I nostri cari in Australia. Le sofferenze di un popolo


Spesso per indicare delle tragedie si ricorre ai ricordi e racconti della guerra. ALcune tragedie al pari delle guerre sono quelle legate alla fame ed alla emigrazione. Oggi vi faccio un breve sunto, di quella che fu l’emigrazione dei nostri cari in Australia, lasciando a voi il compito poi di eventuali approfondimenti.

Quando si parla della presenza italiana in Australia si pensa all’immigrazione di massa che ebbe luogo dagli anni 50 ai 70, ma l’Italia ha avuto legami con questa terra sin dal sedicesimo secolo con gli italiani che accompagnavano spagnoli e portoghesi nei loro viaggi di esplorazioni nei mari del sud.

Il primo personaggio significativo è un missionario, Padre Vittorio Riccio, che nel 1676 approda sul continente australe e stende una mappa della zona. Riccio trova gli abitanti indigeni “abbronzati, a volte neri, coraggiosi e forti“. Da Manila scrive a Roma chiedendo il permesso di stabilire una missione cattolica nel nuovo paese. Purtroppo muore prima che arrivi l’autorizzazione e con lui muoiono anche le speranze di creare un avamposto italiano in Australia.

Anche COLONIA PENALE INGLESE

Nel 1770, il veneziano Antonio Ponto e l’italo-americano James (Giacomo) Matra si trovano a bordo della nave Endeavour sulla quale il capitano James Cook, famoso esploratore inglese, approda a Botany Bay. Qui vicino sorgerà la città di Sydney alla cui fondazione parteciperà James Matra. Il suo ruolo verrà riconosciuto nel nome di uno dei quartieri: Matraville.

Quando nel 1788 arriva la prima mandata di coloni e detenuti dall’Inghilterra tra loro c’è anche il deportato siciliano Giuseppe Tusa. Tusa si stabilisce a Sydney dove si sposa e ha quattro figli. Col tempo diviene proprietario di un podere di 50 acri, più di 200.000 metri quadrati.

Si arriva nel Queensland e si trova la canna da zucchero.

Fortuna hanno i  contadini che arrivano a Townsville, nel Queensland, per lavorare nei campi di canna da zucchero. Lo stato non potendo più avvalersi della manodopera dei lavoratori dalle isole del Pacifico meridionale decide di impiegare lavoratori italiani. È un certo Fraire a reclutare questi emigranti che salpano da Genova e arrivano in Australia nel 1891.

Il taglio della canna da zucchero è un lavoro pesante, sotto un sole ardente, in campi infestati da serpenti. Gli immigrati che sono abituati a lavorare duro non si danno per vinti e diventano anche i proprietari dei terreni. Una volta stabiliti, chiamano parenti e amici e fondano il nucleo della presenza italiana nello stato.

LA NASCITA DELLO STATO AUSTRALIANO

Alla fine del diciannovesimo secolo l’Australia è ancora composta da stati indipendenti. Quarant’anni dopo l’unificazione dell’Italia, nel 1901, anche questo lontano continente diventa una nazione. L’Italia ebbe per capitale Torino, poi Firenze e finalmente Roma. In simil modo la prima capitale australiana sarà la città di Melbourne e più tardi Canberra.

In quest’anno il censimento registra la presenza di 5679 residenti nati in Italia. Qualche anno dopo, nel 1903 verrà fondato il primo circolo italiano, quello delle isole Eolie, a Sydney. Comincia l’era della migrazione a catena che avrà una punta massima durante il periodo tra il 1950 e il 1970.

Sebbene la grande maggioranza degli italiani sia arrivata in Australia dopo il 1945, alcuni insediamenti risalgono alla seconda metà del secolo scorso , quando gruppi di italiani furono reclutati inizialmente per lavorare nelle zone minerarie del Victoria e poi, verso la fine del secolo, nelle grandi piantagioni di canna da zucchero e di tabacco del Queensland. Negli anni intorno alla prima guerra mondiale, la presenza italiana era ormai considerevole in due settori in particolare: nell’agricoltura, dove parecchi tagliatori di canna del Queensland settentrionale erano diventati proprietari terrieri, e nell’industria della pesca, grazie all’arrivo più recente di pescatori soprattutto dalla Puglia e dalla Sicilia.

Un sensibile aumento dell’immigrazione italiana in Australia si registrò nel periodo tra le due guerre, anche in seguito alle restrizioni5 poste all’immigrazione negli Stati Uniti. In questi anni si allarga il numero di regioni e di province da cui provengono gli italiani e la gamma6 di attività in cui si inseriscono. Cominciano così a formarsi degli insediamenti anche nelle zone agricole del New South Walles e del Victoria, e nei due centri urbani di Sydney e Melbourne. […]

Fu solo dopo il 1920 che il numero di italiani immigrati si fece più consistente, tantoché il censimento del 1921 registrava più di 8.000 residenti di nazionalità italiana e nel periodo compreso tra il 1922 ed il 1930 si contarono circa 30.000 nuovi arrivi dall’Italia.

L’immigrazione si ridusse notevolmente durante la seconda guerra mondiale, periodo durante il quale, gli italiani d’Australia subirono grosse discriminazioni e molti di loro vennero addirittura internati in campi di detenzione per quelli che erano considerati nemici di guerra, come italiani e tedeschi. In questi campi venivano impiegati soprattutto come contadini o come fattori.

Più di 18.000 italiani vennero inviati nei campi di concentramento come prigionieri di guerra. Insieme ai cosiddetti “enemy aliens” (ovvero coloro che erano detenuti per il semplice fatto di essere italiani), dopo il 1942 gran parte di essi furono inseriti come lavoratori nelle fattorie. Molti prigionieri si fecero apprezzare per il duro lavoro, guadagnandosi così il giudizio favorevole dei loro boss Australiani.

Fra il 1947 e il 1976 arrivarono in Australia oltre 360.000 italiani, la maggior parte dei quali (280.000) si stabilì in modo permanente per una serie di fattori7 interni e esterni: (i) la facilità dell’insediamento definitivo, incentivato8 dal governo australiano che mirava a un rapido incremento9 della popolazione, oltre che della manodopera; (ii) l’emigrazione tipicamente a catena10 degli italiani, che con lo spostamento di interi nuclei familiari creava condizioni meno alienanti; e (iii) la grande distanza dalla madre patria, che difficilmente permetteva contatti frequenti e rientri periodici. Poi, dall’inizio degli anni Settanta, in seguito a una recessione11 economica in Australia e a un maggior benessere in Italia, il flusso di italiani cominciò a declinare sensibilmente, tanto che alla fine degli anni Settanta il numero dei rimpatri superava i nuovi arrivi, segnando così la fine dell’emigrazione italiana in Australia. […]

Gli italiani arrivati in Australia nel dopoguerra provenivano essenzialmente da un numero ristretto di regioni, quali la Sicilia, la Calabria, gli Abruzzi, la Campania, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia. Si trattava soprattutto di uomini fra i 20 e i 40 anni, con bassi livelli di istruzione, braccianti o in generale manodopera non qualificata, provenienti da piccoli centri rurali, spinti a emigrare dalle difficili condizioni economiche del paese e incoraggiati dal governo italiano, che considerava l’emigrazione uno strumento economico essenziale alla ricostruzione dell’Italia postbellica. Verso la fine degli anni Sessanta, invece, cominciò a emigrare anche forza lavoro più qualificata – artigiani e operai – proveniente da centri urbani, e spinta a partire non tanto da necessità economiche impellenti13 , quanto dal desiderio di migliorare la propria condizione sociale. Inoltre, dopo i primi tempi passati da soli, gli uomini o hanno chiamato la fidanzata o la moglie o sono ritornati in Italia per cercarne una, per cui oggi nella comunità italo-australiana il numero delle donne non è inferiore a quello degli uomini

Fin dal 1950 quindi, il flusso di immigrati italiani in Australia assunse la forma di una vera e propria migrazione di massa. Sia segnalati dai parenti in Australia, o sfruttando l’assistenza fornita dal programma, un grandissimo numero di immigrati lasciò l’Italia per approdare in Australia. Diveramente dal movimento pre-bellico, molti degli immigrati degli anni ’50 e ’60 avevano in mente di sistemarsi in modo permanente in Australia. Nel giro di due decenni, in numero di italiani che si spostarono in Australia aumentò di 10 volte.

Anche se non ci sono dati troppo precisi, perchè il censimento australiano si riferisce solo ai “nati in Italia”, considerando i la seconda generazione nata in Australia (ovvero i figli degli emigrati non nati in Italia), il gruppo etnico italiano si avvicinerebbe alle 800,000 unità, ovvero la seconda comunità etnica non di lingua inglese in Australia.

Tra il 1949 e il luglio 2000, l’Italia era il secondo luogo di nascita per coloro che si erano insediati in Australia dopo il Regno Unito e l’Irlanda.

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