Il coordinatore Carlo Artese rende noti i risultati del censimento IWC 2018
Sono oltre diciannovemila gli uccelli acquatici, di ben 38 specie diverse, che hanno deciso di trascorrere
l’inverno in Abruzzo.
Li hanno contati uno a uno i 29 rilevatori che si sono sparsi lungo fiumi, laghi e coste
della regione, armati di potenti binocoli, nel fine settimana tra il 13 e il 14 gennaio scorsi nell’ambito del
censimento degli uccelli acquatici svernanti (IWC: International Waterfowl Census), coordinato in Italia da
ISPRA, il braccio operativo scientifico del Ministero dell’Ambiente.
Si tratta di una forma di monitoraggio
a lungo termine lanciata a livello internazionale nel 1967 e che si effettua anche in Abruzzo ormai da quasi
vent’anni. Il protocollo prevede un conteggio dettagliato, specie per specie, che si attua sempre nel mese di
gennaio quando il movimento migratorio è minimo e gli uccelli svernano in massima parte in aree nelle
quali è relativamente semplice osservarli. Il coordinatore IWC per l’Abruzzo è da diversi anni l’ornitologo
Carlo Artese, la cui funzione è fondamentale per l’organizzazione del censimento.
Perché questa attività
abbia successo è importante infatti che si svolga in tempi ristretti e contemporaneamente per tutti i
principali siti di presenza, che in Abruzzo sono ben 37 diffusi nell’intero territorio regionale. «Si tratta –
spiega Artese – di una attività a base volontaria, con la partecipazione di oltre 30 appassionati ornitologi di
Associazioni come il WWF con le sue Oasi e le sue Guardie ambientali, la Stazione Ornitologica
Abruzzese, il gruppo Snowfinch dell’Aquila, personale delle Riserve Naturali Regionali e dei Parchi
Nazionali… È interessante notare che da diversi anni il numero di specie rimane sostanzialmente stabile
intorno alla quarantina ed è un numero importante».
I risultati censimento 2018 sono estremamente interessanti: come si accennava sono stati contati 19101
individui di 38 diverse specie. L’uccello con abitudini acquatiche maggiormente presente in Abruzzo è la
Folaga: ne sono state censite ben 5589. Segue a ruota il Moriglione, a quota 4291. Interessante la presenza
di specie di cui è stato osservato un solo individuo: Nitticora, Marzaiola, Corriere piccolo, Gabbiano reale
pontico, Piro piro piccolo e Albanella reale; del Marrangone minore (2) e di Zafferano comune, Canapiglia
e Garzetta (4).
In termini assoluti il sito umido più ricco di uccelli è il lago di Campotosto, Riserva Naturale Statale di
ripopolamento animale dei Carabinieri Forestali all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti
della Laga. Qui sono stati censiti ben 10768 individui, ma c’era da attenderselo viste le dimensioni
dell’invaso. La maggiore ricchezza di specie la vanta invece l’oasi WWF del Lago di Serranella, a quota
18, seguita a ruota proprio da Campotosto (17), da vari punti del litorale (tra 15 e 9) e dalle Sorgenti del
Pescara (10). «Un dato – chiarisce Carlo Artese – semplice da interpretare: le specie sono più numerose e il
numero degli individui è maggiore là dove non sono in azione le doppiette: le aree protette e la fascia
costiera, lungo la quale è anche l’intensa presenza antropica a impedire la caccia. Al contrario in tutte le
aree di media collina l’attività venatoria è intensa e rappresenta un formidabile deterrente per la presenza di
avifauna».
Nelle prossime settimane Artese e gli altri volontari illustreranno i risultati del censimento in incontri che
saranno organizzati presso Oasi e Riserve sparse nel territorio regionale mentre è in corso una elaborazione
più accurata dei dati per valutare l’andamento dei censimenti nel corso degli anni. Potranno venirne fuori
risultati interessanti. «L’Abruzzo – conclude Artese – ha un ruolo significativo nel programma IWC,
inserendosi in una analisi prima a livello nazionale con l’ISPRA e poi a livello internazionale. Avere un
quadro sulla variazione nel tempo delle presenze può essere in ogni caso estremamente importante anche a
livello regionale, per la salvaguardia dell’avifauna e per una seria programmazione nella gestione delle
sempre più minacciate zone umide e costiere».