SOA: “buone notizie, nuovo studio dimostra trend della popolazione in aumento per questa specie protetta”
Due video girati nel teramano in questi giorni documentano una delle fasi più rilevanti della vita del Falco pellegrino, l’imbeccata dei pulcini al nido da parte dell’adulto.
Negli scorsi decenni la specie è stata oggetto di diversi studi da parte degli ornitologi della Stazione Ornitologica Abruzzese che proprio in questi mesi hanno curato la revisione dello status del contingente delle coppie nidificanti in Abruzzo rispetto al passato nell’ambito di una ricerca coordinata in Italia dalla LIPU.
Dichiara Massimo Pellegrini, presidente della Stazione Ornitologica Abruzzese “La specie nidifica a partire da febbraio sulle falesie dell’Abruzzo collinare e montano in cavità o terrazzi naturali dove depone le uova direttamente sul substrato. I nostri primi monitoraggi sono partiti a metà anni ’80 controllando le pareti rocciose con appostamenti con il cannocchiale per rilevare la presenza delle coppie. Essendo una predatore territoriale di solito le coppie sono spaziate di 4-5 km l’una dall’altra. Caccia essenzialmente uccelli colpendoli al volo. Le prede più comuni sono colombacci, storni, tordi, gazze, piccioni domestici. Di solito una parete viene utilizzata costantemente anno dopo anno spesso cambiando però la cavità nido. L’involo dei pulcini, di solito da 2 a 4, si ha a maggio-giugno dopo 6 settimane dalla nascita; rimangono dipendenti dagli adulti fino a luglio quando si disperdono dopo aver appreso le tecniche di caccia. I membri della coppia rimangono assieme per tutta la vita e solo se uno dei dei due muore l’altro troverà un nuovo partner. La femmina è di dimensioni maggiori rispetto al maschio. Le belle immagini raccolte in questi giorni presso una parete del teramano dalla nostra socia Giulia Pace testimoniano uno dei momenti più emozionanti della vita di questi rapaci, quello dell’imbeccata dei pulcini da parte dell’adulto. In questo caso erano ben 4”.
Dichiara Augusto De Sanctis, coautore dello studio per l’Abruzzo “I dati che abbiamo raccolto in questi decenni sono confortanti perché mostrano un costante aumento del numero di pareti occupate da coppie riproduttive. Nella nostra regione a fine anni ’80 del secolo scorso erano noti 45 siti di riproduzione, saliti a 52 del decennio successivo, 75 nel 2003, poi a 84 nel 2009. Al 2019, ultimo anno di rilevamento oggetto dello studio, sono state superate le 100 unità, per la precisione 113. Una parte di questi studi è stata realizzata con il solo volontariato mentre diverse aree protette, dal Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise al Parco del Sirente-Velino, dalla Riserva delle Gole del Sagittario al Parco del Gran Sasso, hanno finanziato approfondimenti sulla presenza dei rapaci nel loro territorio. Venti-trenta anni or sono la gran parte delle coppie erano localizzate sui principali massicci montuosi dei parchi. Oggi invece sono occupate molte pareti collinari. L’aumento della specie è in parte legato al recupero dopo il crollo dovuto alla contaminazione da DDT che aveva portato la specie al declino in quanto tramite le prede assumeva queste sostanze che comportavano l’assottigliamento del guscio delle uova che quindi non schiudevano. Poi certamente ha influito il regime di maggiore protezione nelle aree protette e probabilmente l’aumento di alcune specie preda come il colombaccio. Al contrario di altre regioni dove la specie ha iniziato a nidificare su grandi edifici – a Roma sono presenti diverse coppie e famosa a Firenze è quella che nidifica sulla cupola del Brunelleschi – in Abruzzo non abbiamo ancora accertato nidificazioni in contesto urbano anche se abbiamo diversi osservazioni di individui in città. Non resta che aspettare!”