Capistrello, il sindaco apre il C.O.C. per fronteggiare la crisi sanitaria. Chiese chiuse per due settimane. Don Antonio positivo al Covid ma sta bene

Capistrello – Anche Capistrello sta subendo un’accelerazione dei contagi che giorno dopo giorno fa aumentare la contabilità dei positivi al Covid-19. La cosa desta più di qualche preoccupazione nella popolazione, soprattutto per la diffusa convinzione che l’ufficialità dei dati comunicati non rappresenti la realtà effettiva, che invece avrebbe numeri molto più alti.

La notizia del Parroco del paese, Don Antonio Sterpetti, risultato positivo al tampone, si è diffusa quasi contemporaneamente alla pubblicazione dell’ordinanza del Sindaco, che ha disposto la chiusura delle chiese del capoluogo e vietato la celebrazione delle messe per i prossimi quattordici giorni, salvo necessità improrogabili, così è scritto nell’ordinanza.

Raggiunto dalla nostra redazione, Don Antonio ha confermato di aver iniziato la quarantena ma di sentirsi abbastanza bene. Intanto, presso il palazzo comunale, è stato aperto il C.O.C (Centro Operativo Comunale) per far fronte alla crisi.

Il sindaco Ciciotti ha ribadito la necessità di rispettare le disposizioni emanate nei giorni scorsi attraverso alcune ordinanze, che già dal 3 ottobre, con la n° 22, facevano divieto di alimentare assembramenti, soprattutto in relazione ai luoghi di culto, in occasione delle celebrazioni liturgiche. Nella stessa ordinanza n° 22 veniva disposto il rinvio delle celebrazioni delle cresime.

Lo stesso sindaco ha confermato che oltre alle comunicazioni della Asl, arrivano segnalazioni di privati cittadini che informano di aver effettuato privatamente il test, ma evidentemente le strutture private e i laboratori di analisi, esulando dalla rete informativa che aggiorna la contabilità ufficiale, alimentano dati che restano sommersi.

Altre disposizioni riguardano tutta una serie di accorgimenti che le attività commerciali, con particolare riferimento a bar e ristoranti, avrebbero dovuto osservare perché fossero assicurate tutte le precauzioni previste dai Dpcm. Il tutto ovviamente comunicato a Polizia Locale e Carabinieri per garantire il controllo.

Il ricorso a strutture slegate dal circuito sanitario della Asl, se risolve la necessità legittima del cittadino, di procurarsi un referto per certificare le proprie condizioni di salute a fini lavorativi o solo per rassicurare se stesso e i propri familiari, per eventuali contatti avuti con persone contagiate, sta evidenziando tutti i limiti organizzativi della sanità pubblica, alla quale è sfuggito di mano il controllo sul tracciamento dei contagi.

A ciò va aggiunto un ulteriore fenomeno che riguarda tutto il territorio, che è di tenere nascoste, in diversi casi, situazioni in cui si è manifestato il contagio. Accade che persone che hanno contatti quotidiani con congiunti in quarantena, non rispettino le disposizioni per le quali dovrebbero essi stessi praticare la quarantena fiduciaria. E così se ne vanno tranquillamente in giro, senza capire di essere potenziali veicoli del virus, letali per il prossimo.

Il virus del Covid-19 non è una malattia privata ma riguarda tutti, perché la sua incredibile capacità di diffondersi coinvolge inevitabilmente chiunque. Per questo diventa utile per i cittadini, oltre che strategico per le autorità, conoscere e accertare tempestivamente i casi che si verificano, ecco perché chi scopre di essere stato contagiato, deve sentire il dovere morale e civico di comunicarlo, mettendo in condizioni tutti coloro che gli sono stati vicini di accertarsi, a loro volta, delle loro condizioni di salute.

Purtroppo, a quanto pare, la caccia all’untore da mettere alla gogna, non è solo roba da medioevo ma, stando alle tante storie ascoltate in questi giorni, continua a rimanere un retaggio culturale di molti nostri contemporanei, che non sanno che è più facile guarire dal virus del Covid-19 che da quello dell’ignoranza.

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