Avezzano – Fra il tasso di rendimento di un titolo di Stato o di un’obbligazione, e il rispettivo prezzo di mercato, c’è una correlazione inversa per la quale, all’aumentare dei tassi di mercato, diminuiscono i prezzi dei titoli e viceversa. Banalmente, ciò accade perché, chi è a caccia di rendimenti migliori, tendenzialmente si disfa dei titoli che rendono di meno per comprarsi quelli che rendono di più.
Questo effetto è molto noto ai risparmiatori italiani, soprattutto ai possessori di BTP che in passato hanno vissuto sulla pelle l’altalena dei prezzi, in relazione all’aumentare o diminuire dello spread. Uno degli effetti della pandemia è stato l’interventismo delle autorità monetarie e degli Stati, per far fronte alla crisi economica. I poderosi piani di investimento messi in campo per far ripartire l’economia saranno uno dei principali fattori di spinta inflazionistica e di conseguenza del rialzo dei tassi di interesse.
Per questo motivo sarà necessario efficientare i portafogli obbligazionari con un’adeguata diversificazione che preveda allocazione di risparmio anche nell’economia reale, se non altro perché lo tzunami di soldi che arriverà col Recovery Plan, interesserà ampi settori dell’economia reale che genera gli utili delle imprese e alimenta i redditi delle famiglie.
Chi ha portafogli molto esposti sull’obbligazionario, soprattutto con scadenze di medio e lungo termine, dovrebbe per prima cosa, ridurre la così detta duration del portafoglio, ovvero tenersi titoli con scadenze non superiori ai 3/5 anni e vendere tutti gli altri monetizzando i guadagni. Le scadenze brevi possono essere portate tranquillamente a termine senza apprensioni dovute alle oscillazioni dei prezzi.
Un buon compromesso potrebbero essere le durate più lunghe con tassi variabili, che a tendere, seguiranno l’evoluzione a salire dei tassi. L’attuale politica monetaria della BCE fa prevedere un livello dei tassi a breve, ancora basso se non negativo per qualche tempo.
Una buona alternativa la offre il mercato USA, dove i tassi sono più alti e, almeno per adesso, il rapporto di cambio – che comunque resta un ulteriore fattore di rischio – gioca a favore di chi compra dollari in cambio di euro. In ogni caso sarà sempre bene premunirsi attraverso opportune strategie di copertura del rischio cambio.
L’articolo ha finalità esclusivamente informative e non è da intendersi in alcun modo come un’offerta di vendita, consulenza (fiscale, legale o finanziaria) o come una sollecitazione all’investimento o al pubblico risparmio.