Avezzano. Non la si può considerare “street art” quella che appare sulle colonne e sui muri nei pressi dell’Ato Marsicano, in via Marruvio, alla stregua delle innumerevoli scritte che contraddistinguono molte pareti di abitazioni, uffici o attività sia del centro sia della periferia della città.
Questi scarabocchi ad opera di “incompresi” grafomani, che non son altro che insulti, pseudo dediche di amore, spesso parolacce o addirittura bestemmie, sono piuttosto l’espressione di puri atti vandalici, penalmente rilevanti, questo è bene ricordarlo. Questi “imbrattamuri” sono gli stessi, magari, che coprono i banchi di scuola, i treni o i bagni pubblici con scritte inutili e patetiche, convinti dell’importanza del loro messaggio, che tutto è fuorché interessante o importante. Senza considerare il danno che questi scempi apportano in primis alla città, ai proprietari delle abitazioni interessate o all’attività commerciale, costretti spesso ad armarsi di spugna e candeggina per rimuoverli, nella speranza che quella sia l’ultima volta.
Tutto questo, però, non ha nulla a che vedere, ad esempio, con il graffitismo, manifestazione sociale, culturale e artistica che nasce come forma di sovversione e critica, basata sull’espressione della propria creatività attraverso interventi diretti sul materiale urbano. Dal punto di vista della “street art” le città diventano luoghi in cui poter esprimere emozioni, esperienze e riflessioni attraverso la creazione di opere visibili a tutti gratuitamente. In questo caso, labile è il confine con la legalità – l’art. 639 del codice penale punisce tutte queste fattispecie, anche se lo scorso anno un writer è stato assolto in tutti e tre i gradi di giudizio – ma è normale che se l’intervento pittorico realizzato da un graffitista risulta essere un’opera bella, originale, intelligente e a volte divertente, l’opinione pubblica tende a vedervi maggiormente l’aspetto artistico piuttosto che quello vandalico e offensivo.
E ciò che distingue i graffitisti, artisticamente più preparati, da meri grafomani intenzionati solo a sprecare un po’ di inchiostro dei loro pennarelli, è proprio la motivazione alla base delle proprie azioni. I primi vogliono trasmettere un messaggio, sensato, a volte riflessivo a volte divertente. I secondi – chiamiamoli con il proprio nome – sono solo dei criminali che si divertono ad imbrattare la città, perché non hanno ben chiara l’idea di divertimento. E questa netta differenza è stata carpita in molte città italiane che hanno riconosciuto valore artistico ai graffiti, creando degli spazi ad hoc per far realizzare agli artisti le loro opere. Chissà, magari potrebbe essere un’idea anche per la città di Avezzano, non del tutto estranea a questo fenomeno. Basti pensare, ad esempio, alle pareti del ponte in via Don Minzoni, dove è evidente che in passato si è manifestato un tentativo di “street art”, che, ad oggi, però, non appare completamente riuscito.