Anche se l’annata eccezionale del 1929 dette la possibilità agli agricoltori del Fucino di raccogliere considerevoli quantità di patate, di bietole e di grano, il segretario provinciale sindacati fascisti (Giuseppe Leonardi), già inserito nella commissione per l’applicazione del lodo Bottai, lamentava l’esecuzione delle norme agrarie dell’arbitrato attraverso «l’uso dei moderni mezzi di produzione», per un eccessivo frazionamento del latifondo. Insomma, una situazione davvero ingarbugliata e di difficile risoluzione, spesso mediata dal direttorio del fascio di Avezzano, presieduto da Rocco D’Alessandro e dal conte Alessandro Resta chiamati a confronto con Pio Berti, già alla direzione dello zuccherificio da alcuni anni (1).
Tuttavia, come scrisse Pizzuti, in questo periodo, gli interventi sindacali, confederali e ministeriali pur raggiungendo risultati sempre limitati e circoscritti, avevano galvanizzato le associazioni della Marsica, spesso affiancate dai loro municipi, pronti a promuovere incontri e riunioni per raccogliere nuove proposte da inviare all’Unione provinciale dell’Aquila e alla confederazione degli agricoltori, nonché al principeTorlonia. Non v’è da stupirsi quindi, che in questi frangenti, quasi tutte le categorie degli affittuari del Fucino erano in pre-allarme, di fronte alle clausole del lodo Bottai dove si contemplava l’eliminazione dei conduttori non agricoltori e dei piccoli locatari (2).
D’altra parte, come sostiene lo storico De Felice: «Il 1929 era stato nel complesso un anno di ripresa che, in altre condizioni generali, avrebbe fatto sperare bene per il futuro. Il reddito nazionale pro capite era risalito, anche se di poco»; i prezzi dei prodotti agricoli avevano subito notevoli ribassi e la produzione agricola era aumentata seppure poco remunerativa (3).
In questo quadro, non certo edificante, s’inserisce un articolo pubblicato sulle pagine del «Risorgimento d’Abruzzo e Molise», in cui si mostrarono le glorie del fascismo marsicano nell’ultimo decennio «in Patria e nella Libia», una lunga memoria che raccontava all’opinione pubblica le gesta della 132ª Legione Velino. Il battaglione, ora, contava centotrenta ufficiali e tremiladuecento camice nere: «tra le quali oltre 1000 ex combattenti con trenta decorati di medaglia d’argento, quaranta con medaglia di bronzo, oltre cento feriti di Guerra». Nondimeno, a dispetto di questo imponente schieramento di truppe, con un recente provvedimento la legione fu sciolta: «Tale provvedimento è stata una nuova prova, sebbene durissima, dello spirito che anima i fascisti della Marsica… La 132 Legione s’inquadra nella leggenda! Domani narreremo di essa cose meravigliose. Gli occhi dei veterani e dei giovanissimi si veleranno di pianto nel ricordare. Squadristi della Marsica, fedelissimi e tenaci, per la M.Velino: A Noi!» (4).
Da questa visione prettamente militare, nella Marsica non mancavano certo motivi di scontento, di preoccupazione e talvolta di critica soprattutto tra gli agricoltori e i braccianti, così come tra i più facoltosi c’erano quelli che appoggiavano la politica di Torlonia per loro tornaconto. In ogni caso, ai livelli più alti, la situazione sembrava apparire o si faceva configurare diversa, dalla propaganda del regime fascista. Ciò equivale al messaggio di Mussolini nell’annuale ricorrenza della «Marcia su Roma» inviato alle camice nere di tutta l’Italia, che seguitava a esaltare il governo fascista che, dall’anno settimo, aveva aumentato «il benessere dei singoli, accrescendo la potenza della Nazione». Mentre l’anno ottavo, non poteva essere: «meno ricco di eventi e opere feconde. Il Regime è ormai duramente temprato negli uomini e negli istituti. La Legione della Milizia e delle Avanguardie, le sezioni del Partito e dei Sindacati, coordinate dalla suprema autorità dello Stato, sono le forze che nessuna insidia interna può incrinare, nessun attacco o cimento esterno può abbattere» (5).
Evidentemente, con i riti collettivi delle solenni ricorrenze, si cercava di compensare con l’esaltazione dei miti patriottici, privazioni e disagi economici molto evidenti.
Preziose per la nostra analisi a tutto campo sono le informazioni di prima mano, riportate dal corrispondente di Luco dei Marsi, che raccontò come si svolse la commemorazione della vittoria di Vittorio Veneto: «Questa cittadinanza ha solennemente celebrato l’undicesimo anniversario della Vittoria. Un imponente corteo, formato dai combattenti, la Sezione degli ex combattenti, da Fascio e dalle autorità comunali con le rispettive bandiere e gagliardetti, con alla testa la banda cittadina, dopo aver percorso le vie principali del paese, si è recato nella chiesa parrocchiale per ascoltare la Messa in onore dei caduti, celebrata dal nostro parroco don Nicola Anzini che non trascurò l’occasione per ricordare al pubblico, con acconce parole quanta riconoscenza si deve ai prodi caduti per la patria. Terminata la cerimonia religiosa il corteo, si porta presso il monumento eretto in memoria degli ottanta caduti di Luco e vi depone una bellissima corona di fiori freschi, raffigurante la Stella d’Italia. Il popolo che gremisce la vasta Piazza Umberto I, ascolta con religioso silenzio la storica commemorazione fatta dal nostro Podestà cav. Paolo Ciocci con la sua chiara parola piena di perfetto patriottismo. Rendeva gli onori militari il manipolo della M.V.S.N., comandato dal c.m. Antonelli nonché l’Arma dei carabinieri al comando del maresciallo Donatelli. La bella cerimonia ha avuto termine con la consegna della medaglia d’argento al valore militare, testé concessa al defunto sottotenente Alfredo Bucci, con la quale il Podestà, fra la commozione dell’intero popolo, fregiava il petto del commosso genitore» (6).
Con simile «liturgia», la manifestazione prese piede anche a Tagliacozzo, dove già i manifesti dell’avvocato Mascio l’avevano ampiamente annunciata. Tutta la cittadinanza, nell’ora stabilita, formò un ordinato corteo, inalberando bandiere e gagliardetti, guidato dal podestà Domenico Amicucci. Balilla, piccole italiane, associazione combattenti e dei mutilati, insegnanti e avanguardisti con i rispettivi vessilli raggiunsero finalmente il «Parco della Rimembranza» per deporre corone di fiori. Pasquale Salucci, presidente della sezione mutilati, inviò al «Principe di Piemonte» un messaggio di solidarietà per lo scampato pericolo (era sfuggito miracolosamente a un attentato). Non tardò a giungere nella giornata la risposta del generale Clerici: «Devoti sentimenti espressi sono giunti molto graditi all’Augusto Principe che vivamente ringrazia». Occorre rilevare che, qualche giorno prima, era uscito in tutte le librerie italiane, un libro intitolato: «Il giornalismo nel regime fascista», scritto dall’onorevole Ermanno Amicucci (segretario del sindacato fascista dei giornalisti), con la prefazione di Mussolini (7).
Con grande partecipazione di popolo anche nel piccolo paese di Rosciolo si celebrò «l’anniversario della Vittoria», con gagliardetti e bandiere al vento mentre la banda suonava l’inno del Piave. Il centurione Luigi Colabianchi, per l’occasione, fece: «l’appello degli Eroi» (8).
NOTE
- R.Colapietra, Fucino Ieri, 1878-1951, Ente Fucino, Stabilimento roto-litografico «Abruzzo-Press», L’Aquila ottobre 1998, p.172.
- A.Pizzuti, Le affittanze agrarie nel Fucino prima della riforma fondiaria, in «I Quaderni della Maremma» I Serie, Documenti, Avezzano 1953, Stabilimento A.Staderini, Roma, p.58.
- R.De Felice, Mussolini il duce, I. Gli anni del consenso, 1929-1936, Giulio Einaudi editore, Torino 2019, p.56.
- Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno VII – Roma, 10 Ottobre 1929, Glorie del Fascismo Marso in Patria e nella Libia.
- Il Messaggero, Anno 51° – N.257, Sabato, 26 ottobre 1929, Dal balcone di Piazza Venezia a Roma.
- Ivi, Anno 51° – N.268 – Venerdì, 8 Novembre 1929, p. 6, Da Luco dei Marsi. La commemorazione della Vittoria, Luco 7.
- Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno VIII – Roma, 7 Novembre 1929, Amicucci, o del giornalismo.
- Ibidem, Da Tagliacozzo. All’undicesimo anniversario della Vittoria, Tagliacozzo 7. Da Rosciolo. Anniversario della Vittoria.