Il saggio della scuola di pianoforte del maestro Berardini al Teatro Margherita di Avezzano (7 giugno 1927)

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Nel 1927, in pieno regime fascista, la vita musicale italiana viveva ancora di ciò che restava del melodramma verista di fine secolo. I punti di riferimento erano rappresentati da Puccini e Mascagni, entrambi vecchi e famosi. Mossi da una forte azione ideologica, questi tentativi di creare un nuovo «rinascimento», fondato sul concetto di classicità, aderirono perfettamente al populismo mussoliniano. Come per altri artisti (pittori, poeti e scrittori), anche per i musicisti, l’adesione al fascismo si divise sostanzialmente tra due ragioni fondamentali: la convinzione nell’ideologia e talvolta la necessità di sopravvivere. Alcuni dei più importanti storici hanno affermato che filosofi, intellettuali, artisti e musicisti del regime spesso esaltarono lo Stato fascista come «un rituale atto di dedizione compiuto per dovere burocratico», quando già la sacralizzazione del regime dominava, insinuandosi in ogni aspetto della vita pubblica e dell’educazione scolastica. In realtà: «l’universo simbolico fascista, permeava le istituzioni attraverso le quali Stato e il partito operavano per il controllo e la trasformazione della coscienza collettiva»(1).

Tuttavia, al di là delle convinzioni espresse da Giuseppe Bottai (allora ministro dell’Educazione), il quale era intento a riformare il carattere degli italiani con «tutte le attività umane finanche i pensieri», la maggior parte dei musicisti italiani visse questo difficile periodo quasi allo stesso modo degli altri cittadini, cercando di programmarsi la propria vita giornalmente, senza farsi troppo coinvolgere dai sacri crismi del regime. La delicata questione fu molto dibattuta anche a livello locale, ma oggi bisogna riconoscere che lo studio della musica italiana durante il fascismo rivelava: «un quadro fitto di piccoli intrighi e manovre, di molto opportunismo grottesco, di occasionali esempi di ingenua buona fede nel governo e di scarsissima opposizione politica in senso proprio. Il tutto attraversato da un fiume incessante di direttive governative contraddittorie sull’educazione musicale, la gestione dei teatri, la formazione di innumerevoli sindacati, corporazioni, consigli e comitati di musicisti, l’organizzazione di concerti, congressi, saggi, concorsi e manifestazioni musicali di prestigio, iniziative tutte partorite dalla mente di varie Eccellenze di partito e personalità musicali che si erano rese gradite al regime» (2).

Anche nella Marsica, quindi, vigevano le stesse regole e, il saggio della scuola di pianoforte del maestro Berardini, tenutosi per l’occasione al «Teatro Margherita» di Avezzano, lo dimostra appieno. Infatti, la sera di martedì 7 giugno 1927, un folto pubblico di notabili avezzanesi e gerarchi fascisti in camicia nera, partecipò con entusiasmo al saggio annuale proposto dal celebre musicista: «notissimo ed apprezzato, che ha conquistato, con le sue non comuni doti artistiche, una meritata fama nella nostra Marsica». Il corrispondente riportò tutte le fasi del concerto, scrivendo che la prova riuscì come: «un’elevatissima affermazione di arte; ha soddisfatto le generali aspettative ed ha confermato pienamente l’elevata reputazione del Maestro Berardini» (3). Oltretutto, i difficili brani proposti nel programma, furono eseguiti dalle numerose allieve «con padronanza, precisione e sentimento». Nella prima parte dello spettacolo vennero suonati dal maestro «insieme alla signorina Valentini, due sceltissimi pezzi: Le Matin di Edvard Grieg e Danza Andalusa di Manuel Infante. Il Maestro e la gentile pianista resero un’interpretazione perfettissima, melodiosa e suggestiva». 

Poi, toccò alle ragazze Elisa Corbi, Gianna Corbi e Velia Pantanelli, che ottennero un risultato notevole per la «magnifica esecuzione di difficili brani di Chopin, Serrao e Palumbo». La giovane Clara Di Renzo, durante la prova, rivelò «un senso artistico non comune ed ha meritato una continua ammirazione per il suo tocco leggero e dolcissimo, per l’interpretazione, piena di fresco e penetrante sentimento, della Ballata in Fa Minore di Paolo Serrao». Le bambine Gigliola Marrama e Lidia Spallone: «due piccoli prodigi, pieni di grazia ed agilità, riscossero i frenetici applausi di tutti i presenti». Nella seconda parte dell’ampio programma, Anna Orlandi, Lidia Blasetti e Nina Marrama, suonarono alla perfezione brani scelti di Edward Alexander MacDowell, Franz Liszt e Giovanni Sgambati: «Le giovani pianiste colorirono con misurato effetto i motivi melodici e si affermarono interpreti di gusto squisito». Anche Anna Pennazza, suonò molto bene e in modo ammirevole «Pierrette», un brano della pianista francese Cécile Chaminade. Degna di particolare attenzione fu l’interpretazione di «Jour de noces a Troldhaugen» di Grieg, resa perfetta «fine e delicata», dalla signorina Valentini. Il concerto si chiuse con un’ammirata e applaudita esecuzione della sinfonia del «Barbiere di Siviglia», per due pianoforti, eseguita da Gianna ed Elisa Corbi, Orlandi e Sardelli. L’attento e numeroso pubblico in sala: «comprendente tutta l’élite della città, ha reso l’omaggio di continui e scroscianti applausi ad ogni esecuzione; ha apprezzato le eccellenti doti artistiche del Maestro Berardini e gli ha tributato vivissimi complimenti. Al maestro sono stati offerti moltissimi fiori ed un ricco dono dalle sue alunne». A conclusione dell’articolo, la redazione del giornale scrisse: «Noi uniamo il nostro plauso ed il nostro vivo compiacimento a quello del pubblico e porgiamo al Maestro Berardini l’augurio fervidissimo di sempre maggiori successi» (3).

NOTE

  1. E.Gentile, Il culto del littorio. La sacralizzazione della politica nell’Italia fascista, Economica Laterza, Gius.Laterza & Figli, Bari-Roma, Prima edizione 2001, p.107.
  2. H. Sachs, Musica e regime. Compositori, cantanti, direttori d’orchestra e la politica culturale fascista, Il Saggiatore, Milano 1995, p.21. La copertina riporta la foto di Mussolini che suona il violino. Cfr. G.Bottai, Le carte della scuola, Milano 1941, pp.417-418.
  3. Il Risorgimento d’Abruzzo e Molise, Anno IX – Num.711 – Roma, 12 Giugno 1927, p.3, Saggio della scuola di pianoforte del Maestro Berardini.
  4. Ibidem.

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