Da “Il Piccolo” di Trieste del 15 Gennaio 1915 la cronaca dell’arrivo dei primi due treni di feriti di Avezzano giunti a Roma dopo il terremoto

Da "Il Piccolo" di Trieste del 15 Gennaio 1915 la cronaca dell'arrivo dei primi due treni di feriti di Avezzano giunti a Roma dopo il terremoto

Avezzano – Il testo che segue è un resoconto delle prime operazioni di soccorso a Roma in seguito al devastante terremoto che colpì Avezzano e la Marsica il 13 Gennaio 1915.

Pubblicato il 15 Gennaio, quindi due giorni dopo la grande catastrofe, su “Il Piccolo“, importante giornale triestino, il testo descrive l’arrivo dei primi treni carichi di feriti nella capitale.

Il drammatico racconto mette in evidenza l’emergenza sanitaria e sociale in corso, il coinvolgimento delle autorità locali e delle associazioni di pubblica assistenza, e la drammatica testimonianza dei sopravvissuti, alcuni dei quali hanno perso gran parte della loro famiglia.

La cronaca offre uno spaccato di umanità, dolore e sofferenza, in un momento di grande devastazione. Ecco, per intero, l’articolo che racconta uno dei momenti più dolorosi e tragici della storia di Avezzano e della Marsica:

Roma 14 [Gennaio, NdR] Alle 9.20 di stasera sono giunti a Roma con un treno speciale da Avezzano i primi feriti. Alla stazione il servizio di p.s. era diretto dal Questore in persona, con molti funzionari e agenti, coadiuvato dal segretario comunale di Roma e da alcuni consiglieri comunali.

Sotto la tettoia erano i militi di parecchie associazioni di pubblica assistenza con le barelle e tutto il necessario per il pronto soccorso. La maggior parte degli arrivati presenta ferite alla testa e alle gambe. I feriti sono fasciati alla meglio con pezze di lenzuola, asciugamani, o anche con dei semplici fazzoletti. Essi confermano che molti paesi del bacino del Fucino hanno subito la tragica sorte di Avezzano.

Per le 23.30 era qui atteso da Avezzano un secondo treno con una ottantina di feriti. Sotto la tettoia della stazione erano allineate molte barelle delle varie associazioni di pubblica assistenza. La stazione era affollata di gente in attesa di profughi. Alcuni aspettavano i loro parenti; vi erano pure dei profughi giunti col primo treno, tra cui una signora molto ricca, di Cappelle dei Marsi, paese situato a circa sei chilometri da Avezzano. Questa signora – al signora De Dominicis – attendeva il marito, che doveva giungere col secondo treno e, singhiozzando, narrava di aver perduto sotto le macerie la madre, la suocera, due figli e un fratello; di un altro fratello essa ignorava la sorte.

Ad attendere i feriti erano giunti il Sottosegretario agli Interni, on. Celesia; il prefetto di Roma, comm. Aphel; il sindaco di Roma, principe Colonna; parecchi consiglieri comunali e molte altre autorità.
Il treno giunse con due ore di ritardo e tutti si sono affollati verso i vagoni, da cui sono cominciati a discendere i profughi e i feriti, tutti in uno stato pietoso e con ancora impressi sui volti i segni del terrore. Alcuni dei feriti, i più gravi, sono stati subito deposti sulle barelle e sulle automobili, che li hanno trasportati nei vari ospedali di Roma; altri meno gravi sono partiti dopo in altre automobili, ma verso la stessa direzione.

Un particolare pietoso: appena il treno è giunto a Roma, una donna che si trovava in stato interessante diede alla luce una creaturina. La discesa dei feriti dal treno durò circa mezz’ora e lasciò in tutti una profonda commozione.

Nella notte si attendono altri treni da Avezzano e altri ne giungeranno nelle prime ore di domattina. Tutti i feriti giunti stasera concordano nel dire che Avezzano è tutto un mucchio di rovine e che pochi fra i sepolti potranno ancora esser vivi. Così anche quelli che giungono dai vicini paesi dicono che appena una minima parte delle rispettive popolazioni è riuscita a salvarsi“.

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