Come ci ricorda lo storico Emilio Gentile, il discorso pronunciato da Mussolini il 5 giugno 1928 «dinanzi al Senato è di quelli che rimarranno fondamentali dell’opera svolta dall’on. Mussolini e dal Regime Fascista. Le dichiarazioni del Duce hanno richiamato nell’aula di Palazzo Madama una folla strabocchevole. Nella Tribuna diplomatica presero posto quasi tutti gli ambasciatori europei». Tra i deputati si fecero notare: il marsicano Ermanno Amicucci, Cantalupo, Acerbo, ecc. L’obiettivo che Mussolini intese perseguire con il suo efficace intervento, era quello di riassumere l’efficace politica estera del partito fascista nei primi sei anni di governo.
A partire da questi rilievi, il capo del governo affermò che l’Italia: «non ha soltanto risolto molti problemi che la riguardano, ma ha un peso nella politica internazionale quale non ebbe mai».
Tutto questo sottintendeva la volontà di celebrare una decisa “liturgia” dei progressi fascisti: «che segnava l’inizio di una nuova era sintomo chiaro che il governo presieduto da Duce del fascismo non era un governo come i precedenti. L’orientamento totalitario della religione fascista, implicito nel suo dinamismo missionario e integralista, non si espresse soltanto attraverso la monopolizzazione dei riti patriottici, mettendo al bando qualsiasi altro tipo di liturgia di partito contraria al fascismo, ma si concretizzò soprattutto con la istituzione di riti nazionali fascisti» (1).
Per comprendere meglio a livello locale come venne recepito il messaggio di Mussolini, ad Avezzano fu organizzata la seconda riunione del «Direttorio». L’autenticità dei discorsi fu riportata dal corrispondente che, tra l’altro, annotò: «Nella Casa del Fascio si è tenuta la seconda riunione del Direttorio, alla presenza del Console Enrico Panfili, del conte Alessandro Resta, di Giacomo Colacicchi, dell’avvocato Arrigo Spina, del ragioniere Francesco Tarquini, di Manfredo Colasanti, Tito Toussan, Guido Sulli, Guido D’Amico, Umberto Iatosti, Giuseppe Mancini. Assente giustificato, l’ingegner Francesco Amorosi». Vari gli argomenti discussi, tra i quali furono principalmente esaminati: l’organizzazione dei fasci femminili; l’opera «Nazionale Balilla» e l’opera nazionale del dopolavoro. Maggiore rilevanza politica, nell’ambito di cose da realizzare, fu posta per l’istituzione del «Palazzo del Littorio». Infine, venne costituito un comitato per ricevere degnamente l’onorevole Edmondo Rossoni che, proprio ad Avezzano, avrebbe passato in rassegna tutte le forze sindacali della provincia.
Nel frattempo, nell’ufficio stampa della federazione provinciale, l’onorevole Adelchi Serena destinò come redattore capo del «Popolo d’Abruzzo» (organo ufficiale della federazione provinciale fascista), Luigi Giannangeli, corrispondente dell’importante periodico fin dal suo primo apparire (2).
La formalizzazione dei simboli e dei «riti della religione fascista nella liturgia dello Stato», rappresentò sempre più un chiaro sintomo di esaltazione rivoluzionaria del regime, diffuso ampiamente anche in tutta la Marsica.
In questo quadro generale, a Pescina (31 maggio 1928) si era insediato il nuovo «Direttorio», composto da: Alfonso Migliori (segretario politico); dottore Ambrogio Freda, notaio Serafino Macarone, Salvatore Migliori (comandante della coorte); barone Anselmo D’Amore; avvocato Tommaso De Giorgio (segretario amministrativo).
Durante la riunione, il segretario politico rivolse all’assemblea il suo saluto inaugurale: «dicendosi sicuro che in seno di esso regni la compattezza, la disciplina, l’attività, capisaldi del partito e del Regime, lungi dal beghismo e dal personalismo che disgrega qualsiasi compagine politica e amministrativa, ma animato dai principi di rettitudine, della giustizia e dell’obbedienza». Occorre riconoscere che, una sorta di commemorazione tradizionale, seguitava ad incrementare sempre più queste ricorrenze, a cui fu conferito, soprattutto, un solenne carattere di ufficialità (3).
Nel frattempo, poste tali coordinate locali, occorre segnalare che l’Agenzia Stefani nei primi giorni di giugno, informò l’opinione pubblica nazionale delle disgraziate vicende che videro precipitare il dirigibile Italia del generale Nobile al Polo Nord (era il terzo volo partito dall’aeroporto di Ciampino il 19 marzo 1928). Tutta la popolazione marsicana, non fu estranea ai fatti appena accaduti, seguendo con ansia le difficili fasi del recupero dei superstiti.
Non va peraltro sottovalutata un’intensa attività culturale in pieno fermento ad Avezzano, dove nell’aula magna del Ginnasio, il professor Giuseppe Grieco svolse una conferenza geografica sul tema: «Diritti e compiti dell’Italia nell’oriente Balcanico». Stigmatizzando le situazioni in atto, definì la penisola Balcanica come un vespaio in mezzo all’Europa laddove l’Italia risentiva, particolarmente, per la sua posizione geografica: «l’irrequietezza caratteristica di quelle genti, perciò è in diritto di controllare ogni atto politico tra quei popoli. La missione dell’Italia era quindi quella di pace e giustizia».
Il giorno dopo, nella sala dell’ufficio dei sindacati, ebbe luogo il convegno degli avvocati marsicani alla presenza del procuratore della circoscrizione del tribunale di Avezzano. Fra i presenti anche Orazio Cambise (podestà di Avezzano), l’avvocato e vice segretario del fascio Alessandro Resta, il commissario Gaetano Odorisio, già presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati; l’avvocato Tullio Di Pietro, podestà e fiduciario dei sindacati di Trasacco; il gran ufficiale Cesidio De Vincentiis e altri gerarchi della Marsica. La riunione, fu presieduta dal segretario generale dell’ufficio provinciale, Domenico Maitilasso, dal segretario Taranta e dal reggente dell’ufficio di zona di Avezzano (avvocato Ugo Fallace). Il dibattito fu imperniato soprattutto sulla situazione morale e finanziaria, prospettando i più urgenti problemi della categoria. Le proposte affrontate con maggiore vivacità, misero in luce un necessario inquadramento, per creare una vera coscienza unitaria fascista. Domenico Maitilasso ricordò ai presenti che, in un primo momento, fu essenziale un periodo di epurazione per giungere, infine, ad una visione d’insieme. Le sue affermazioni furono a lungo applaudite dall’assemblea e, su proposta dell’avvocato Armando Palanza, venne approvata la relazione del collega Fallace: a lui andò un plauso unanime per l’opera svolta fino a quel momento. Prima di sciogliere la riunione, l’avvocato Di Pietro propose di inviare subito telegrammi di devozione al duce e quelli di saluto augurale all’onorevole Rossoni, al prefetto della provincia, al segretario federale onorevole Adelchi Serena e al console avezzanese Enrico Panfili.
Nei primi giorni di giungo, solenni cerimonie furono svolte ad Aielli per l’inaugurazione della chiesa, della scuola, del «Parco della Rimembranza» e di due lapidi commemorative. Intervennero ai riti solenni le più alte cariche fasciste della provincia, come Serena e Cimoroni, il vice-prefetto Vegni, il console Panfili, il colonnello Arturo Salvi, il colonnello Rispoli, il provveditore agli studi Gentile, il questore Ripandelli, il commendator Maffei (procuratore del re), il cavaliere ufficiale De Capua (presidente del tribunale di Avezzano).
Il rinfresco di rito fu preparato nei locali del sindacato agricolo del paese; poi, il solito corteo, si recò in piazza del municipio dove prese la parola Carlo Muzi (podestà di Aielli), che introdusse gli onorevoli Serena e Cimoroni. Per l’inaugurazione della lapide ai caduti di guerra parlò Arturo Salci, comandante del distretto di Sulmona. Dopo la benedizione della chiesa appena ricostruita, si riformò la sfilata; quindi, il poeta molisano, professor Eugenio Cirese e il provveditore, arringarono la folla, spiegando l’alta funzione della scuola italiana. L’intensa giornata terminò con un grande banchetto, che vide la presenza dei vecchi fascisti marsicani passati in rassegna dalle autorità, tra i soliti canti dello «squadrismo fascista». Alle sei gli ospiti iniziarono a ripartire fra le acclamazioni della folla, mentre la banda di Chieti eseguiva brani patriottici. Un grande plauso fu riservato anche al cavalier Alfredo Maccallini, prezioso collaboratore del podestà (4).
Il 12 giugno dello stesso mese, ci fu una prima importante giornata «di attuazione del programma sindacale nella Valle Roveto», dove parteciparono migliaia di lavoratori dei diversi paesi marsicani, che presenziarono tutte le riunioni con grande slancio e interessamento. Il segretario provinciale Maitilasso, che era accompagnato all’avvocato Taranta, dal reggente Aldo Aureli e dal rappresentante del patronato di Avezzano (Fernando De Bernardinis), fu ricevuto a Capistrello da una folla di agricoltori e operai. Assente giustificato, il podestà Alberto Vetoli, che non era potuto intervenire a causa di un’altra importante riunione presso il paese di Cappadocia. Poi, tutti si recarono a Canistro, dove al termine dell’adunata furono confermati in carica i fiduciari dell’ufficio provinciale Filippo Rotondi e Gabriele Mariani, rispettivamente per Canistro e S.Croce. Il podestà di Civitella Roveto, Francesco Corsetti, il segretario del fascio Innocenzo Cesarini, l’avvocato Casiano Masciani, il fiduciario dei sindacati Giovanni Cianchetta e tutta la popolazione, accolsero con entusiasmo la carovana fascista. Infine, all’imbrunire, gli insigni rappresentanti giunsero a Pero dei Santi (frazione del comune di Civita d’Antino), un piccolo paese che doveva la sua rigogliosa risurrezione «all’opera sapiente del bravo parroco do Vincenzo Pasquarelli». Tra l’altro, fu elogiato da Maitilasso il fiduciario locale Orazio Di Marco e il camerata Antonio Gentile, nonché venne esaltata «la provvida azione di Serafino Panico». Rientrato ad Avezzano in tarda serata, Maitilasso conferì con il direttore dello zuccherificio per questioni riguardanti l’imminente campagna saccarifera e sull’applicazione del contratto. Lasciando la città per tornare in sede, raccomandò al conte Alessandro Resta di far: «costituire un comitato per ricevere onoranze solenni all’on.Rossoni» (5).
Così ad Avezzano, l’otto luglio 1928, furono presenti per ricevere l’onorevole Rossoni le più alte cariche della provincia, condotte da Domenico Maitilasso con tutti i podestà della Marsica e i più importanti gerarchi della zona. Al centro della discussione, come sempre, il problema del Fucino, che rappresentava un campo minato di scontri ma anche un «problema di produzione nazionale e di ricchezza». Edmondo Rossoni parlò chiaro alla folla degli agricoltori fucensi, affermando che l’accordo con Torlonia sarebbe stato agevolato solo se le strade per i campi fossero state aggiustate dallo stesso principe, per favorire l’accesso quotidiano dei coloni agli appezzamenti, stimolando così gli agricoltori ad aumentare la produzione. Oltretutto, pur tra non poche difficoltà, la confederazione esigeva contrattualmente un accordo più equo e razionale, sostenuto da Rossoni che affermò: «vogliamo soltanto dei rapporti chiari, netti, amichevoli e leali».
Purtroppo, le successive trattative, condotte tra il 29 dicembre e il 29 marzo 1929, non daranno risultati positivi alla vertenza, contrapposta duramente da Zappi Recordati, rappresentante di Casa Torlonia (6).
NOTE
- E.Gentile, Il culto del littorio. La sacralizzazione della politica nell’Italia fascista, Economica Laterza, Prima edizione, Gius. Laterza & Figli, Bari-Roma 2011, p.80.
- Il Messaggero, Anno 50° – N.134 – Mercoledì, 6 Giugno 1928, Discorso al Senato di Mussolini. Da Avezzano. Seconda riunione del Direttorio del Fascio. Corriere di Aquila.
- Ivi, Anno 50° – N.136 – Venerdì, 8 Giugno 1928, p.6, Cronaca degli Abruzzi, Marche e Molise, Da Pescina. L’insediamento del Direttorio.
- Ivi, Anno 50° – N.137 – Sabato, 9 Giugno 1928, p.6, Cronaca degli Abruzzi, Marche e Molise, Conferenza geografica ad Avezzano; Solenni cerimonie ad Aielli.
- Ivi, Anno 50° – N.140 – Mercoledì, 13 Giugno 1928, p.6, Corriere di Aquila. Propaganda sindacale nella Valle Roveto.
- R.Colapietra, Fucino ieri, 1878-1951, Ente Fucino, Stabilimento roto-litografico «Abruzzo-Press», L’Aquila, ottobre 1998. p.162. Cfr.Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno X –Roma, 12 Luglio 1928.