Avezzano – Centinaia di barbieri, parrucchieri e centri estetici di tutt’Italia promuovono un’azione collettiva presso il TAR del Lazio contro il Dpcm del 26 aprile scorso che ha fissato al 1° giugno, la riapertura delle loro attività, che, per ironia del destino, cade di lunedì, giorno di riposo per chi lavora nel settore.
Per capire come si sta vivendo questa crisi in Marsica, la nostra testata ne ha parlato con un giovane parrucchiere, Daniele Doschi, titolare dell’omonimo salone a Capistrello, e con Giuseppe Mancinbi proprietario di un salone ad Avezzano. Daniele non esita a dire che dopo appena due mesi di serrata, la realtà sta già presentando un conto molto salato.
Giuseppe rincara la dose dicendo che la situazione è molto più grave di come viene raccontata, a partire dal fatto che le decisioni sono demandate a un comitato tecnico scientifico. Ma per lui, la cosa più preoccupante è che dopo due mesi di quarantena, con 210.000 contagiati e le attività chiuse, per i parrucchieri, tutto è rimandato al 1° giugno.
«Mi sono confrontato con almeno una trentina di miei colleghi» ci dice Daniele «Siamo tutti preoccupati perché da una parte abbiamo la certezza delle spese di conduzione dell’attività, con affitti e bollette che arrivano sempre puntuali, dall’altra, l’incertezza per un futuro che ci pone davanti un altro mese di chiusura.»
Giuseppe dal canto suo aggiunge «Fra un mese, con la gente che sarà tornata a girare ci può stare che i contagi risalgano e allora non si capisce perché oggi, con i contagi in calo, dobbiamo restare chiusi, mentre fra un mese, con i contagi che potrebbero risalire, si potrà riaprire perché per il governo saremo capaci di garantire la sicurezza che oggi non siamo in grado di offrire. Roba da matti!»
Daniele è un giovane intraprendente. Quattro anni fa decide di investire su se stesso e si mette in proprio dopo anni di studio e di gavetta. Apre il suo negozio da parrucchiere con notevoli sacrifici, sia in termini economici che personali, ma anche con tanto entusiasmo e grandi ambizioni. Vuole essere partecipe dello sviluppo economico del suo paese ma mai avrebbe immaginato che una pandemia avrebbe messo a rischio i suoi sogni.
«Sono molto preoccupato.» commenta «per la disattenzione da parte del Governo su un settore strategico per le nostre comunità. Ci sono storie personali e tanti sacrifici che rischiano di essere cancellati per scelte che non dipendono da noi.»
«Questi» dice Giuseppe «Ci vogliono costringere a lavorare in nero, andando al domicilio delle persone dove le condizioni igenico-sanitarie non possiamo conoscerle, col rischio di ammalarci e essere costretti a chiudere l’attività. La verità è che rischiamo di non riaprire nemmeno a giugno, e se riapriremo, accadrà quando ci sarà un vaccino.»
È proprio di questi giorni l’osservazione del Codacons che rileva come l’ulteriore dilazione dei termini della riapertura rischia di alimentare l’abusivismo e il lavoro nero, spingendo parrucchieri e estetiste a prestare i loro servizi a domicilio, esponendo le persone a maggiori rischi di contagio in assenza di adeguate misure igienico-sanitarie.
Daniele ci tiene a sottolineare come la sua categoria cerchi di stare sempre al passo investendo sia sulla formazione, attraverso corsi di aggiornamento nazionali, che riguardano la moda, con le sue tendenze e i suoi stili, sia sul costante e continuo adeguamento dell’attività alle normative igieniche e sanitarie.
Per questo, facendosi portavoce degli altri suoi colleghi, dice di ritenere incomprensibile questo ulteriore mese di blocco totale dell’attività, visto che il tema della salute è per loro prioritario da sempre. «Seguiamo le più rigorose procedure igienico-sanitarie, attraverso la garanzia di locali igienizzati e l’utilizzo di materiali usa e getta. Noi, non avremmo difficoltà a ripartire anche da domani, se ci fosse consentito.» Afferma con una punta di orgoglio.
Su questo aspetto Doschi il Parrucchiere non ha peli sulla lingua. «Purtroppo il problema è diffuso. Per me chi pratica l’abusivismo non è un professionista e chi lo fa in questo periodo è anche un irresponsabile che mette in pericolo la propria e l’altrui salute, contribuendo potenzialmente al contagio. È su questo il governo dovrebbe essere assolutamente rigido.»
Secondo Giuseppe attendere le decisioni del governo è solo una perdita di tempo. Fosse per lui invece di incatenarsi davanti al negozio o andare a protestare a Roma dovrebbero riaprire tutti insieme fra il 4 e l’11 maggio. «Se lo facciamo tutti non ci possono fare niente, perché dopo tre mesi di blocco totale, il nostro servizio è diventato indispensabile. Dopo tre mesi, chiunque ha bisogno di andare da un barbiere.» dice senza mezzi termini.
Alla domanda su come immagina il futuro, Daniele ci ha risposto che lui resta ottimista. «Da quando è iniziato il lockdown ho tenuto acceso il barber pole – la caratteristica insegna dei barbieri – in segno di speranza. Penso non ci si debba fasciare la testa prima di cadere. Sarà necessario rimboccarsi le maniche e tutto andrà rimodulato.»
Se prima il barbiere era una sorta di punto di ritrovo dove i clienti, in attesa del proprio turno, scambiavano due chiacchiere, il distanziamento sociale prolungato imporrà regole diverse. Si fisseranno appuntamenti in orari predefiniti ma i parrucchieri continueranno ad essere quella piccola isola di relax dove tra una battuta e l’altra si tornerà pian piano alla normalità.