parole di Monsignor Camillo Rossi Vescovo dei Marsi (13), che a proposito di questo cippo, dice: Nella Chiesa della Madonna di S. Vincenzo vicino all’ingresso in un pezzo di colonna milliaria cilindrica.. [/ D(ominis) N(ostris) (Duobus) Flavio Valerio/ Constantio et Galerio Maximiano Invictis et Clementissimis Aug(ustis)/ et D(ominis) N(ostris) (Duobus) Flavio Valerio Severo (et/ Galerio Valerio] Maximino [nobilis]simis ac bea[tissimis/] Caesaribus.
NOTE