Canistro – Dopo il clamore suscitato dai casi di positività al Covid rilevati fra gli ospiti giunti nelle strutture di accoglienza di Civita D’Antino e Canistro, appena tre giorni dopo che la Asl aveva certificato l’assenza di soggetti contagiati, la redazione di TerreMarsicane ha contattato Eureka Srl, la società che gestisce la struttura di Canistro, per capire meglio lo stato dell’arte. Alle nostre domande ha risposto il legale rappresentante di Eureka, Valentina Savo Sardaro.
Dottoressa ci può dire com’è attualmente la situazione?
«I ragazzi stavano facendo la quarantena nella struttura col gruppo che era arrivato il primo agosto, poi, dopo essere risultati positivi al test, sono stati allontanati dal gruppo e posti in ulteriore isolamento. Noi abbiamo una struttura su 4 livelli, di cui due, riservati agli ospiti che già avevamo, il terzo destinato ad accoglierne 13 dei 15 nuovi arrivati, che continuano a fare la quarantena, mentre i 2 positivi, sono alloggiati nell’altro livello. Anche gli operatori sono stati sottoposti a test. Stiamo gestendo la situazione rispettando tutte le prescrizioni previste dalla legge.»
Sappiamo che avevate mandato uno staff per gestire la situazione.
«Si, abbiamo incrementato quello che già opera in loco, sotto stretto accordo con la Prefettura, con la quale abbiamo rinegoziato la convenzione, aumentando le ore degli operatori diurni e notturni che con Salvini agli Interni, erano state tagliate. Per l’operatore notturno erano previste 4 ore, adesso sono diventate 8.»
In cosa consiste l’attività svolta da questi operatori, durante la notte?
«L’operatore notturno si occupa esclusivamente della sorveglianza ma è pronto ad intervenire nel caso succedesse qualcosa. Nel caso specifico di Canistro, si occupa soprattutto della sorveglianza dei ragazzi in quarantena. Per 13 di loro, la quarantena terminerà il 15 agosto, essendo arrivati il primo, mentre per gli altri 2, verrà ripetuta la prova tampone a cura della Asl. Ogni giorno, tre volte al giorno, comunichiamo le temperature corporee degli ospiti sottoposti a quarantena. Tenga presente che i due ragazzi positivi non hanno mai avuto una temperatura superiore ai 37° gradi.»
Fra le criticità rilevate dal Sindaco di Canistro, non tanto sui nuovi arrivati, ma circa coloro che già sono ospitati nella struttura dal 2018, sembrerebbe si faccia fatica a comunicare con loro perché non parlano una parola di italiano. Come fanno ad integrarsi se dopo 2 anni non parlano una parola di italiano?
«Questa domanda va rivolta a Salvini. Fino al 2018 la scuola faceva parte dei servizi che offrivamo. Avevamo un insegnate d’italiano dedicato a loro, poi il decreto Salvini ha tagliato le risorse. Secondo le nuove direttive l’insegnamento dell’italiano non era necessario e non andava impartito, quindi abbiamo smesso di offrirlo. Durante la gestione pre-Salvini si lavorava senz’altro meglio.»
In pratica avevate più fondi a disposizione.
«Nella sostanza avevamo più risorse che ci permettevano di offrire più servizi. Oggi un operatore, una singola persona fisica, dovrebbe gestire 50 ospiti, una cosa praticamente impossibile. I nostri operatori ne gestiscono al massimo 35, oltre, siamo noi a rifiutarci di farlo.»
Quant’è il tempo di permanenza di queste persone nelle strutture di accoglienza?
«Dipende dal tipo di richiesta di protezione. Dopo essere arrivati, tramite la questura vanno in audizione in commissione, la quale valuta che tipo di permesso di soggiorno attribuire. Se viene riconosciuto lo status di rifugiato o un permesso di 5 anni, si ha diritto ad essere trasferiti presso uno Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) che è il servizio di seconda accoglienza.»
Per quella che è la sua esperienza sul campo, un rifugiato che segue tutto il percorso, riesce ad inserirsi?
«Assolutamente sì. Noi, fra Abruzzo e Lazio, gestiamo 300 ospiti, di questi 200 lavorano. Oltre a questo sono previste 12 ore a settimana di assistente sociale, 12 ore di mediazione linguistica e 4 ore di assistenza legale.»
In tutto questo voi li accompagnate, gli fornite assistenza?
«Certamente. Li aiutiamo a compilare o presentare un curriculum, se ce lo richiedono, li assistiamo nella sottoscrizione di un contratto di lavoro. Nel nostro staff abbiamo assistenti legali, mediatori linguistici, assistenti sociali, abbiamo uno staff molto articolato.»
I Sindaci dei comuni, sedi delle vostre strutture, si trovano spesso con le armi spuntate. Sembrerebbe che di fronte a certe criticità, possano fare ben poco ma i cittadini se la prendono con loro.
«È vero, i Sindaci non possono entrare nel merito della gestione delle nostre strutture, d’altra parte il nostro interlocutore è la Prefettura. Qualsiasi cosa noi facciamo, è regolata da un’apposita convenzione stipulata con la Prefettura. Noi rispondiamo a bandi di gara e mettiamo a disposizione le strutture opportunamente adeguate al tipo di ricettività che devono garantire. Presentiamo un progetto di lavoro che è l’offerta tecnica all’interno della quale viene illustrato ciò che intendiamo fare sulla base delle linee guida stabilite dalla Prefettura. Quando lo riteniamo opportuno, proponiamo anche dei miglioramenti secondo i criteri che riteniamo più adatti alle circostanze.»
Capita che queste persone, dopo essersi stabilizzate, decidano poi volontariamente di andarsene in altri paesi UE?
«Si, capita spesso. Alcuni esprimono questo intento ancora prima di ottenere il permesso di soggiorno. Non ci tengono molto a restare in Italia. Contrariamente a un certo tipo di propaganda, molti preferiscono andarsene dall’Italia il prima possibile. Su questi temi molti parlano senza conoscerli realmente.»
Nel bollettino della Regione Abruzzo, circa la ripartizione dei posti per gli ospiti, c’è scritto che la vostra società è accreditata per 55 persone. Staranno tutte a Canistro?
«No, la struttura di Canistro è accreditata per 30 ospiti, ora siamo in sovra numero perché ne ospita 35. Arriviamo a 55 con un’altra struttura su Avezzano, accreditata per 25. La struttura di Canistro però è molto grande e questo ci ha consentito di gestire bene l’emergenza.»
Sul fatto che la Asl abbia non abbia accertato preventivamente la presenza di positivi al covid-19, fra i 15 migranti ospitati a Canistro, ha qualcosa da dire?
«Questa cosa ci è sembrata quanto meno curiosa, ma noi pensiamo a fare il nostro lavoro. Preso atto del problema, ci siamo attivati per gestirlo senza stare a pensare al perché sia stata detta una cosa e poi se ne è verificata un’altra. Oggi ci interessa risolvere il problema, tutto il resto, dal nostro punto di vista conta poco. Oggi pensiamo a tutelare gli ospiti della struttura ma anche i nostri operatori, padri di famiglia che hanno bambini piccoli.»