Fermati e allontanati due profughi afghani

L’ombra del terrorismo islamico sull’Aquila.  Sono stati infatti fermati due giovani profughi afgani di 30 anni che hanno chiesto asilo politico nel capoluogo sui quali sta ora indagando la direzione distrettuale antimafia di Lecce.

I due che avevano foto e video di azioni di guerra e simboli legati all’estremismo islamico sui cellulari, si trovano ora nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Restinco alla periferia di Brindisi.

Secondo quanto riportato dal quotidiano Il Messaggero i due sospettati si sono presentati mercoledì scorso alla questura dell’Aquila per chiedere per chiedere asilo politico e subito sono scattati i primi sospetti.

Hanno infatti dichiarato di non conoscersi ma dai tabulati telefonici è venuta fuori una verità diversa: sembrerebbe infatti che i due avrebbero avuto contatti, oltre ad avere sui dispositivi video inneggianti alla jihad.

Sempre dai tabulati inoltre è risultato che i due sono stati a Parigi e Bruxelles.

Il fatto è stato subito segnalato al questore Alfonso Terribile e al prefetto Francesco Alecciche hanno immediatamente incaricato gli agenti della Digos della questura, quelli del servizio immigrazione e gli agenti della squadra mobile di accompagnare i giovani al centro di Brindisi.

Il legale che li segue ha già presentato ricorso in Cassazione contro il decreto di trattenimento del questore dell’Aquila Alfonso Terribile.
Contemporaneamente, ma si tratta di una procedura di natura amministrativa, è stata avviata la pratica per la richiesta di asilo politico, che sarà esaminata dalla competente Commissione territoriale di Lecce.

Compito della polizia, almeno per quanto riguarda il capoluogo di regione, è scoprire il motivo reale per i quali i due sono passati per l’Abruzzo e, soprattutto, se hanno potuto contare su altre persone che in città possano aver fornito ospitalità e basi logistiche.

E, ancora di più, se addirittura ci possa essere una rete organizzativa su cui fare affidamento in vista di ipotetiche azioni in Italia o altrove.

I magistrati aquilani, già da tempo, davano per scontato di doversi interessare di terrorismo anche per via della vicinanza a obiettivi sensibili come Roma e il Vaticano.

La Procura distrettuale, infatti, mesi fa ha siglato un protocollo di intesa con la Procura nazionale antimafia, per coordinare gli interventi.

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