Bisegna – Il 24 giugno il paese di Bisegna è meta di pellegrinaggi per celebrare la ricorrenza di S. Giovanni Battista. Nel passato numerosi erano i pellegrini che vi si recavano a piedi dai centri vicini, ma anche da più lontano, come da Trasacco. Oggi l’affluenza è molto diminuita e si va in auto. Il pellegrinaggio da Trasacco negli ultimi 4/5 anni non è stato organizzato, ma ci sono buone probabilità che possa proseguire in quelli futuri.
La tradizione del pellegrinaggio da Trasacco ha una particolarità che lo contraddistingue dagli altri: la sua organizzazione da più di 2 secoli ricade su un’unica famiglia della nostra cittadina. Parliamo della famiglia D’Amico, in particolare Domenico, geometra. Ciò perché il primo ad iniziare tale tradizione fu un suo antenato, Iacobo D’Amico. Da allora in poi, ogni anno, da due secoli a questa parte, tale incombenza ricade sui membri della suddetta famiglia, trasmessa di padre in figlio o figlia o parente prossimo. Come ogni pellegrinaggio che si rispetti, esso è fornito anche di stendardo, che è custodito dai D’Amico.
Una peculiarità di questa tradizione consiste nel comparatico, che viene effettuato tra i fedeli che si recano a visitare il santuario di S. Giovanni, posto in montagna nelle vicinanze del centro di Bisegna. Nei paraggi della chiesa insiste una sorgente di acqua viva e freschissima che fuoriesce dalla cannula di una fonte in pietra risalente al 1787. E’ quella che comunemente viene denominata la fonte miracolosa di S. Giovanni. Il rito del comparatico consiste nell’immergere, da parte di due persone, le mani unite tra loro nell’acqua della fonte pronunciando una qualsiasi formula o parole che richiamino il legame di compari o comari che si va a stabilire.
Da quel momento nasce un vero e proprio rapporto di comparatico tra le persone, il c.d. “compare o comare di San Giovanni”, che dura tutta la vita e che talora è più forte persino del legame che si stabilisce tramite battesimi, cresime o matrimoni.
Nelle acque della fontana, inoltre, i fedeli bagnano le mani, le braccia e il viso, perché si ritiene che essa, per intercessione del santo, guarisca da malattie della pelle, in particolare dalla scabbia.
A tal proposito le mamme erano solite mettere una bacinella piena d’acqua all’aperto durante la notte tra il 23 e 24 giugno, perché si riteneva che quell’acqua venisse benedetta da S. Giovanni, con la quale al mattino lavavano il viso ai figli e a tutta la famiglia.
Quella notte, infatti, viene ritenuta magica e densa di presagi, in quanto ricade nel solstizio d’estate che si verifica fra il 19 e il 25 giugno. In diverse culture antiche, addirittura babilonesi, greche e romane, il solstizio era ritenuto il periodo dello sposalizio tra il Sole e la Luna, evento che dava luogo al c.d. “rito della divinazione”.
Altra tradizione, che si teneva sempre nella medesima notte di cui sopra, riguardava i giovani innamorati, maschi e femmine.
Le ragazze praticavano un rito per cercare di sapere quale sarebbe stato il loro futuro da innamorate; se sarebbero riuscite a trovare l’uomo da amare il più presto possibile; oppure sapere se il loro fidanzato le amasse davvero e se si sarebbero sposate presto. Per fare ciò, ponevano fuori dalla finestra, al fresco della notte, un bicchiere o altro recipiente di vetro pieno d’acqua in cui era stato versato il bianco d’uovo con successivo scuotimento del contenuto liquido prima di lasciarlo all’aria all’aperto. Al mattino nel recipiente si sarebbero trovate nell’acqua tante forme fantasiose molto variegate tra loro formate dall’albume, che la ragazza doveva poi interpretare e cercare di capire se quelle figure che ne venivano fuori sarebbero stato un buon auspicio o un brutto presagio.
Il giovane, invece, cui piaceva una determinata ragazza, durante la notte di S. Giovanni depositava davanti l’uscio di casa di lei doni e regali si ché la donna amata li trovasse al mattino e li apprezzasse. Al contrario, alla donna con cui si era in lite o con cui si era stati fidanzati e lasciati per colpa di lei o che non aveva accettato la proposta di fidanzamento o che temporeggiava pretestuosamente ad accettarla, il giovane abbandonato o deluso o respinto faceva trovare rami di cicuta o di sambuco o rottami di vasi da notte o altri oggetti poco graditi.
Altro rito riguarda la preparazione del liquore conosciuto come “nocino”. Per poterlo produrre è necessario raccogliere le noci con tutto il mallo nel giorno in cui si festeggia il santo in questione, ossia il 24 giugno.
Molti altri riti ancora erano legati a tale ricorrenza. Ad esempio, il contadino conferiva alla rugiada della notte di San Giovanni un influsso benefico purificatore per la persona e per la terra. Solo chi si bagnava o si rotolava nell’erba inumidita dalla rugiada acquisiva un fisico forte e vigoroso. Il contadino, inoltre, nella sua saggezza, usava interpretare il volo delle lucciole durante la notte del 24 giugno. Se questi insetti volavano basso rasentando il terreno, l’estate futura sarebbe stata torrida e siccitosa; in caso contrario, se volavano lambendo i rami delle siepi e delle piante portandosi verso l’alto, l’estate sarebbe stata fresca e piovosa. Il vedere un gufo (animale portatore di saggezza e di fortuna) nella notte di San Giovanni era un buon auspicio. Il vedere, invece, o incappare in un pipistrello era un brutto presagio, un segno di sventura.
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