TESTIMONE DEL CONFINE PONTIFICIO (medaglia nei documenti d’archivio)

Nella storia dei confini non è frequente incontrare l’utilizzo di una medaglia come testimone. In una nota sulla demarcazione (prima metà del 1846) si parla della tipologia di testimoni: Testimoni che potranno essere di una determinata quantità di Carbone come pure nelle opposte parti laterali di due metà di Mattone rotto del med. pezzo, uno dei quali potrà avere impresso il Triregno e le Chiavi dalla parte pontificia, Retto della medaglia l’altro la Corona, ed il Giglio.

Lo stesso argomento, ma con un diverso tipo di testimone fu ripreso in un altro scritto: Ad ogni Termine, e Contro-Termine sopra il primo strato di muro dovrà porsi una discreta quantità di Carbone, ed un Mattone spezzato in modo che le sue parti possano sempre riunirsi. L’idea di sotterrare una medaglia al di sotto dei termini lapidei fu dei Plenipotenziari napoletani nella seconda metà del 1846, ossia prima dell’inizio delle operazioni di demarcazione definitiva. La notizia si trova nella questione, durata a lungo, sulla compilazione della cartografia definitiva della linea di confine: nelle quindici tavole firmate dalli plenipotenziari di ambedue gli Stati vi si comprese ancora la tavola delle Colonnette, e delle medaglie. Che vi fosse il disegno delle prime è verissimo, non è cosí delle seconde, poichè avendo avuto luogo la firma nel Settemb.e 1840, e la idea, e la offerta delle medaglie tutta delli Regii Plenipotenziarii avendo avuto nascimento dopo la metà del 1846. Su alcune note si legge che agli inizi sulla medaglia dovevano incidersi gli stemmi delle chiavi decussate di S. Pietro e del giglio, gli stessi incisi sulle colonnette.

La demarcazione definitiva della lunga linea di confine, dal canale di Canneto sul mar Tirreno tra Terracina e Fondi alla foce del fiume Tronto sul mar Adriatico presso San Benedetto del Tronto, iniziò nel novembre 1846 e terminò nel settembre 1847 con una pausa invernale di alcuni mesi. Ad essa presenziarono il Commissario del governo pontificio il cav. Mondini per tutta l’operazione di demarcazione, mentre per parte napoletana i funzionari preposti cambiarono a seconda della giurisdizione confinante. All’impianto delle colonnette convennero anche gli indicatori i quali sarebbero cambiati a seconda dell’amministrazione del territorio di confine e sarebbero stati scelti per primi quelli che presenziarono alla demarcazione provvisoria di circa sei anni prima. In una lettera di mons. Boatti dell’ottobre 1846 si afferma che tutte le medaglie sarebbero state fuse a Napoli ed il costo sarebbe stato diviso tra i due Governi.

Il giorno prima dell’inizio delle operazioni di demarcazione definitiva, da parte napoletana si suggerì di deporre la medaglia solo sotto quelle colonnette, la cui conservazione, e riconoscimento interessi più delle altre. Lanciani, non trovando un criterio oggettivo per discriminare le colonnette più importanti, respinse tale ipotesi ribadendo che tali medaglie dovevano porsi o in tutte, o in nessuna. Alla fine prevalse la posizione pontificia. Si hanno molte lettere che ci informano sulle spedizioni di preordinate quantità di medaglie ai responsabili delle zone di confine per conservarle a fronte di una loro rapida sostituzione. Prima di intraprendere la lunga operazione di demarcazione, si convennero alcuni punti, allegati all’inizio dei verbale di demarcazione, per la regolare effettuazione di tale operazione. In particolare, il punto 5 descrive l’utilizzo della medaglia: 5. […] Finalmente ad assicurare la memoria d’ogni preciso punto di Confine verrà collocata sotto la base di ciascun Termine una medaglia di ferro fuso a norma di quanto stabilirono gli Eccelsi Plenipotenziarii. Per quanto riguarda la medaglia i verbali la descrivono come segue figg. 1 (insegne araldiche) e 2 (testo)): La base o pianta della Colonnetta […] sotto il muramento di fondo è stata depositata e murata una scattola rettangolare di Legno con entro una Medaglia di ferro fuso del diametro di 0.11. [m n.d.r.] e di grossezza 0.01. [m n.d.r.] involta in carta bianca, e portante nel suo diritto due Targhe rilevate, fiancheggiate ciascuna da ramo di Quercia e di Olivo.

A sinistra (guardando) trovasi quella dello stemma Reale di S. Maestà Siciliana sottoposta ad una Corona. A destra un’altra Targa che comprende gli stemmi di Gregorio XVI, di S.M. a sinistra, e a destra quello del Regnante Sommo Pontefice Pio IX, quale Targa ha al di sopra il Triregno e le Chiavi. Nel rovescio di essa Medaglia si legge in lettere rilevate Uno dei segni / Collocati per indicare / La linea di confine fra / Lo Stato Pontificio ed il/Regno delle Due Sicilie / Stabilita col Trattato / Concluso l’anno / 1840. Da notare il curioso fatto che il testo della medaglia si discosta da quello trascritto sui verbali in corrispondenza delle due parole FRA e CONCLUSO. I verbali della demarcazione definitiva riportano esplicitamente, anche se non per tutti i termini, l’operazione di deposizione della scatola di legno contenente la medaglia.

In base alla statistica effettuata sui verbali si contano un totale di 685 termini dei quali per 675 si esplicita la deposizione della medaglia, in 4 (termini 66, 591A, 593 e 594) non ne viene esplicitata la presenza o si è commesso un refuso nella stesura del verbale, ma è molto probabile la sua presenza ed in 6 (termini 26 (colonnetta scolpita nella roccia), 78 (colonnetta scolpita nella roccia), 91 (inciso gli stemmi, il millesimo ed il progressivo su di una roccia), 144 (termine posto sul parapetto al centro di un ponte), 250 (si è utilizzato un preesistente manufatto di forma piramidale utilizzato come segnale geodetico) e 563 (inciso gli stemmi, il millesimo ed il progressivo su di una roccia) il terreno od altro non ne permise la deposizione sotto il termine. Quindi, il totale di medaglie deposte fu verosimilmente di 679.

Allorquando cambiavano gli indicatori ed i deputati poiché iniziava una nuova giurisdizione, ad essi veniva mostrata la medaglia prima della sua deposizione: ivi, dopo la ricognizione della nuova Deputazione […] è stata scavata la consueta fossa, ed estratta dalla cassetta la medaglia di ferro fuso, e fatta osservare ai suddetti Deputati, fu chiusa e murata in detta fossa. Quindi, la medaglia veniva collocata in una scatola di legno e deposta in fondo alla fossa, e sopra veniva fatta una gettata di malta in modo da isolarla dalla radice rustica del termine lapideo. Si suppone che al momento della posa del termine (peso approssimativo di 6-9 q) esso potesse schiacciare la scatola. Tale evenienza giustificherebbe la presenza della scatola stessa come intercapedine in modo che la medaglia non venisse inglobata direttamente nella suddetta gettata.

Ciò avrebbe permesso, nel caso di una ricognizione a fronte di una manomissione del termine Rovescio della medaglia 3 lumen lapideo, di recuperare integra la medaglia per un suo riutilizzo. Alla chiusura dei lavori di apposizione dei termini per la pausa invernale fu allegato al verbale un disegno della medaglia, in acquarello grigio-verde chiaro. Tale disegno risulta allegato alla copia pontificia dei verbali di demarcazione definitiva, mentre non lo si è trovato nella copia napoletana. Il disegno raffigura la medaglia a grandezza naturale con il campo con gli stemmi sulla sinistra, il profilo al centro ed il campo con la scritta sulla destra. Il testo si sviluppa su otto righe con un’interlinea in media di 0.7 cm e scritte con lettere maiuscole di dimensioni 0.4 x 0.5 cm. La scritta occupa interamente la larghezza della medaglia.

Testi di Tullio Aebischer

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