Il pane dei poveri: le castagne

In questo periodo dell’anno in molti paesi si festeggia la castagna con sagre ed eventi che richiamano tantissime persone di tutte le età. Anche nella nostra Marsica si susseguono manifestazioni che hanno come oggetto principale proprio la castagna, ma quanto sappiamo di questo frutto? Gli autoctoni delle terre tropicali mangiano i frutti di un albero detto “Albero del pane”, questi frutti sono sostanziosi proprio come i pane che mangiamo noi tutti i giorni. Eppure anche nel nostro paese esiste una pianta del pane ed è il castagno, detto anche “albero del pane di montagna”. È un grande albero, maestoso ma al tempo stesso familiare.

La sua chioma, dal vivo colore verde, si allarga verso il suolo e rinfresca con la sua ombra il sottobosco, coperto di erbe e di muschi. Se si cercano funghi in un castagneto si riempirà sicuramente il cesto di ovoli e porcini. Nei boschi spesso vive accanto ad altri alberi e viene tagliato per ricavarne legname, in quanto resistente e compatto; alla base del tronco spuntano numerosi giovani fusti, i polloni, adatti per pali e paletti per lavori agricoli ed attrezzi. Ma ci sono anche frutteti di castagni, e gli alberi qui sono più radi mentre il sottobosco viene rastrellato ed adibito a pascolo. Il fogliame raccolto è ottimo per le lettiere del bestiame.

Il castagno fiorisce in giugno; i suoi frutti maturano da settembre a novembre. Alle pendici dell’Etna, in Sicilia, esiste un famoso castagno detto “Castagno dei 100 cavalieri” e si narra che sotto la sua vastissima chioma un giorno si poterono riparare 100 cavalieri sorpresi all’aperto da un furioso temporale. Questo albero che forse ha più di 1000 anni, misura, alla base del tronco, circa 20 metri di diametro. Il castagno è una pianta antichissima, i fossili ritrovati in Italia risalgono addirittura a 10.000 anni fa. Furono soprattutto i Romani, che importarono la pianta dall’Asia Minore, a diffonderla in tutta l’Europa centro-meridionale.

Ma nell’antichità anche Greci, Fenici ed Ebrei trasportavano con le loro navi le castagne attraverso tutto il Mediterraneo. Un commercio fiorente che è proseguito durante il periodo delle Repubbliche marinare ed ha raggiunto, più di recente, anche i Paesi dell’Europa centro-settentrionale. Nei primi secoli del Medioevo, furono principalmente i monaci a preservare e diffondere la coltivazione del castagno. Verso la fine dell’Ottocento, il frutto del castagno ha attraversato l’Atlantico, portato negli Stati Uniti dalla crescente emigrazione italiana.

La storia della castagna nel nostro Paese è stata molto lunga. Tra l’XI ed il XV secolo, in seguito alle ricorrenti crisi demografiche e alle carestie, il castagno si sviluppò notevolmente in diverse regioni italiane. Fino a tempi più recenti, ogni volta che le popolazioni montane e rurali hanno avuto problemi di sussistenza, la coltivazione del castagno si è intensificata: le castagne e la loro farina hanno così rappresentato un aiuto, spesso indispensabile durante l’inverno, per la sopravvivenza di intere generazioni impossibilitati a consumare i cereali e la carne. Il cibo dei poveri e della gente comune è stato, perciò tale, fino al secondo dopoguerra.

Dopo alcuni decenni in cui le migliorate condizioni economiche e lo spopolamento della montagna hanno fatto trascurare l’antica fonte di sopravvivenza, da qualche anno “l’albero del pane” è tornato definitivamente all’attenzione dei coltivatori e dei consumatori. Oggi le castagne vengono consumate tostate sul fuoco, bollite con una foglia di alloro, spalmato sulle fette di pane come marmellata, nei dolci come il castagnaccio ed il monte bianco, ma non bisogna dimenticare che un tempo salvarono la vita a molte persone, occupando un posto di enorme importanza sulle tavole degli italiani.

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