Il solstizio d’inverno e gli antichi Marsi

Il mese di dicembre segna un passaggio astronomico molto importante: il solstizio d’inverno.
L’anno volge al termine, le notti si allungano e le ore di luce sono sempre più brevi, fino al giorno del Solstizio invernale, il 21 dicembre. II respiro della natura è sospeso, come una piuma nell’aria, nell’attesa di una metamorfosi, e il tempo stesso sembra fermarsi, immoto. E’ uno dei momenti di passaggio dell’anno,: l’oscuritá regna sovrana, ma nel momento del suo trionfo cede il passo alla luce che, lentamente ma inesorabilmente, inizia a prevalere sul mondo invernale.

Dopo, le giornate ricominciano, piano piano, ad allungarsi.
Come tutti i momenti di passaggio, questo è un periodo carico di simbolismi e magie, dominato da miti provenienti da un passato lontanissimo ed arcaico.
Gli antichi Marsi, che si consideravano parte del grande cerchio della vita, ritenevano che ogni loro azione, anche la più piccola, potesse influenzare i grandi cicli del cosmo. Così si celebravano riti per assicurare la rigenerazione del sole e si accendevano falò per sostenerne la forza e per incoraggiarne la rinascita e la ripresa della sua marcia trionfale. L’antica religione aveva, nel solstizio d’inverno, una delle festività più grandi. Esso veniva chiamato Yule. La parola Yule si crede derivi dalla parola scandinava o anglosassone “Iul”, o addirittura dal norvegese “jul” che significa “ruota”, quindi una data che segna il punto definitivo nella Ruota dell’Anno.

Inoltre Jolfoor (padre di Yule), nome di Odino, era colui che davai regali prima che Babbo Natale diventasse popolare nell’epoca vittoriana. Le prime leggende raccontano che Babbo Natale guidasse un cavallo bianco, non una slitta piena di renne. Questo ci ricorda per l’appunto Odino, un vecchio “Babbo” a tratti terrorizzante, soprattutto per le persone cattive e con intenti poco onorevoli.
quando i Marsi si amalgamarono con i Romani, passarono a festeggiare il Dio Saturno. La festa difatti si chiamava Saturnalia e iniziava a metà dicembre per finire il primo di Gennaio. Si era soliti dire “Jo Saturnalia” quando ci si incontrava mascherati per le strade e si utilizzava queste giornate per fare grossi e lauti pranzi, andare a trovare gli amici e parenti e per scambiarsi dei regali di buona fortuna chiamati Strenae (da qui la tradizione delle strenne natalizie). Decoravano le loro case con ghirlande di alloro e sui sempreverdi venivano accese candele. Gli schiavi venivano resi liberi.

Celebrazioni venivano tenute in onore degli spiriti dei boschi. Gli alberi venivano portati nelle case e decorati con campanelle, candele e con nastrini dai colori brillanti per attrarre gli spiriti. Pane, frutta e noci venivano appesi sui rami per dare cibo agli stessi. Canti di gruppo erano anche un modo per guidare gli spiriti al rifugio delle case e i ceppi venivano accesi per dare calore.
Yule coincide con la celebrazione del Natale. Il solstizio invernale è stato spesso associato alla nascita del ” Re Divino”, molto prima della nascita del cristianesimo. Yule è la rinascita, il ritorno della speranza e della vita. Non ha mai cambiato il suo significato nel tempo. Del resto Yule e Natale non sono poi così diversi. Entrambi celebrano l’arrivo del Dio/Sole, così come Cristo è stato chiamato, la luce del mondo.

La tradizione cristiana dell’albero di Natale ha le sue origini nella celebrazione pagana di Yule. Famiglie pagane portavano un albero in casa così che gli spiriti dei boschi avrebbero avuto un posto dove restar caldi nei mesi invernali. Campanelle erano appese ai rami così che si poteva riconoscere quando uno spirito era presente. Il cibo era appeso per farli mangiare e una stella a cinque punti, il pentagramma, simbolo dei 5 elementi, era messo a capo dell’albero. I colori della stagione, rosso e verde, sono anche di origine pagana, così come l’abitudine di scambiarsi i regali.

Così come gli alberi da frutta, anche i sempreverdi sono un elemento fondamentale delle celebrazioni del solstizio invernale. L’albero sempreverde, che mantiene le sue foglie tutto l’anno, è un ovvio simbolo della persistenza della vita anche attraverso il freddo e l’oscurità dell’inverno. La birra e il pane venivano offerti agli alberi in Scandinavia. L’albero di Yule rappresentava la fortuna per una famiglia così come un simbolo della fertilità dell’anno che sarebbe arrivato.
Come festa del sole, Yule era celebrato attraverso il fuoco e l’uso di un ceppo. Un pezzo del ceppo era salvato e tenuto durante l’anno per proteggere la casa. Questa antica tradizione era fatta con un ceppo di Quercia che era tagliato, decorato con aghi di pino e pigne e quindi bruciato nel caminetto per simbolizzare il sole che ritorna.

I bimbi venivano portati di casa in casa a regalare mele speziate ai chiodi di garofano e arance pieni di chiodini infilati nella buccia, che tenevano in cesti di rami di pino insieme a dei gambi di grano ricoperti di farina. Le arance e le mele rappresentavano il sole, i rami l’immortalità e il grano simboleggiava il raccolto. Infine la farina era la consapevolezza del trionfo, della luce e della vita. Il vischio, il pungitopo e l’edera non solo erano decorazioni di esterni ma anche di interni. Un rametto di agrifoglio veniva tenuto tutto l’anno per assicurare fortuna alla casa e a chi ci risiedeva.

L’angioletto sopra l’albero di Natale, rappresentava la vecchia Dea che presiedeva su questa fase dell’anno. Anticamente si era soliti posizionare una luce, proprio per simboleggiare la rinascita del sole. Ognuno di questi riti pagani li ritroviamo ancora oggi nella celebrazione del nostro Natale. Abbiamo attinto dall’antica religione e continuiamo ad eseguire gli stessi gesti che i nostri antenati facevano nel medesimo periodo dell’anno, con finalità diverse, ma identici. Infondo gli antichi Marsi non erano così distanti dai Marsi moderni.

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