I gravi problemi strutturali della Marsica a sette anni dal terremoto

Molti altri avvenimenti politici e amministrativi saranno messi in luce e denunciati a chiare lettere da Il Risorgimento d’Abruzzo, il più diffuso giornale del territorio con redazione a Roma (fondato dal pubblicista avezzanese Giuseppe Giffi, uomo di fiducia di Corradini), dal quale continuiamo a estrapolare episodi inediti che caratterizzeranno le lotte per la terra nella Marsica, l’avvento del fascismo e i ritardi della ricostruzione nel momento in cui quasi tutti i bilanci municipali continuavano a rivelarsi fallimentari. 

Tutto coincise con la definitiva affermazione del fascismo sul piano partitico (1921) e, l’anno dopo, sarà quello della conquista definitiva del potere. Oltretutto, come abbiamo già detto, la campagna elettorale in corso fu caratterizzata anche nella zona da gravissimi incidenti e intimidazioni imposte dalle squadre fasciste. In misura minore, parteciparono alla competizione giornaliera, socialisti, comunisti e anarchici, nel bel mezzo della crisi zonale per il carovita e per la questione degli affitti del Bacinetto. Oltremodo, il «Comitato Provinciale di propaganda per le colture alimentari», considerando i risultati negativi delle trattative con Torlonia, continuò a denunciare la scomoda presenza d’intermediari. Infatti, la persistenza di grosse aziende, specialmente quella che dirigeva l’amministrazione locale del Fucino, non rispondeva per niente: «alle esigenze delle attuali condizioni sociali degli agricoltori»; inoltre, la sperequazione praticata durante la concessione degli affitti, aveva originato «un vivo malcontento nella popolazione agricola», facendo scatenare numerose vertenze; ma, soprattutto, a peggiorare le cose persistevano i dannosi contratti che: «a differenza delle altre plaghe italiane, non rispondono alle aspirazioni dei coltivatori del Fucino» (1).

Tuttavia, il 28 agosto dello stesso anno, Gennaro Cerri convinse l’assemblea marsicana dei combattenti all’approvazione di un ordine del giorno di rottura con Casa Torlonia: i membri delle commissioni e i rappresentanti della stessa, dovevano subito dimettersi. Così, al momento, venne meno il sogno di un propizio accordo per le terre del Fucino (2).

In una situazione del genere, si sovrapposero nell’intero comprensorio altre gravi incombenze. Nuove lagnanze ricordavano alle autorità competenti della provincia dell’Aquila i problemi della scuola e degli alloggi dei maestri, fino allora ricoverati con le famiglie nelle stesse umide aule dove il giorno si teneva la lezione. 

Per questo venne riunita ad Avezzano una: «Assemblea Magistrale Marsa per rinnovazione delle cariche sociali», che vide la presenza di cinquantuno insegnanti su trecento. Nonostante ciò, partecipò vivamente alla discussione il maestro Pietro Agostinucci, che illustrò il persistere di pesanti problemi, assecondando le proteste del fascista Cornelio Di Marzio (primo segretario politico del fascio avezzanese). Cercò poi di prendere la parola, il maestro socialista Antonio Iatosti nel bel mezzo di un «baccano infernale con strepiti, urla, insulti». Tornata la calma, furono fatte le elezioni dei membri del consiglio: presenti 49 insegnanti, votanti 45, astenuti 4. Fu eletto presidente il maestro Mario De Crescenzo con 41voti. Il giornalista di turno rilevò in proposito le mancanze e gli abusi, scrivendo: «Ciò non toglie però che egli si chiamerà Presidente della Magistrale Circondariale Marsa, ossia di 300 maestri che forse non sanno neanche se egli esiste» (3). 

                          Il maestro socialista Antonio Iatosti e una pluriclasse collocata in una baracca post-sismica

 

Questo non risolse altri gravi problemi denunciati da Giuseppe Continenza, che pubblicò un articolo dal titolo: «Il grido di dolore dei maestri di Cerchio. Sono passati sette lunghi anni dal flagello del 13 gennaio 1915» e le condizioni della scuola locale sono, purtroppo, quelle di tutta la Marsica.                                          

Con un titolo in grassetto: «La Marsica e la Scuola. Il grido di dolore dei maestri di Cerchio», quindi, l’insegnante fece notare la lenta fase di ricostruzione delle scuole: «Sono passati sette lunghi anni dal flagello che il 13 gennaio 1915 si abbatté su questa ridente cittadina della Marsica, e, per riguardo ad edilizia scolastica ed al funzionamento delle pubbliche scuole elementari, a me pare che il terremoto sia avvenuto appena ieri». 

I maestri erano decisi a scioperare ad oltranza se il 1° ottobre non fossero stati pronti i locali per le numerose classi, poiché i vicini paesi di Aielli-stazione, Collarmele, Pescina, S.Benedetto e Magliano dei Marsi avevano già nuove costruzioni: «Qui invece, dove i sei maestri assegnati al Comune sono stati sempre a posto, si è avuto in gran copia la merce scolaro, perché l’istruzione è veramente sentita, ma…è mancata la scuola» (4).

Nel giugno del 1921, le pagine dei giornali favorevoli ai fasci di combattimento, tornarono a esaltare in maniera ampollosa la figura di Raffaele Paolucci: «L’Eroe del Mare Nostro ha fatto pervenire alla locale Associazione Nazionalista un fervido saluto. Lo scritto, in cui splende purissima la fede nella grandezza dei destini d’Italia, si chiude con un’invocazione ardente ai compagni», invitandolo all’inaugurazione del monumento ai caduti di Collarmele (5). 

Nel frattempo, l’ispettore demaniale Paolo Frezza, che da oltre sei anni aveva operato nella Marsica: «dove ha profuso i tesori della sua intelligenza, bontà ed attività, va a Napoli, chiamato dalla fiducia dei superiori, all’ufficio successioni» (6).

Altre importanti situazioni zonali furono rese evidenti dalla stampa. Il «Corriere di Tagliacozzo» denunciò a chiare note che: «Gli antichi amministratori disgustati dall’ingratitudine del popolo, pare che non vogliano più sapere di tornare al potere, a meno che gli elettori non pensino essi stessi con plebiscito solenne a richiamare i Cincinnati o fare uscire dalla tenda gli Achilli per il bene di questa nostra disgraziata città». La situazione era andata degenerando a causa delle pressioni dei combattenti di Ludovici, facendo insediare in municipio un commissario prefettizio (7).

A Magliano, invece, s’invocava l’intervento dell’ingegner Pietro Paolo De Paulis (dirigente della sezione di Avezzano), per eseguire gli urgenti lavori di sgombero delle macerie di aree private con relative demolizioni, appaltandoli a ditte private. Lo stesso direttore generale dell’Unione Edilizia Nazionale, fu costretto a visitare il paese garantendo gli interessi e l’incolumità dei cittadini nell’opera di rinascita. Occorreva comunque mantenere: «quell’estetica che fu la migliore tradizione del paese» (8).

Dopo le dimissioni del consiglio municipale di Capistrello, anch’esso commissariato, scioperarono gli operai della «Ditta Fornasari», che abbandonarono i lavori di sgombro delle macerie in segno di protesta (9).

Altri gravi problemi incombevano sulle popolazioni della zona, alle prese con gli acquedotti messi fuori uso dal terremoto. Il sindaco di Gioia (avvocato Ludovici), il medico provinciale De Marchis e il dottore locale Guglielmo Mascitelli, dopo la grave epidemia di tifo appena scoppiata, accompagnati dall’ingegnere capo del Genio Civile (cavalier Alfinito) si recarono urgentemente a ispezionare le sorgenti inquinate. Raggiunto dalle lamentele della popolazione, intervenne anche l’onorevole Sipari, promettendo al più presto il «riattamento dell’acquedotto distrutto dal terremoto». Dopo le assicurazioni del parlamentare, un commento laconico fu aggiunto all’articolo di fondo: «Se son rose fioriranno!» (10).

Tra le poche iniziative necessarie per risollevare un territorio marsicano gravato da mille difficoltà di ammodernamento e rinascita, ci fu quella dell’Associazione Democratica Liberale di Carsoli che, nell’Agosto del 1921 aprì ai suoi numerosi soci una «Casa Agraria di Prestiti». L’associazione «volle, propugnò i nuovi patti colonici che, sottoscritti di buon grado da tutti i proprietari, accolti con entusiasmo dai contadini, rappresentano un reale progresso in questo campo di fronte alle condizioni coloniche, che fino ad ieri imperavano in questo paese e che erano forse una delle cause prime del poco amore che il colono portava per la terra che coltivava e che ad ogni raccolto poteva essergli ripresa». In definitiva, si decise che il nuovo contratto di colonia sarebbe stato valido per otto anni, obbligando: «proprietari e coloni ad usare i perfosfati per le concimazioni, questi nuovi patti imprimeranno all’agricoltura della Piana del cavaliere quel ritorno più vitale e più intenso, che ne risolleverà le sorti» (11). Un piccolo spiraglio di speranza tra le tante disgrazie.

Note

  1. Il Risorgimento d’Abruzzo, Anno III, Num.107, Roma, 30 Aprile 1921; Id, Anno III, Num.146, Roma, 15 Settembre 1921, Il Grande Comizio di protesta per le terre del Fucino.
  2. G.Jetti, Camillo Corradini nella storia politica dei suoi tempi, Arti Grafiche Pellecchia, Atripalda (AV), settembre 2004, p.109.
  3. Ivi, Anno III, Num.123, Roma, 23 Giugno 1921. Antonio Iatosti era sostenuto dai socialisti: Filippo Carusi di Celano e Pietrantonio Palladini, un eccellente avvocato rappresentante della sinistra abruzzese, schedato dalla polizia come protagonista dell’invasione delle terre fucensi (Archivio Centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b.3672, n.13884).
  4. Ibidem.
  5. Ivi, Anno III, Num.125, Roma, 30 Giugno 1921. Il 1° novembre 1918, Raffaele Paolucci aveva affondato nel porto di Pola la Viribus Unitis, la nave ammiraglia austriaca.
  6. Ivi, Anno III, Num.137, Roma, 11 Agosto 1921.
  7. Ivi, Anno III, Num.138, Roma, 14 Agosto 1921.
  8. Ibidem.
  9. Ivi, Anno III, Num.140, Roma, 25 Agosto 1921.
  10. Ivi, Anno III, Num.144, Roma, 8 Settembre 1921.
  11. Ivi, Anno III, Num.139, Roma, 21 Agosto 1921.

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