Si chiama Marco Luce, ha 46 anni ed è di Magliano dei Marsi, anche se, dopo essersi sposato, vive ad Avezzano. Abbiamo chiesto a Marco di raccontarci la sua straordinaria esperienza di lavoro perché lui è il marsicano che ha preso parte alla ricostruzione del Ponte Morandi con la società affidataria PerGenova ScPA, il ponte che il 14 agosto del 2018 è crollato improvvisamente causando la morte di 43 persone. Tutti ricordiamo le immagini della campata centrale venir giù sotto una pioggia battente, tutti ricordiamo lo sgomento e l’angoscia di quei momenti, tutti abbiamo guardato a Genova con apprensione e paura quel Ferragosto di due anni fa. La ricostruzione del Ponte, inaugurato ufficialmente il 3 agosto 2020 alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha impegnato migliaia di persone che hanno lavorato ininterrottamente per circa due anni.
Si chiama Ponte San Giorgio, oggi. Prima si chiamava Ponte Morandi. Per molti era semplicemente il Ponte di Genova. Il progetto della ricostruzione è stato affidato a Renzo Piano, uno degli architetti più importanti del mondo. “Ho conosciuto Renzo Piano, gli ho stretto la mano e ho scambiato qualche parola con lui, peccato che in quel momento non ho pensato a chiedergli un autografo. Mi sarebbe piaciuto avere un suo ricordo” racconta Marco “L’opera che ha progettato ha un valore simbolico e mediatico importantissimo per tutti“. È vero: l’apertura del Ponte San Giorgio sembra poter segnare un nuovo inizio, non solo per Genova ma anche per un’Italia che cerca di uscire dalla pandemia Covid.
“Ho iniziato a lavorare nel cantiere del Ponte di Genova il 7 gennaio 2020. Quando sono arrivato i lavori erano già iniziati. Erano state già elevate alcune pile e posizionati in quota alcuni impalcati. Sono arrivato pochi giorni dopo l’incendio che ha coinvolto la pila 13 del ponte, avvenuto nella prima mattinata del 31 dicembre 2019. Ho lavorato per la società PerGenova ScPA, costituita da Fincantieri Infrastructure e Webuild per la progettazione e la costruzione del viadotto Polcevera dell’autostrada A10“. Va ricordato, infatti, che il ponte si trova sopra al torrente Polcevera ed è un ponte autostradale che scavalca anche i quartieri di Sampierdarena e Cornigliano. Il vecchio Ponte era stato progettato dall’ingegnere Riccardo Morandi e venne costruito fra il 1963 e il 1967, ad opera della Società Italiana per Condotte d’Acqua.
Marco Luce, in cantiere, si è occupato di sicurezza. “Nello specifico sono un ASPP, assistente del servizio di prevenzione e protezione. Controllo di campo, programmi operativi e via dicendo. Ogni giorno uscivo dalla mia stanza del campo base e, con la macchina, andavo in cantiere. Con l’avvento del Covid-19, anche per quanto riguarda la sicurezza, la situazione si è fatta più complicata ma, nonostante tutto, i lavori sono stati portati avanti senza sosta, ogni giorno, anche durante le festività. Abbiamo rispettato le regole: distanziamento, mascherina, sanificazione e controllo della temperatura. La pandemia è stato sicuramente il momento più difficile da gestire, il Covid-19 ci ha messo a dura prova. I controlli sono sempre stati rigorosi sia in cantiere che negli uffici che nella mensa“.
Oltre alle fasi complesse della ricostruzione, oltre alle problematiche legate alla diffusione del Covid-19, Marco racconta anche quello che per lui è stato il momento più esaltante e gratificante: “Il momento più bello è stato l’innalzamento della campata di cento metri sul Polcevera. Sono state realizzate delle piazzole in terra battuta nel torrente, il corso stesso del Polcevera è stato momentaneamente modificato, abbiamo utilizzato carrelli speciali che hanno caricato l’enorme campata che ha portato, finalmente, alla congiunzione delle due aree di cantiere denominate Levante e Ponente. Da quel momento il Ponte di Genova è tornato ad avere la sua autentica fisionomia. Renzo Piano ha voluto mantenere la linea visiva che il ponte ha sempre avuto. Ha realizzato tre campate da cento metri anche per rispettare l’estetica dell’opera precedente mantenendo la stessa simmetria e il suo impatto con l’ambiente circostante“.
Marco è uno degli uomini che hanno partecipato a una delle imprese edificatorie italiane più amate, seguite e apprezzate degli ultimi anni. “I genovesi ci hanno seguito sempre, sono persone gentili e riservate, non hanno mai dimostrato grande confidenza ma ogni giorno, anche a distanza, hanno osservato il proseguo dei lavori, hanno visto il loro ponte che, poco alla volta, veniva ricostruito pezzo dopo pezzo. Anche dal punto di vista mediatico, il Ponte San Giorgio è stata un’opera imponente e preziosa. Un’esperienza che non dimenticherò mai“. La ricostruzione del Ponte di Genova non solo ha ricongiunto due zone fondamentali della città, permettendo così di risolvere problemi di collegamento, di logistica, di traffico e di trasporto, ma possiede anche una valenza simbolica e umana molto forte. Un ponte rappresenta sempre un elemento di congiuntura, di superamento degli ostacoli, di prodigiosa sospensione.

1067 metri di lunghezza, 18 pile e 19 campate, questi alcuni elementi fisici del nuovo Ponte San Giorgio. “Per chi ha lavorato alla ricostruzione” continua Marco “è stata organizzata una cerimonia speciale nella serata del 27 luglio 2020, qualche giorno prima dell’inaugurazione ufficiale, con un concerto eseguito dai musicisti dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, diretti dal maestro Antonio Pappano, e promosso dal gruppo Webuild. Un concerto che è stato un omaggio a ingegneri, tecnici e maestranze che hanno lavorato alla realizzazione del viadotto. In quella circostanza ci hanno consegnato un libro e una medaglia ricordo che riporta il disegno di due mani che si uniscono, inoltre è stata posizionata una targa commemorativa con incisi i nomi di coloro che hanno partecipato a questa splendida e importante opera realizzata in tempi brevissimi“.