L’Aquila – Smart working e crollo del turismo travolgono la somministrazione. L’assenza di lavoratori e turisti mette in crisi bar, ristoranti e le altre attività del food, soprattutto nelle mete turistiche, nei centri cittadini e nei quartieri ad alta densità di uffici. Un’impresa su tre registra un calo di oltre la metà del fatturato, e il 21,8% – oltre due attività su dieci – temono la chiusura. Se la situazione dovesse continuare, l’87,5% degli intervistati valuterà di ridurre i dipendenti definitivamente.
È quanto emerge da un sondaggio condotto tra le imprese associate a Fiepet, la federazione italiana dei pubblici esercizi aderente a Confesercenti.
Lo svuotamento delle città è impressionante: quest’estate mancheranno all’appello, oltre ai circa 11 milioni di turisti stranieri, almeno 1,6 milioni di dipendenti pubblici in smart working. Un quadro che per le imprese è al limite della sostenibilità: se la situazione non dovesse stabilizzarsi al più presto, il 62,1% delle imprese teme di dover rinunciare all’attività.
“La situazione è critica” attacca Carlo Rossi, Responsabile per Confesercenti Abruzzo delle Sedi in Provincia dell’Aquila, che, ha analizzato la situazione nella Provincia, con Mario Antonelli, Presidente di Confesercenti L’Aquila e Comuni del Cratere.
“Le attività non possono durare a lungo in questo stato, è urgente trovare delle soluzioni, bisogna dare un orizzonte alle imprese e programmare la transizione. Se per i flussi turistici il futuro è incerto e c’è bisogno di una strategia complessa e di lungo termine, è invece possibile ed opportuno definire in maniera chiara tempi e modi dello smart working, nel rispetto delle normative di sicurezza: il lavoro agile è una rivoluzione che avrà un impatto duraturo sui lavoratori, sulle città e sulla struttura stessa dell’economia, e deve essere gestita. Se il personale non ritorna al più presto negli uffici, per bar e ristoranti, ma anche per il resto del commercio, sarà un problema risollevarsi”.
“Sempre dal Centro Studi Nazionale di Confesercenti abbiamo riscontri evidenti sull’impatto negativo che tale operatività di lavoro ha su diverse settori economici. I dati negativi si vedono nei bar (il 67% dei lavoratori fa colazione nei bar, il 75% pranza in ristoranti tavole calde, bar e simili) un altro 80% acquista quotidianamente prodotti dolciumi, cancelleria oggettistica nei negozi o riviste nelle edicole una percentuale (non superiore al 20%) ne approfitta per fare acquisti nei negozi di abbigliamento librerie ecc.), ci rimettono anche i benzinai e che vedono ridotte le opportunità di lavaggio auto e piccole riparazioni ai veicoli” continua Rossi.
“Si tratta di una spesa media di quasi 20 euro giornalieri da parte di ogni singolo lavoratore (in parte coperto da buoni pasto)” spiega ancora il Responsabile per Confesercenti Abruzzo “che oggi mancano quotidianamente nelle casse di una buona parte dei ristoratori e baristi delle città ma anche tra le centinaia di piccoli negozi di città e provincia. Il rilancio delle nostra Provincia, delle sue città principali, a partire dal Capoluogo, da Avezzano e Sulmona, non può che passare anche attraverso il rilancio della propria rete commerciale. Non possiamo permetterci il suo depauperamento e la morte di tante aziende. Questo rischio riguarda non solo i pubblici esercizi: loro sono senza dubbio i più coinvolti, ma anche il resto del commercio viene colpito da questa situazione. Nel Capoluogo dove insistono molti uffici pubblici, ma in misura minore anche ad Avezzano e Sulmona, il fenomeno è avvertito perché interessa migliaia di persone. Ad oggi i dipendenti ancora in smart working nella Provincia dell’Aquila sono almeno il 60% come media, con punte in alcuni uffici pubblici del 100% di lavoro agile autorizzato e praticato di fatto da circa l’80% degli impiegati.”
“Le perdite, non solo nel settore della somministrazione, ma anche nel commercio, sono evidenti, se si considera il fatto che molti impiegati degli enti locali, delle istituzioni statali, degli istituti bancari e anche di aziende private normalmente fanno colazione e spesso utilizzano i pubblici servizi nella pausa pranzo, oltre anche a fare shopping nei negozi. A risentirne in città sono stati soprattutto gli esercizi e i negozi del centro storico, dove maggiore, in genere, è la presenza di impiegati. Tant’è che di alcuni casi si è registrata la chiusura o la non riapertura” continua Rossi.
“In questi mesi lo smart working ha rappresentato la sola soluzione e ha garantito, grazie all’impegno di tutti i lavoratori, il funzionamento di servizi essenziali per la collettività. Siamo convinti che andranno ripensati i tempi delle città e l’organizzazione del lavoro. Tuttavia non è un risultato che si può ottenere nell’immediato, in modo non programmato e a danno di una sola categoria. Ora, nel rispetto delle normative di sicurezza, è necessario stabilire un piano di rientro: graduale per ovvie ragioni organizzative, ma in una prospettiva che non può che essere di brevissimo periodo. Come Confesercenti siamo convinti che, fra le misure di sostegno alle imprese, questa sarebbe a costo zero. E siamo sicure che, qualsiasi imprenditore, preferirebbe il ritorno dei propri clienti, e quindi vivere del proprio lavoro, all’ottenimento di una qualsiasi provvidenza pubblica. Il nostro grido d’allarme” conclude Carlo Rossi “non vuole essere un appello a tornare a lavorare in ufficio, ma occorre ricercare un giusto equilibrio tra lavoro agile e lavoro in ufficio, soprattutto perché finito il lockdown ed avviata la fase di ripartenza, c’è bisogno di ritornare ad un corretto rapporto tra servizi e cittadini”.