Contro ogni forma di discriminazione razziale la scrittrice dei Marsi Maria Assunta Oddi propone ai giovani la cura della memoria in nome della poesia

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“Sotto le stelle impassibili, sulla terra infinitamente deserta e misteriosa, dalla sua tenda, l’uomo libero tendeva le braccia al cielo infinito non disturbato dall’ombra di nessun Dio” (Dino Campana).

“Uomini pace! Nella prona terra troppo è il mistero; e solo chi procaccia d’aver fratelli in suo timor, non erra” (Giovanni Pascoli-I due fanciulli).

Iniziare a parlare con la voce dei poeti della tragedia immane del genocidio, che portò alla deportazione e poi alla morte sei milioni di ebrei, significa scoprire, attraverso il senso della comunicazione delle emozioni, l’orrore della guerra e della discriminazione ma anche il valore della fratellanza e della solidarietà, uniche certezze in un contesto di disperazione e di disinganno. Le parole dei poeti hanno sempre cantato la pace mantenendo vigile, soprattutto nei momenti oscuri, la coscienza critica sul presente. Un coro così unico di voci di dolore, di speranza, di sofferto amore alla vita, ciascuna con un suo specifico lessico, ha costituito un baluardo a difesa della libertà. Nella “Fatica” di restare e diventare uomini tra tutti i versi ricorderemo, con particolare interesse, quelli dei bambini prigionieri del ghetto a Terezin metafora dell’anima infantile ferita: “Morirò domani-con parole d’amore sulle labbra- nell’alba di una notte d’esilio-solo-di fronte al cielo indifferente-nessuno avrà saputo la mia fatica-per diventare uomo”.

L’espressione letteraria della tragica condizione esistenziale fu come un dono per loro, che li confortò e li sostenne, accanto ai legami di solidarietà e di amicizia nella vita nei singoli “Heime”, pur nella costante nostalgia dei genitori. Le poesie dei bambini prigionieri rappresentano un testamento spirituale commovente che raccoglie il patrimonio di esperienze di dolore e nel contempo di riscatto di quella infanzia che fu oltraggiata e negata. Nei poeti, in tutti i poeti, la speranza della liberazione è sentita come immancabile e imminente. C’è nei lirici una connotazione di laica religiosità in nome della fraternità: il bisogno di uscire da sé per trovare nell’altro una dimensione di specchio, in cui leggere più a fondo dentro di sé per cogliere il proprio e l’altrui mistero. Indipendentemente dalle latitudini e longitudini tutti apparteniamo alla stessa famiglia pertanto il razzismo, in ogni luogo e in ogni epoca, è connesso ad un fatto culturale ed educativo. Oggi la maggior parte dei giovani è cresciuta in un presente immanente nel quale manca ogni rapporto con il passato. La conoscenza e l’approfondimento degli eventi storici trascorsi, l’ascolto edificante dei sopravvissuti allo sterminio, lo studio analitico dei principi fondamentali della Carta Costituzionale della Repubblica italiana e del diritto internazionale costituiscono il punto di partenza perché i giovani prendano a cuore le sorti dell’umanità per un futuro di pace e di sviluppo. L’Agenda nell’articolo 10 propone ai discenti l’importanza, per uno sviluppo realmente sostenibile, dell’inclusione sociale, economica e politica per tutti entro il 2030. La scuola in tal senso ha un ruolo fondamentale per la maturazione civile dei ragazzi.

Comprendere che il contrasto ad ogni tipo di discriminazione ed emarginazione è necessario ad una convivenza democratica significa adoperarsi per la cittadinanza attiva. Si tratta di una fase storica estremamente delicata che chiama noi tutti, ciascuno per la sua parte di responsabilità, ad un eccezionale impegno civile per far sì che la coesistenza e l’unione fra i popoli non restino mere utopie. Anche l’istituzione scolastica, soprattutto quella di base, che sta vivendo una stagione di riforme, è invitata ad offrire il suo decisivo contributo in termini di formazione delle coscienze tramite lo studio della storia come percorso verso la libertà. In un mondo che si caratterizza sempre più come” villaggio globale multietnico”, fenomeni di intolleranza sono anacronistici e contrari a qualsiasi logica di sviluppo nell’ottica della interculturalità. La possibilità di annientare la vita, come quella di valorizzarla, dipende dalla volontà e dal raziocinio dell’uomo: lasciamo dunque aperta la via della ragione e alle parole, unici strumenti di verità affinché si possa dire “mai più guerra”. La cultura ha come unica fonte la vita e come unica finalità quella stessa vita. Soprattutto la “poesia” significa in primo luogo libertà. Libertà è disobbedienza di fronte a ogni forma di sopraffazione o di annullamento della persona come disse Giorgio Caproni in occasione della laurea “Honoris causa” nel 1984 presso l’Università di Urbino.

Commemorare la Giornata della Memoria significa invitare tutti, e in particolar modo le nuove generazioni, a rinsaldare tramite la memoria storica conservata anche nella bellezza dell’arte, il legame fondamentale che unisce chi abita su questo pianeta, all’insegna della solidarietà e della pace perché “quando è accaduto può ancora accadere”. Primo Levi apre il romanzo autobiografico, dove racconta l’orrore vissuto personalmente ad Auschwitz, con una lirica titolata “Shemà” che fa da prefazione al libro, nella consapevolezza del potere della parola poetica ad ammonire gli uomini, affinché  non dimentichino mai ciò che è accaduto, tramite l’empatia dei sentimenti: “Considerate se questo è un uomo-che lavora nel fango-che non conosce pace…Meditate che questo è stato: vi comando queste parole:-Scolpitele nel vostro cuore-stando in casa andando via, coricandovi alzandovi; ripetete ai vostri figli”. Nei suoi versi, dall’intensità straordinaria di umani significati, Levi unisce i poeti alla memoria salvando il passato dalla dimenticanza e dall’oblio al fine di rivendicare la dignità dell’uomo. Scriveva a proposito della forza salvifica della poesia Giuseppe Ungaretti: “Io credo che il giorno che non ci sarà più la poesia, non ci sarà nemmeno l’uomo”.

Ascoltare la voce di chi ha sopravvissuto portando la testimonianza sconvolgente dell’inferno del lager significa responsabilizzare la propria coscienza con la rivendicazione della dignità e della libertà dell’uomo.

Nella Giornata Internazionale Della Memoria in molte scuole si portano le varie testimonianze dei sopravvissuti, tra queste quella di Liliana Segre, superstite dell’Olocausto e testimone attiva della Shoah, mi ha colpito maggiormente per la presenza nel suo animo di un aspetto lirico legato all’infanzia. Stupisce come anche nelle pagine del diario di Anna Frank e di tutti bambini deportati la presenza della speranza nella quotidianità drammatica si vesta di poesia. Quando a Liliana viene detto che non potrà più frequentare le lezioni, non sapeva di essere ebrea, ne poteva comprendere le conseguenze delle leggi razziali. A tredici anni, dopo aver perso la casa e assistito allo smembramento della famiglia, parte il 30 gennaio 1944 dal binario 21 della stazione Centrale di Milano per essere deportata nel campo di sterminio. Sarà l’unica bambina di quel treno a sfuggire alla morte. Ogni sera nel campo cercava una stella. Poi ripeteva dentro di sé: finché io sarò viva, tu continuerai a brillare. Nella loro innocenza i piccoli della terra sanno, senza saperlo razionalmente, che “nessuna descrizione non poetica della realtà potrà mai essere completa”. “Abbiamo infinitamente bisogno delle sue magie per interpretare l’alfabeto del mondo. La poesia è una chiave preziosa e insostituibile per entrare nella parte più segreta della nostra psiche aiutandoci a ritrovare nello sguardo di stupore, di chi alza gli occhi verso le stelle, la certezza che il bene vinca sempre le umane malvagità. Diceva Leonardo da Vinci:” Traccia la tua rotta verso una stella e supererai qualsiasi tempesta”. Ricordare Liliana in veste di bambina rende il dolore esistenziale profondo ma nel contempo aperto alla vita proprio grazie al senso di meraviglia di fronte alla bellezza del firmamento. Del resto la narrazione è il più grande insegnamento per i giovani affinché possano fare dell’indagine storiografica educazione alla tolleranza e all’inclusione nella consapevolezza che la diversità è ricchezza. Come suggerisce saggiamente la lettera sulla tolleranza di Locke, filosofo illuminista:” Non è la differenza delle opinioni (che è inevitabile), ma il rifiuto di tollerare coloro che hanno opinioni differenti…che produce i disordini e le guerre”.

E’ necessario convivere pacificamente nella Terra, nostra casa comune, in una variegata tribù di fratelli e sorelle appartenenti all’umana famiglia. Albert Camus dice:” La pace è l’unica battaglia che valga la pena intraprendere”. Un giorno anche la guerra si inchinerà all’armonia di un canto. La poesia osserva Donatella Bisutti, salverà il mondo permettendo di capire noi stessi e l’altro mescolando la terra e il cosmo nello slancio della vita. Come dice Ferdinando Tartaglia la poesia non serve a niente, nello stesso tempo, serve a tutto, perché tocca le corde più sensibili del nostro cuore. Per questo è inutile come la rosa, simbolo del meraviglioso che affascina e quasi spaventa l’uomo: “La rosa-così inutile è cosa che spaventa. Anche la poesia: come la rosa”. Del resto anche John Kennedy, nel Discorso alla Nazione, riflette sull’unico destino dell’uomo mortale: “Respiriamo tutti la stessa aria. Abbiamo tutti a cuore il futuro dei nostri figli. E siamo tutti solo di passaggio”.

Liliana, eletta Presidente del Senato per un giorno, ha inaugurato la XX legislatura del Senato con un discorso alto per i valori etici-morali e sociali nella difesa della democrazia e della Costituzione, che ha sempre garantito le minoranze, per un mondo di pace. Il suo racconto è profondo ed esemplare nella testimonianza personale di una bambina che nel 1938, a seguito delle leggi razziali, fu costretta a lasciare vuoto il banco della scuola elementare. Ora si stupisce di come per uno strano destino sieda nel Parlamento sul podio più prestigioso. Commuove la sua profonda umiltà nella consapevolezza del mutare delle condizioni empiriche dell’esistenza. Nel discorso la Segre è conciliante, nell’invitare i politici alla gentilezza verbale; radicata nella storia del 900 nei suoi eventi drammatici; celebrativa nella difesa delle festività civili che ricordano le date fondamentali della cittadinanza attiva; progressista in un europeismo solidale ed inclusivo. La sua vicinanza a coloro che vivono quotidianamente nella povertà e nell’emarginazione rende straordinaria la sua vicinanza ai contemporanei. Liliana, madre e nonna affettuosa, celebra la forza delle donne che superando, tra infiniti ostacoli, la differenza di genere è riuscita a rivestire cariche pubbliche importanti aprendo la strada a tutte le donne:” Dalle ragazze della Costituente alle ragazze di oggi”.

Di lei sorprende l’eleganza di una persona che pur essendo avanti negli anni, conserva la bellezza eterna dell’animo. La frase “Siate sempre come la farfalla gialla che vola sopra i fili spinati” che è molto simile alla poesia “La farfalla” di Pavel Friedman, un ragazzo deportato a Terezin e poi morto nel campo di sterminio di  Auschwitz, si fa simbolo della possibilità di rinascita. La trasformazione dalla modesta larva ad un essere nuovo capace di volare ci ricorda che anche noi possiamo superare le nostre sfide e trasformarci in individui migliori e più forti. Liliana con l’esempio della sua vita invita tutti a credere che c’è sempre una luce in fondo  al tunnel anche quando tutto è oscuro. Per costruire ponti e non muri spinati dobbiamo impegnarci tutti a non essere indifferenti e ad agire con coerenza per combattere l’antisemitismo e la violenza in tutte le sue forme anche quelle tecnologiche dei social. Liliana nel suo intervento davanti al Parlamento Europeo disse: “Quando parlo nelle scuole dico che ognuno nella vita deve mettere una gamba davanti all’altra, che non si deve mai appoggiare a nessuno perché nella “marcia della morte” non potevamo appoggiarci al compagno vicino che si trascinava nella neve con i piedi piagati e che veniva finito dalla scorta se fosse caduto. Ucciso. La forza della vita è straordinaria, è questo che dobbiamo trasmettere ai giovani di oggi. Noi non volevamo morire, eravamo pazzamente attaccati alla vita qualunque essa fosse…Ricordo quella bambina di Terezin che, prima di essere uccisa, ha disegnato una farfalla gialla che vola sopra i fili spinati”. Ha concluso poi: “che la farfalla gialla voli sempre sopra i fili spinati. Questo è un semplicissimo messaggio, ai miei futuri nipoti ideali. Che siano in grado, con la loro responsabilità e la loro coscienza, di essere sempre questa farfalla gialla che vola sopra ai fili spinati”.

Ancora una volta la poesia si fa arma della libertà che ci ricorda che anche nella notte più buia abbiamo la necessità di sentirci altrove in un futuro migliore per salvare il mondo e l’umanità tutta abbracciando il fratello.

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