Oggi, 10 febbraio, ricorre “Il giorno del ricordo” istituito dal Parlamento italiano con la legge del 30 marzo 2004 al fine di conservare e rinnovare la memoria di tutte le vittime delle foibe.
In questa poesia la scrittrice dei Marsi Maria Assunta Oddi, pur rinnovando l’importanza della memoria storica, invita il lettore ad immergersi in un dialogo, tra il passato doloroso ed un presente angosciato dal suo tragico ricordo, per invocare l’amore. Del resto la parola nella sua capacità di svelare verità nuove si fa nella nostra vita quotidiana lanterna di speranza.
Foibe.
Clamore d’orchestra
rimosso con sibilo leggero
dalle orecchie frastornate
mitraglia di frammenti
attimi fugaci a sminuzzare
il tempo di vita in tempo di morte
fanno del mondo trincee di uomini nemici.
Dolente il petto di ogni vivente dall’odio ferito
battito d’arido cuore sulla pietra bianca del Carso
sussulta senza amore e senza perdono.
Foibe immense sull’ombra dei sassi si fanno
languore tragico di sole scaldando
con accecante sordità lo sguardo
su quella terra violata che fu la nostra
nella tregua ad allentare la pena.
Eppure ancora risuonano
disperate grida su cuori straziati
echi di voci materne
disperse nel fruscio del pianto
abisso di lacrime e fuoco vanamente
piegati dal fato come teneri giunchi
sul vento dell’invocato oblio.
Dov’è la clemenza della mite aurora
a far di canti funebri voci liete d’acqua sorgiva?
Nella penombra giardini rocciosi
su tombe di pozze disseccate
risuonano ancora nomi e date.
Dov’è il sentiero che conduce altrove?
Dov’è la salvezza appiglio di corrimano?
Ascolta combattere il male con altro male
non può infine essere un bene.
Apri le narici al profumo di mimose:
zagare candide gemmano a primavera
promesse d’amore a far fiorire aridi pruni.
Dalle grotte chiuse torneremo a sognare
coi nostri figli libertà immensa di prati.