Il nostro territorio nasconde molte testimonianze storiche abbandonate che non conosciamo o che abbiamo dimenticato. Un esempio evidente è costituito dall’antico ponte romano ancora esistente nella piccola frazione di San Potito di Ovindoli.
Sotto la silenziosa piana del caratteristico borgo medievale, a partire dal 1983 sono stati condotti scavi archeologici che hanno riportato alla luce una grossa villa romana sorta dal 61 al 166 d.C. per volontà dell’imperatore Lucio Vero fratello adottivo dell’imperatore Marco Aurelio. La lussuosa residenza, posta al confine tra i territori municipali di Alba Fucens e Marruvium (attuale San Benedetto dei Marsi), disponeva di due vie carrabili: una, ancora esistente, dalla piana di San Potito attraverso la Maina portava ad Alba Fucens, l’altra derivava dalla Via Valeria e per Auretinum saliva per il rio di San Potito per mezzo del Ponte Romano.
Il ponte, conosciuto anche come “ponte vecchio”, fu costruito per l’attraversamento del fosso di Capo la Valle e l’accesso alla villa stessa.
L’opera, eseguita con grande maestria, è costituita da un’unica arcata sostenuta da conci di pietra locale ben squadrati, in parte rimasti in loco, in parte crollati a terra per cedimento della malta che li sosteneva.
La struttura testimonia l’esistenza di un antico corso d’acqua che ancora oggi, con portata minore, scende dai monti sovrastanti per unirsi al rio Pago. Quest’ultimo, a sua volta, va a confluire prima nei canali collettori della piana del Fucino per poi raggiungere, attraverso un lungo canale sotterraneo (claudiano), il fiume Liri presso l’abitato di Capistrello.
Attualmente il ponte è completamente ricoperto dalla vegetazione e in parte crollato. Una grossa pianta compromette la staticità di quello che rimane di una testimonianza storica che rischia di scomparire per sempre.
Fonti:
Dénes Gabler e Ferenc Redö, Ricerche archeologiche a San Potito di Ovindoli e le aree limitrofe nell’antichità e nell’alto medioevo, Atti del convegno sui problemi archeologici di una villa romana nella Marsica, Budapest 2000.
