Avezzano – Ieri, libero da impegni, sono andato a Messa nella mia parrocchia di Antrosano. Siccome la celebrazione era appena iniziata, per non dare all’occhio, mi sono fermato all’ultimo banco, proprio vicino la porta d’ingresso.
Ho partecipato alla celebrazione e ascoltato l’omelia del parroco don Antonio. Nonostante io abbia sempre coltivato la cultura della “doppia residenza”, cercando di essere sempre al contempo parroco e parrocchiano, predicatore ed ascoltatore, prete e laico, credente ed ateo…; ciononostante mi sorprendo sempre nel ritrovarmi nei banchi, fedele tra fedeli, parrocchiano tra parrocchiani. La Parola, “ascoltata”, assume ben altri significati, invece che “predicata”!
Consiglio a tutti i preti, abituati a mettersi sempre dall’altra parte, sull’altare del dominio, a fermarsi ogni tanto tra i banchi della “comunione”. Ci si sente diversi.
Purtroppo siamo un po’ tutti vittime di una mutilazione che ci rende uomini e donne ad una sola dimensione. Tanto per richiamare il bellissimo libro di Marcuse…Dentro di noi abbiamo cancellato, assassinato, per dirla in modo crude, la controparte.
I padri e la madri uccidono in sé il figlio o la figlia per cui si sentono solo genitori e mai figli di chicchessia.
Professori che si sentono solo e sempre tali, avendo ucciso in se lo studente. Datori di lavoro che hanno disimparato ad essere “dipendenti”. Credenti che hanno sepolto in sé la figura dell’ateo.
Sarebbe veramente bello, interessante ed arricchente riscoprire la doppia cittadinanza: sentirsi al contempo padre e figlio, madre e figlia, insegnante e alunno, padrone ed operaio, prete e laico, credente ed ateo e, perché no?, uomo e donna!
E’ una sfida.
Provateci.
Buona settimana.
Aldo