Caporalato Fucino, Bracco: “Schiavitù moderna”

Avezzano – “Fino a quattordici ore di lavoro al giorno. Due euro e 50 centesimi di paga oraria. E poi la costrizione di dover vivere in baracche di cinque metri per cinque condividendo spazi già angusti con altri compagni. Turni massacranti uniti a disperazione e mancanza di alternative. Nessuna tutela, nessun diritto. Solo l’obbligo di lavorare come schiavi a capo chino. E se provi a fare domande sei fuori. Il caporale ti considera una mela marcia. Uno che dà problemi. E non vieni più chiamato. E quella paga da fame te la puoi scordare. Tanto di altri disperati pronti a lavorare per pochi euro se ne trovano in quantità”.

E’ questo il duro commento che il Consigliere regionale Leandro Bracco ha reso noto dopo l’operazione di controllo avvenuta ieri nella Piana del Fucino nell’ambito della quale ben 61 lavoratori sono risultati irregolari, quindici in nero, tre attività imprenditoriali sono state sospese e 66 sanzioni comminate per un totale di 144mila euro. “Ciò che è stato scoperto poche ore fa nella Marsica – evidenzia l’esponente di Sinistra Italiana – è solamente la punta dell’iceberg. Oramai il fenomeno del caporalato è diventato a livello nazionale una vera e propria piaga sociale e purtroppo l’Abruzzo non è da meno.

Soprattutto nel Fucino sono numerosissimi gli immigrati non in regola con il permesso di soggiorno i cui paesi di origine sono prevalentemente l’Albania, il Marocco e la Romania. Il tasso di sfruttamento – prosegue Bracco – ha raggiunto proporzioni di tipo schiavistico: ai lavoratori, la cui paga è già da fame, i caporali italiani corrispondono solamente il 30% di quanto pattuito: un vero e proprio ricatto verso il quale gli immigrati non possono opporsi in quanto, se lo facessero, si concretizzerebbe il rischio di non vedersi rinnovato il permesso di soggiorno”.

“Sempre nel Fucino sono migliaia – sottolinea il Consigliere – i braccianti che rischiano di entrare nel tunnel dello sfruttamento. Non dimentichiamoci poi un altro elemento di estrema rilevanza: lo stesso Fucino, a livello di colture e di relative procedure a esse connesse, non può non essere collegato all’Agro Pontino e al Casertano, realtà geografiche nelle quali sia la Camorra che i Casalesi hanno già dimostrato di avere molteplici interessi”.

“Il Fucino medesimo – rimarca Bracco – ha un’estensione territoriale di circa 150 chilometri quadrati, pari a oltre le superfici di Pescara, Chieti e Montesilvano messe insieme. Dico ciò per far comprendere che il fenomeno del caporalato in quella zona della Marsica ha ormai raggiunto livelli di gravità verso i quali l’esecutivo regionale guidato da D’Alfonso ha il dovere di dare risposte precise, nette ma soprattutto efficaci nel più breve tempo possibile tramite provvedimenti legislativi ad hoc.

E’ totalmente inaccettabile – conclude Leandro Bracco – che a poche decine di chilometri dai capoluoghi di provincia abruzzesi si verifichino scene degne della schiavitù che prevalentemente nella parte meridionale degli Stati Uniti si concretizzarono nella prima metà del 19° secolo”.

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