domenica, 8 Settembre 2024
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La IV zona dell’OVRA ad Avezzano, tra bonifiche ed affittanze agrarie (gennaio-ottobre 1933)

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Nel 1933 fu istituito ad Avezzano l’ufficio della IV zona dell’OVRA, fondato per il controllo dei sovversivi nella Marsica e nell’Aquilano: socialisti e comunisti che si trovavano in stretto contatto con il gruppo degli antifascisti di Roma. 

Infatti, proprio il nucleo romano assolveva il compito «di diffondere la stampa clandestina proveniente da Parigi» (1). I noti indiziati: Palladini, Mancini, Ciccarelli, Torrelli, Amiconi, Vidimari e altri ancora, furono arrestati e denunciati al Tribunale Speciale dall’ispettore Saverio Polito (rimasto in carica fino all’ottobre del 1933, poi sostituito da Pasquale Andriani), che utilizzò senza mezzi termini: «vasta e pericolosa rete di informatori, quasi tutti assoldati, i quali non sempre furono obiettivi nei riferimenti e nelle segnalazioni, creando così maggiori arbitri in un clima diventato pericoloso, se non equivoco, per tutti». Non mancarono anche «donne di malaffare» e la stretta collaborazione di chi si distinse facendo il doppio gioco (2). Molto probabilmente, a suo tempo, era caduto nella rete dei sospettati anche il professore Ercole Nardelli, benché iscritto al partito fascista già dall’aprile del 1926 e, con decreto ministeriale, assegnato al «Regio Liceo-Ginnasio di Avezzano come Preside». Tutto questo forse spiega una sua recente «finta riabilitazione» in una scuola, dove si stava affermando «una nuova classe dirigente locale, della quale uno dei primi insegnanti sarà proprio il comunista Amiconi» (3).

Contemporaneamente, nel corso di queste importanti vicende e intrighi locali, stava crescendo la fama di Mussolini in tutta Europa in vista dell’imminente «Patto a quattro», che vedrà l’Italia, la Germania, la Francia e l’Inghilterra alleate. Per questo, considerando rilevanti sviluppi, le opere del governo fascista furono esaltate dai giornali europei come il Times e L’Observer con titoli e articoli autorevoli: «Non è stato mai più forte il Fascismo e il prestigio personale e la popolarità di Mussolini, che sono oggi più alti che mai»; oppure: «L’anno Decimo del Regime Fascista. Una delle più ammirevoli opere del Regime, i giganteschi schemi di bonifica intorno a Roma e nel finora negletto Mezzogiorno d’Italia e soprattutto i primi benefici risultati per il mantenimento e la protezione del sistema della mezzadria che assicura la cooperazione fra proprietario e contadino» (4). 

Appena fu tracciata da Mussolini una compiuta sintesi dell’attività del Gran Consiglio fascista facendone pubblicare gli «Atti del primo Decennio della Rivoluzione», anche la Stock Exchange Gazette e il News Chronicle, parlarono della «benefica influenza del Duce sugli affari internazionali con un aumento di valore dell’attività economica finanziaria italiana» (5).

Il Palazzo Torlonia di Avezzano sorvegliato dalle guardie

Nonostante questo positivo clima internazionale, le condizioni degli agricoltori del Fucino non erano per niente migliorate. Tuttavia, risultati «sempre limitati e circoscritti alle modifiche estagliari», avevano fatto sperare in taluni organismi locali che il ministero avesse voluto investire gli agricoltori: «di responsabilità dirette ai fini della soluzione del problema stesso», senza magari tener conto delle forti contrapposizioni di Torlonia. Sappiamo bene che, con l’annata 1932-1933, erano scaduti tutti i vigenti contratti di locazione dei fondi rustici nell’alveo. Conseguentemente, un capitolato provinciale fu stipulato all’Aquila il 2 ottobre 1933: «fra l’Unione provinciale sindacati dell’agricoltura e la Federazione provinciale agricoltori (che era rappresentata dal proprio presidente, principe Giovanni Torlonia) e ne fu fissata la durata di sei anni, con immediata decorrenza dal I° novembre 1933, fino al 31 ottobre 1939». 

In realtà, i ventisette articoli del capitolato, all’apparenza innovativi, causarono ben presto contestazioni, repliche, insistenze, opposizioni proprio negli uffici di Avezzano «fra gli interessati o con gli impiegati stessi, prima di decidere di firmare l’atto». A tutto ciò si aggiunga che: «l’amministrazione locatrice [Torlonia] si adoperò per frenare la corsa ai frazionamenti parcellari ed evitare di aprire nuove partite, ma con una concezione semplicemente amministrativa, stabilendo cioè di far firmare il nuovo contratto al solo fratello maggiore di più coeredi succeduti all’affittuario deceduto o rinunciatario, anche se ciascuno aveva già famiglia per proprio conto e dichiarava di voler proseguire, in ogni caso, a possedere e coltivare unicamente la quota spettategli dalla ripartizione di famiglia; oppure si persuadeva ad apporre di nuovo la firma il padre di più coltivatori anche se, per vecchiaia o inabilità, non avesse più voluto intestare; talvolta si fece anche intestare la vedova anziana dell’affittuario, anziché i suoi figli che avrebbero preteso la divisione». Tirando le dovute somme, il rinnovo generale dei contratti di affitto, apportò al latifondista locatore solo due benefici: la possibilità di accedere a notevoli crediti «mediante riscossione in liquido sulla totalità delle partite già debitrici» e un aggiornamento per mezzo di: «identificazione dei responsabili attuali delle affittanze, ciò che avrà importanza fondamentale per far procedere con nuovo impulso, come sarà detto, l’espletamento della funzione di affiancamento affidata alla S.A. Zuccherificio di Avezzano» (6).

NOTE

  1. P.Palladini, cit., p.21.
  2. Ivi, p.23. Saverio Polito, definito personaggio megalomane ed egocentrico, sarà nel dopoguerra uno dei primi questori di Roma, anche se aveva rischiato di comparire davanti al Tribunale Speciale, perché denunciato da Rachele Mussolini e in seguito imprigionato nel carcere di Parma.
  3. Il Messaggero, Anno 54° – N.226, Giovedì 22 Settembre 1932, p.6. Riabilitazione? L’articolo riporta tutte le vicissitudini di Ercole Nardelli, dal terremoto del 1915, con la riapertura del Ginnasio, fino alla scuola normale femminile di cui fu artefice, definendo la sua preziosa opera «incessante e tenace spesa in favore del nostro maggiore Istituto Scolastico»; Cfr. R.Colapietra, cit., p.177.
  4. Il Messaggero, Anno 55° – N.2, Martedì 3 Gennaio 1933. Le opere del Fascismo nel pensiero degli stranieri.
  5. Ivi, Anno 55° – N.11, Venerdì 13 Gennaio 1933.
  6. A.Pizzuti, cit., pp.58-68.

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Angelo Zarini

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