Il 2 novembre si commemorano i defunti in quella che viene chiamata la festa dei Morti. Essa è una festività cristiana. Questa celebrazione si riscontra in ogni cultura e tradizione e, tranne che nell’Occidente moderno, non ha, e non ha mai avuto un carattere malinconico e mortuario. Ancora oggi, comunque, la cerimonia assume a volte un carattere di festa vera e propria.
Si effettuano, infatti, vere e proprie “gite” nei cimiteri, e confezionando dolci tipici per l’occasione, in varie regioni italiane. In Sicilia, ad esempio, vengono preparati dei biscotti tradizionali detti “le ossa dei morti”. La ricorrenza del Giorno dei Morti venne celebrata per la prima volta nel cristianesimo intorno al X secolo. A quel tempo, Sant’Odilone, abate di Cluny, udì da un pellegrino dell’esistenza di un’isola dove si potevano ascoltare le anime del purgatorio che chiedevano preghiere per la loro liberazione. Egli, allora, varò una legge in cui tutti i monasteri della sua congregazione dovevano celebrare il 2 novembre come Giorno dei Morti. A partire dal XIII secolo, la festa era ormai riconosciuta da tutta la Chiesa Occidentale. I buddhisti celebrano i loro defunti il 15 aprile, anniversario della morte di Buddha.
Gli antichi romani li celebravano durante i Parentalia, dal 13 al 21 febbraio. Sicuramente i festeggiamenti più folkloristici li troviamo nei paesi anglosassoni, con la notte di Halloween. Questa, però, viene celebrata nella notte tra il 31 ottobre e il 1 ° novembre, ed è un misto di tradizioni cristiane e pagane, con alcuni riti celtici e druidici. Le zucche scavate e trasformate in maschere, streghe, demoni e spiriti maligni che si crede vagabondino in quella notte. I bambini che girano per le case chiedendo dolciumi, con la formula “dolcetto o scherzetto”, è una tradizione ben nota a tutti. In alcune zone della Lombardia , la notte tra l’1 e il 2 novembre molte persone mettono in cucina un vaso di acqua fresca per far dissetare i morti. In Friuli si lascia un lume acceso , un secchio d’acqua e un po’ di pane. In Trentino le campane suonano per richiamare le anime.Dentro casa viene lasciata una tavola apparecchiata e il focolare accesso per i defunti.
Lo stesso capita in Piemonte e in Val d’Aosta. In Liguria , vengono preparati i bacilli (fave secche) e i balletti (castagne bollite). Tanti anni fa, la notte del 1 novembre, i bambini si recavano di casa in casa, come ad Halloween , per ricevere il ” ben dei morti “, ovvero fave, castagne e fichi secchi. Dopo aver detto le preghiere, i nonni raccontavano loro storie e leggende paurose. In Umbria si preparano gli stinchetti dei morti , dolci a forma di fave. A Roma la tradizione voleva che, il giorno dei morti, si tenesse compagnia ad un defunto consumando un pasto vicino alla sua tomba. In Sicilia il 2 novembre è una festa con molti riti per i bambini. Se i più piccoli hanno fatto i buoni, riceveranno dai morti i doni che troveranno la mattina sotto il letto: si tratta di giochi ma soprattutto di dolci, come i pupi di zuccaro (le bambole di zucchero). Si preparano anche gli scardellini, dolci fatti di zucchero e mandorle (o nocciole) a forma di ossa dei morti e si mangia la frutta martorana, fatta di pasta di mandorle colorata. I risultati sono davvero incredibili e le vetrine delle pasticcerie uno spettacolo da vedere.
In Messico si fa un altare per il día de Muertos. In America Centrale e Latina nel giorno dei morti ( Día de Muertos) , oltre alla consueta visita dei cimiteri, si addobbano le tombe con fiori, e vi si depositano giocattoli (nel caso in cui il defunto sia un bambino) o alcolici. Il día de Muertos messicano è diventato patrimonio dell’umanità il 7 novembre 2003. In alcune abitazioni è ancora consuetudine preparare l’altare dei morti davvero suggestivi e colorati. L’altare è arricchito con immagini del defunto, una croce, un arco e incenso. I festeggiamenti durano molti giorni e si rifanno alle tradizioni precolombiane, con musica, bevande e cibi tradizionali dai colori vivi. Per le strade si possono ammirare rappresentazioni caricaturali della morte .
L’Abruzzo è ricco di usanze dal sapore gotico, che uniscono cioè gli amori perduti alla morte e al soprannaturale, in un misto di terrore e romanticismo. Riti che raccontano il tentativo dell’uomo di esorcizzare il temuto passaggio al mondo dell’inarrivabile, dello sconosciuto, per sconfiggere o almeno alleviare la paura della fine. È anche tradizione scavare e intagliare le zucche e inserire una candela all’interno e usarle come lanterne, proprio come ad Halloween. Nei paesi dell’entroterra abruzzese, ad esempio, è consuetudine lasciare la notte del 1 novembre la tavola imbandita, per il ristoro delle anime dei defunti che per un breve tempo lasciano l’aldilà e tornano a far visita alle loro case. Un segno che i vivi non hanno dimenticato i loro cari, un modo anche per ingraziarsi la benevolenza delle anime che, interrotto il loro cammino terreno, vagano irrequiete per le vite lasciate in sospeso.
A Pacentro (L’Aquila), l’usanza vuole che la tavola sia apparecchiata con ogni ben di Dio e la mattina poi i cibi si distribuiscono ai poveri. Le persone che ci lasciano non muoiono mai davvero, finchè restano vive nei ricordi: una frase fatta, forse, per dire che si impara solo, con il tempo, a convivere con l’assenza o, piuttosto, con una non presenza. L’anima di chi è defunto resta negli oggetti, nelle stanze, nei luoghi che ogni giorno continuano a essere attraversati dalla vita: può capitare invece, talvolta, di notte, in questa notte di Capetièmpe, di vedere sfilare in processione gli spiriti dei morti, protetti dall’oscurità, perché la luce è simbolo di vita mentre si deve commemorare l’estinzione della vita.
A Cugnoli (Pescara) si ha cura perciò di spegnere ogni luce, ogni focolare, ogni fiammella la notte dei morti, mentre a Introdacqua (L’Aquila) le anime attraversano il paese in processione: è la “Scurnacchièra”, una macabra e dolente sfilata di spiriti, in testa i fantasmi dei bambini nati morti seguiti da quelli dei bimbi morti dopo il battesimo, poi i ragazzi, poi gli adulti, infine i vecchi e i preti. Brutto presagio, per chi dovesse imbattersi nella Scurnacchièra: vorrebbe dire entrare a far parte della processione, in breve tempo.