Intervista a Maurizio Bianchini (FdI) “Chi oggi è alla testa della coalizione ha la maggiore responsabilità di rendere appetibile il progetto”

Maurizio Bianchini «Chi oggi è alla testa della coalizione ha la maggiore responsabilità di rendere appetibile il progetto. Se vinciamo un super assessorato alle attività produttive per Fratelli d’Italia. Saremo pronti a ripartire dopo l’emergenza sanitaria.»

AvezzanoMaurizio Bianchini, referente cittadino di Fratelli d’Italia fa il punto con TerreMarsicane sulle prossime elezioni amministrative dopo la rovinosa caduta della giunta De Angelis che ha aperto le porte del comune al commissario 

Tre cose per te imprescindibili, da discutere con i vostri alleati. 

Prima di tutto verificare il bilancio. Dopo una fase di commissariamento, analizzare il bilancio per capire quali siano le risorse disponibili, è fondamentale. Poi la gestione del quotidiano, le periferie, e un buon piano di interventi di ordinaria manutenzione. 

Il raccordo con la politica regionale inoltre è imprescindibile. Tutto ciò che è possibile mettere in campo passa per la pianificazione e lo sviluppo di un programma di lavoro. Non si può navigare a vista. Penso a un super assessorato alle attività produttive che concerti con le associazioni di categoria iniziative volte a ridare credibilità all’azione politica.

Questo assessorato dovrà lavorare in sinergia con la regione perché è lì che si trova respiro con i fondi europei senza illuderci però che ciò sia la panacea dei problemi. Oggi il 90% dei progetti finanziati dalla UE sono attribuiti in cofinanziamento. Significa che occorre avere già risorse per poter attingere a tali fondi.

Come si riparte dopo un commissariamento?

Se un comune viene commissariato significa che la politica ha fallito. Per ripartire servirà avere progetti chiari e idee precise su come sviluppare la città. Il commissariamento dovrebbe insegnarci a essere più disponibili al dialogo e a dare ascolto anche alle minoranze. Dobbiamo pensare alla nostra città come un bene di tutti e per farlo occorre condividere idee e riflessioni. Un solo uomo non può decidere per tutti. 

Serve capacità di ascolto, capacità organizzativa e di programmazione.  Un sindaco deve dotarsi di una struttura capace di operare senza sottostare ai diktat e ai ricatti dei singoli soggetti. Un’amministrazione forte passa attraverso un sindaco autorevole, non autoritario. 

L’invito alla capacità di ascoltare le minoranze è un monito a chi in questi ultimi dieci anni ha voluto tirare dritto senza dare voce alle opposizioni?

La discontinuità serve a far capire che se in passato si sono commessi errori, riproporre un progetto con protagonisti già visti, potrebbe far venir meno la fiducia da parte dei cittadini. Non ne faccio una questione di persone ma di metodo. Penso che il primo cittadino abbia la responsabilità di rappresentare tutti, non solo chi lo ha votato. Spesso questo non è successo.  

L’ascolto delle minoranze è necessario. Io non credo che una minoranza debba per forza combattere la maggioranza e viceversa. Essere ostaggi di queste convinzioni non ci metterà mai in grado di dare risposte e creeremo solo confusione nel cittadino. Un sindaco deve fare sintesi prendendo il buono che anche una minoranza può offrire al confronto. 

Qual è la tua idea sull’aspro dibattito pubblico, sulle piste ciclabili e sulla collocazione del mercato?

Questi due temi sono stati un vero e proprio campo di battaglia. Ma tutto è dipeso essenzialmente dal voler imporre un metodo senza condividere democraticamente le scelte. Io sono convinto che non c’è un cittadino di Avezzano contrario alle piste ciclabili. Io stesso, da assessore della giunta Floris, fui promotore di un progetto innovativo sulle piste ciclabili. Anche noi riscontrammo delle criticità legate ad un certo approccio culturale, ma è sbagliato ritenere che se manca una certa mentalità, allora le cose non si fanno. 

Un bravo amministratore che crede in ciò che fa, motiva le sue scelte, anche quando sono impopolari. Diverso è fare una pista ciclabile, e imporla, come ha fatto l’ultima amministrazione senza tener conto delle osservazioni espresse da chi era contrario. Probabilmente le piste si sarebbero potute fare poco per volta, un chilometro l’anno invece che cinque, posizionando i tracciati su percorsi più compatibili con la viabilità.

Sarebbe stato utile creare un raccordo con le strade periferiche, lavorando in maniera più razionale su un piano urbano integrato, perché tanto saremo costretti a rivedere la zona centrale della città. A tal fine non dimentichiamoci dell’Enrico Fermi e della Corradini. A breve ci ritroveremo a valutare cosa farne. Da assessore fui il proponente di un progetto di riqualificazione. I dati tecnici ci dissero che quella scuola non poteva più assolvere alla sua funzione, quindi attivammo uno studio per capire come destinarla. 

L’amministrazione De Angelis ha sbagliato a forzare la mano anche sulla collocazione del mercato. Non ha capito che un momento di aggregazione e di incontro della città non poteva essere ridotto ad una semplice questione di collocazione, magari dove dava meno fastidio. Si è scatenato un dibattito surreale fra chi lo voleva al centro, chi a nord e chi a sud. È stato per decenni un punto di socializzazione ed è stato snaturato in ventiquattro ore con motivazioni mai realmente chiarite. 

Si parlò di sicurezza ma poi sembrò non essere più questa la motivazione dello spostamento. Collocarlo nella zona nord ha creato solo malumori e incomprensioni. Oggi sembrerebbe ritorni al centro di Avezzano. Io sono stato fra quelli che non volevano lo spostamento. Stiamo parlando di 5/6 ore, una volta alla settimana, il sabato mattina, che certamente non sconvolgono la vita di nessuno. 

Non è un controsenso puntare a una città a misura d’uomo attraverso le piste ciclabili, la riqualificazione degli edifici scolastici in centro, i momenti di socialità che offrono i mercati all’aperto, e poi assistere alla diffusione dei centri commerciali che forse sono la causa della fine di molte attività commerciali in centro? 

La desertificazione del centro dipende senza dubbio da qualcosa di più attrattivo all’esterno della città. Non possiamo dire che è sbagliata l’una o l’altra soluzione. Ci vorrebbe il giusto mix con adeguate sinergie per fare in modo che una zona non sia penalizzata a favore dell’altra. Il centro della città è un problema che va risolto, ma non solo dalla politica, perché la politica può dare un orientamento, mentre le associazioni di categoria devono essere di supporto. 

Se ci sarà un’amministrazione di centrodestra mi piacerebbe avere un assessorato alle attività produttive per organizzare un tavolo permanente di confronto con le rappresentanze degli operatori economici, partendo dall’assunto che se un centro sfiorisce è perché non siamo stati capaci di renderlo attrattivo. 

Basta pensare allo scarso numero di corse che il trasporto pubblico offre al cittadino che abbia necessità di spostarsi dalla periferia al centro. Riportare le persone al centro della citta è una missione che la politica deve sentire come un obbligo. Questo è un messaggio che va concertato, a prescindere dai colori della politica. Se passa il messaggio della desertificazione la città è finita.

In tal senso la ex scuola Fermi può diventare un centro attrattivo sotto nuove spoglie?

Certamente. Quel progetto fu osteggiato per lo più con motivazioni legate all’affettività verso un luogo che rappresenta certamente un pezzo di storia che riguarda tutti noi avezzanesi. Anch’io ho frequentato quella scuola ma bisogna capire che le esigenze cambiano, che certi luoghi possono avere una nuova vita. 

Parlo di un polo di aggregazione culturale, di promozione sociale, di condivisione delle esperienze, di multimedialità proiettata al mondo digitale, in ogni stagione dell’anno.  Un progetto del genere deve avere un respiro corale che supera gli steccati ideologici coinvolgendo tutti i portatori di interesse legati alla città. Quando le istituzioni abbandonano i propri spazi questi si trasformano in ricettacoli di microcriminalità. 

Il tema della sicurezza è da sempre una priorità della sua parte politica. Pensi che sia più un tema da campagna elettorale, o Avezzano, è diventata realmente meno sicura rispetto al passato?

In campagna elettorale i temi della pancia riscuotono sempre più successo di quelli che puntano alla sostanza. La politica seria però, affronta sempre i problemi. Avezzano non è una città insicura, ma come in tutte le città, alcuni casi di criminalità possono certamente manifestarsi. Per questo è bene non abbassare mai il livello di attenzione. 

Una città più sicura passa per la collaborazione dei cittadini con le istituzioni. Possiamo mettere tutte le telecamere che vogliamo e possiamo mettere un vigile in ogni quartiere ma senza collaborazione fra cittadini e istituzioni, non risolviamo il problema. Se tutti sono presenti, se cittadini e istituzioni fanno la propria parte, i delinquenti avranno meno opportunità di agire indisturbati. Se non poniamo un freno alla desertificazione del centro urbano, se non ripensiamo le periferie come poli attrattivi di socialità, dobbiamo essere consapevoli che qualcun altro occuperà quegli spazi. 

Come finisce l’annosa questione del CAM?

Le partecipate dei comuni possono diventare un problema enorme quando non sono ben gestite. Oggi il Cam attraversa una fase molto critica con un concordato in atto e nuove richieste milionarie, al di fuori del concordato, che pretendono di essere soddisfatte. Bisogna prendere atto che questo modo di gestire il pubblico non funziona più. È urgente la discontinuità nei modelli di gestione. I debiti da capogiro accumulati rischiano di propagarsi fra i comuni soci, e allora sarebbe un disastro. 

Qual è la tua idea sul progetto di riqualificazione della ferrovia Pescara Roma?

La firma del protocollo d’intesa è importante perché va oltre le appartenenze della politica e mette al centro le esigenze di un’intera regione. Dobbiamo tornare a credere alle infrastrutture con investimenti importanti. Bene hanno fatto i promotori di questa iniziativa, bene ha fatto il comitato a spingere per sollecitare le istituzioni e bene ha fatto la politica che trasversalmente ha raccolto il messaggio. 

Il centrodestra si presenterà unito a questa tornata elettorale?

Premesso che l’emergenza sanitaria legata alla diffusione del Coronavirus, impone una seria riflessione sulle nostre priorità, la salute viene prima di tutto, prima della politica. Per questo esprimo la massima solidarietà a tutti gli operatori della sanità pubblica, impegnati in prima linea per gestire la crisi. A questo punto, non sarei sorpreso dal rinvio delle elezioni, come già accaduto per il referendum. Detto ciò, il centrodestra in questo momento gode di un grande consenso, e questa, è una città di centro destra, ma quando non siamo stati capaci di organizzarci, o qualcuno ci ha imposto candidature dall’alto, abbiamo sempre perso. Per questo è necessario un confronto fra le componenti, senza forzature perché le forzature rischiano di far implodere la coalizione. 

Chi oggi è alla testa della coalizione ha la maggiore responsabilità di rendere appetibile il progetto. Per noi di Fratelli d’Italia c’è la massima disponibilità a ragionare ad un tavolo esclusivamente cittadino. I nostri referenti, regionale e provinciale, hanno compreso che non ci devono essere ingerenze esterne perché un territorio ha diritto di autonomia nelle proprie scelte. Speriamo che anche gli altri partiti della coalizione lo capiscano. 

Il coordinatore provinciale di Fdi è il sindaco dell’Aquila, ciò espone la città a ingerenze aquilane?

Io sono conosciuto per essere colui che ha sempre fatto le battaglie per il territorio. Non ho mai accettato compromessi sul territorio in cambio di una personale crescita di ruolo politico. Ho sempre messo davanti a tutto la mia città. Conosco bene Pierluigi (Biondi) così come conosco bene Etel Sigismondi, il coordinatore regionale. Sono due figure di equilibrio. È chiaro che oggi, qualcuno gioca a far passare il messaggio che Avezzano è sotto l’influenza dell’Aquila, ma non è vero. Un ottimo lavoro sul territorio lo sta svolgendo Benedetta Fasciani, coordinatrice Marsicana del partito e un grande lavoro lo sta svolgendo anche Guido Liriis per le aree interne, è un lavoro di grande collaborazione e condivisione. Chi dice il contrario lo fa strumentalmente. 

Nell’ipotesi in cui il centrodestra non andasse unito Bianchini sarà sempre della partita?

Questa è una domanda sensibile. Non andare uniti significherebbe perdere. Se deflagrasse la coalizione, la decisione non passerebbe solo per la mia volontà ma credo che Maurizio Bianchini si impegnerebbe comunque per qualcosa di credibile e di certo.  

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