Educare è un modo di amare: cosa significa per la scuola di oggi l’opera di Don Bosco. Riflessioni di Maria Assunta Oddi

Giovanni Melchiorre Bosco, conosciuto da tutti  come Don Bosco, fondatore della Congregazione Salesiana e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, fu proclamato il patrono della gioventù da Papa Giovanni Paolo il 24 maggio del 1989, per la sua opera educativa.

Don bosco, infatti, dedicò tutta la sua esistenza alla formazione dei bambini e dei giovani per renderli felici , come usava dire, nel tempo e nell’eternità.

Egli basò  il suo metodo inteso come “Sistema preventivo” su tre pilastri: ragione, religione e amorevolezza. Incentivando l’auto-stima tale metodologia didattica offriva ai ragazzi un ambiente che incoraggiava a dare il meglio di sé, nel riconoscimento dei propri talenti e dei propri limiti. Nella pedagogia della prevenzione del disagio giovanile la ragionevolezza unita all’esperienza deve condurre alla persuasione non all’accettazione indiscussa. Imparare a conoscere, imparare a fare, imparare a vivere insieme per giungere alla finalità ultima dell’educazione salesiana: imparare ad essere. Tale concezione, con un riferimento straordinario all’attualità, risponde perfettamente agli odierni obiettivi: sapere-saper fare-saper essere. Nonostante l’efficacia formativa delle sue scuole, al di là di espressioni programmatiche, Don Bosco non ha formulato nessun trattato sulla sua teoria pedagogica. Ciò che abbiamo sono alcune pagine,dal titolo” Il sistema preventivo” scritte nella primavera del 1877.

Eppure fu un grande educatore che, pur non avendo teorizzato con un discorso sul metodo le proprie teorie, realizzò nella prassi la sua concezione di scuola. La pedagogia di Don Bosco è vita vissuta che ancora oggi si impone nella sua validità ai nostri giorni.

Umberto Eco riconosce a Don Bosco una funzione sociale come lotta alla disgregazione causata dalla rivoluzione industriale tramite l’invenzione  dell’Oratorio Salesiano: “una macchina perfetta in cui ogni canale di comunicazione, dal gioco alla musica, dal teatro alla stampa (…) è gestito in proprio e riutilizzato e discusso quando la comunicazione arriva da fuori”. Anche Lombardo Radice aveva riconosciuto in Don Bosco la capacità di aprire la chiesa come istituzione alle masse popolari.

Il disorientamento odierno dei giovani spesso in balia delle persuasioni occulte nei social network, condizionati dagli “Influencer”in uno sterile e pilotato marketing, oscilla dall’autoritarismo cieco allo spontaneismo fino al permissivismo. Del resto un uso non etico della tecnologia fa dell’intelligenza artificiale uno strumento asettico privo di dare emozioni empatiche necessarie alla costruzione di una comunità solidale nel rispetto dei diritti fondamentali. Mai come oggi si avverte la necessità di”educazione preventiva”come reinterpretazione originale dell’educazione di Don Bosco per rispondere all’odierna “emergenza educativa”. Educare richiede responsabilità di fronte all’uomo in crescita nel bisogno insopprimibile di valori laici e cristiani su cui fondare il senso della vita futura. Per cui l’amorevolezza è l’anima di un sistema formativo che salva dall’edonismo e dall’individualismo narcisistico.

A mio avviso c’è bisogno di “cuore educativo”  come amore tra discente e docente capace di porre il centro dell’uomo nella sua relazione con l’altro, con l’oltre e con la natura. Educare è più di un mestiere ma è una relazione autentica nella quale sia il maestro che l’alunno rielaborano e modificano nel dialogo il progetto esistenziale di tutti e di ognuno.

    Educare pertanto è un supplemento dell’anima che si dona con passione nella ricerca condivisa della verità.

    Favorendo un cammino formativo di autenticità, come osserva A. Caviglia, Don Bosco stabilisce relazioni basate sulla capacità di intuire i bisogni reali e profondi dei giovani per credere nel potere formativo anche nei casi più difficili: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri”.

    Nell’idea della promozione integrale a Don Bosco si deve il passaggio, sia dal punto di vista storico che quotidiano, da una società dell’uomo-prassi alla cultura dell’uomo totale , come disse Giovanni Paolo II,

    nella convinzione che Dio è presente e opera nella vita di ogni giorno. Nell’odierna disgregazione della società tra le infinite realtà virtuali è importante ribadire, seguendo le orme di Don Bosco, che non è possibile valorizzare le potenzialità espressive, comunicative e partecipative senza reale condivisione e collaborazione. L’azione educativa può creare autentica spiritualità solo se immersa nel tessuto di relazioni interpersonali. In tutti i contesti familiare, scolastici, lavorativi e della comunicazione economica e politica è necessaria una formazione umana etica e quindi comportamentale. A maggior ragione, come hanno sempre asserito Rodari, Manzi e Don Milani, per l’educazione primaria, non ci si improvvisa maestri senza avere passione per la funzione educativa. Solo l’esempio concreto ispirato alla coerenza e retto dalla volontà può affascinare i giovani. Facciamo le marce della pace e poi nella vita quotidiana siamo incapaci di rispettare l’altro nella sua dignità. Diciamo di voler salvare il pianeta e poi continuiamo ad inquinare dimenticando che anche i piccoli gesti possono migliorare l’ambiente. Consideriamo la nostra epoca l’apice della comunicazione  nella globalizzazione e poi siamo incapaci di misurare gli effetti che le nostre parole hanno sugli altri. Le problematiche attuali derivano dalla crisi di valori. Conosciamo il linguaggio informatico ma abbiamo dimenticato l’alfabeto dei sentimenti. Per Don Bosco la conoscenza è utile solo quando parla con il cuore e si mette in ascolto del cuore dell’altro. Nel chiasso mediatico siamo soli nell’incapacità di dare senso al nostro parlare. Si è affermata nel tempo una narrazione che presenta l’avanzare della tecnica come una componente “neutra”  dell’attività umana, in se stessa né buona né cattiva, e che fa dipendere la sua valutazione morale dalle applicazioni in cui viene declinata. Invece la ricerca scientifica non è un’attività disincantata, ma esprime valori dei singoli e delle comunità che mostrano una specifica modalità di abitare i luoghi. I docenti devono mediare l’uso di queste nuove frontiere tecnologiche facendo riflettere sui rischi e sulle opportunità richiamandosi ai bisogni inalienabili dell’uomo per la costruzione di un mondo inclusivo e democratico. Don Bosco poneva le radici di questa rivalutazione nei principi religiosi del Vangelo, ma anche nella società laica è necessario tenere fermi tali punti affinché non ci sia il primato dei mezzi sui fini e del profitto sulla persona , dei criteri dell’efficienza sulle domande di senso e dei principi trascendenti.

    Solo superando la crisi culturale ispirandosi al principio dell’amorevolezza sarà possibile costruire ponti di pace per imparare ad accogliere l’altro in un modo sempre nuovo e creativo.

    Anche Socrate, pur senza i fini teologici, sentì la necessità di “Educare all’amore” asserendo che gli esseri umani commettono il male solo per ignoranza del bene: l’arte del vivere è vivere con e per gli altri. Lasciatemi concludere con una bellissima citazione tratta dagli appunti di San Giovanni Bosco affinché ispirino ogni dialogo educativo:”Mi  rivolgo a voi genitori, insegnanti, catechisti, educatori (…) Ricordatevi l’educazione è cosa di cuore”.

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