Avezzano – Giovedì 12 marzo è stato il giorno in cui le borse hanno preso consapevolezza della virulenza del Coronavirus, la cui diffusione sui mercati finanziari, è stata più veloce della sua diffusione fra la gente. In poche ore tutti gli indici azionari sono crollati, oltre ogni ragionevole considerazione.
Sul mercato, il profondo rosso ha caratterizzato anche il comparto obbligazionario, e non poteva essere altrimenti, con lo spread BTP/BUND arrivato a ridosso dei 300 punti base, chiudendo la giornata a 262. Questo giovedì nero verrà ricordato a lungo, non solo nelle sale operative dei fondi d’investimento ma anche fra i risparmiatori.
Quando l’emotività prende il sopravvento, quando tutti vendono tutto, in preda alla paura, chi mantiene la freddezza e la lucidità, molto spesso se la cava solo con qualche ammaccatura che resta nel breve periodo. La piazza di Milano ha realizzato la peggior chiusura di sempre col -17%, ma anche gli altri indici delle borse europee hanno registrato cali a due cifre, con Wall Street che ha chiuso a -10%, il peggior dato dal 1987.
Le parole della Lagarde sono state il detonatore di una miccia già pronta, legata al Covid-19 e al mancato accordo sul petrolio fra Opec e Russia, che ha fatto crollare del 30% il prezzo del barile. Elementi che sovrapponendosi a un quadro già in via di deterioramento per ragioni di natura geopolitica, vedi la guerra dei dazi fra USA e CINA, che concorrono a frenare ulteriormente i consumi su scala globale.
Discutere sulle parole della Lagarde «Non siamo qui per chiudere gli spread» ritenendo la sua dichiarazione frutto di una deliberata scelta per affossare in l’Italia, o più probabilmente un misto di incompetenza e improvvisazione, oggi non ha più alcun senso. Dal punto di vista finanziario, il danno ormai è fatto, e la finanza non fa dietrologia ma si muove sempre sulla base di aspettative.
Allora cosa dobbiamo aspettarci nei prossimi mesi? Intanto, com’era prevedibile, venerdì i mercati hanno rimbalzato concedendo un po’ di respiro agli addetti ai lavori e ai risparmiatori. La mazzata ha fatto capire a Bruxelles che questo è il momento di derogare alle rigidità dei parametri dei bilanci degli Stati, mentre gli alti papaveri della BCE hanno sostanzialmente corretto il tiro della Lagarde.
Negli Stati Uniti, la Fed ha annunciato un’iniezione di 1500 miliardi di dollari mentre la Banca del Giappone stampa da sempre, alimentando il gigantesco debito pubblico nipponico. Insomma, le banche centrali si stanno attivando per sostenere i mercati, sia attraverso acquisti diretti dei titoli governativi e privati, sia con azioni volte a contenere gli spread.
Le politiche di allentamento sui bilanci degli Stati serviranno a sostenere il rallentamento delle attività economiche ma successivamente saranno orientate alla ripresa attraverso massicci investimenti pubblici. La BCE è pronta a mettere in circolo 3000 miliardi di euro per proteggere imprese e famiglie e favorire così la ripartenza del sistema produttivo.
Tutto ciò, dal punto di vista degli investitori, per chi ha diversificato correttamente il portafoglio, si traduce nel tenere le posizioni. Fatto 100 lo stock di risparmio investito, se questo è costituito da asset class distribuite per un 25-30% massimo sull’azionario e il resto sul comparto obbligazionario, con componente valutaria pregiata del 10-20 % può tranquillamente navigare, anche in acque agitate, salvo sfruttare i venti in chiave tattica.
In fondo, è proprio nei momenti in cui la fiducia e la speranza sembrano venir meno, che arriva l’ora in cui si lasciano i dubbi alle spalle, e si riparte più forti di prima.